Nuovo Codice Appalti e Livelli di progettazione: decreto in alto mare
18/07/2016
Mentre, dopo 3 mesi di attesa, è stato pubblicato l'avviso di rettifica relativo al Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (c.d. Nuovo Codice Appalti) e successivamente ad una nostra notizia in cui avevamo denunciato la scarsa attenzione dei nostri rappresentanti nazionali verso gli iscritti che non sono stati messi a conoscenza del decreto contenente i nuovi livelli di progettazione (clicca qui), veniamo a conoscenza di una nuova problematica indicativa del grado di qualità con la quale vengono emanati i provvedimenti normativi nel nostro Paese.
Negli ultimi giorni era "girata la voce" (solo "girata" perché purtroppo alcuni lavori legislativi restano chiusi all'interno delle segrete stanze per poi essere pubblicati in Gazzetta senza alcun preavviso, vedi Nuovo Codice) che il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (CSLP) avrebbe completato il lavoro tecnico sui 3 livelli di progettazione (progetto di fattibilità tecnica ed economica, il progetto definitivo e progetto esecutivo) previsti dall'art. 23, comma 3 del D.Lgs. n. 50/2016.
Sull'argomento abbiamo intervistato l'arch. Rino La Mendola, Vicepresidente del Consiglio Nazionale degli Architetti che ha seguito i lavori della commissione, nella qualità di componente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che ha, però, evidenziato un fatto gravissimo.
Intanto, il Vicepresidente La Mendola ci ha informati che il percorso legislativo per la pubblicazione del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è ancora molto lungo e, nonostante l'OK del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, il testo è ancora al vaglio dell'Ufficio Legislativo del Ministero e dopo dovrà essere condiviso con i Ministeri dell'Ambiente e de Beni Culturali. Ma l'aspetto più pesante riguarda il fatto che le professioni tecniche (Rete delle Professioni Tecniche su tutti) sono state chiamate ad esprimere un parere non su un provvedimento organico e già definito ma solo su "spezzoni di articoli", confermando la tendenza del Governo a non attuare un percorso condiviso con chi queste regole deve applicarle, ma solo a dargli una sorta di "contentino".
Riportiamo di seguito l'intervista completa al Vicepresidente La Mendola.
L’art. 23 del nuovo codice prevede un progetto di
fattibilità molto pesante. Qual è il suo parere in
merito?
L’obiettivo del legislatore è quello di tracciare un percorso
per una progettazione ben definita sin dalle prime battute, in
grado di ridurre drasticamente il ricorso alle varianti in corso
d’opera. Tuttavia, a fronte di tali obiettivi, ben condivisibili in
linea di principio, emergono una serie di criticità, che, nel corso
dei lavori, ho avuto modo di manifestare ripetutamente. Una di
queste, riguarda il fatto che il progetto di fattibilità viene
redatto a monte della programmazione annuale, in una fase in cui le
amministrazioni non sono ancora in possesso di alcun finanziamento.
Mi chiedo, in tal senso, con quali risorse le stesse stazioni
appaltanti potranno finanziare la redazione di questa fase
progettuale, alla quale dovranno essere allegati una serie di studi
specialistici, corredati dalle indagini geognostiche, geotecniche,
idrogeologiche, idrauliche e sismiche. Vi è dunque il notevole
rischio che le amministrazioni, che non siano in grado di
anticipare le risorse per questa fase progettuale, blocchino di
fatto il processo di realizzazione dei lavori.
Come potrebbe essere superata questa
criticità?
Evitando un eccessivo sovraccarico di questa fase progettuale
o, in alternativa, con la costituzione, presso le stazioni
appaltanti, di appositi fondi di rotazione che consentano
l’anticipazione delle somme per il finanziamento del progetto, da
recuperare, successivamente, incamerando il ribasso d’asta. Ma
bisogna tenere presente che, per il funzionamento di tali fondi di
rotazione, è necessario che i Comuni dispongano delle risorse
iniziali, indispensabili per avviare il circuito.
L’art.23 comma 5 del codice prevede che il progetto di
fattibilità individui, tra più soluzioni, quella che offre maggiori
garanzie, con particolare riferimento al miglior rapporto tra costi
e benefici. Il concorso, previsto dallo stesso art.23 comma 2,
potrebbe inserirsi in questa fase progettuale?
In commissione ho più volte rappresentato la necessità di
stabilire in modo chiaro, nel caso di concorso, quali sono gli
elaborati ed i documenti che devono essere prodotti dalla stazione
appaltante e quelli che invece devono essere a carico dei
concorrenti. Ciò è assolutamente indispensabile, altrimenti,
dovremmo immaginare paradossal-mente tutti i partecipanti ad un
concorso impegnati negli studi specialistici a monte dell’idea
progettuale e nelle indagini sopra citate. Insomma, in mancanza di
una chiara distinzione di compiti tra stazione appaltante e
concorrenti, la procedura del concorso di progettazione diverrebbe
assolutamente impraticabile, in violazione ad uno dei principi più
importanti sanciti dalla legge delega: il rilancio del concorso,
quale strumento per valorizzare il progetto al centro del processo
di realizzazione delle opere pubbliche.
La sua proposta è stata accolta?
Non ancora, ma sono fiducioso. In realtà, stiamo ancora
aspettando il testo definitivo, già inviato all’Ufficio legislativo
del Ministero, al fine di potere esprimere il nostro parere
finale.
Quindi il decreto non è poi così vicino al traguardo
finale. Eppure è stato già varato il nuovo Decreto Parametri, di
cui si aspetta solo la pubblicazione: qual è, in merito, il
giudizio del Consiglio Nazionale degli Architetti?
Non riusciamo a comprendere i motivi che hanno indotto il
Ministero a varare un decreto, che avrebbe dovuto seguire (e non
anticipare) il decreto sui livelli della progettazione, al fine di
rimodulare i contenuti del progetto nelle tre fasi previste dallo
stesso articolo 23 del codice. Pertanto, troviamo del tutto inutile
questo “decreto”, che è, di fatto, una copia quasi identica del
vecchio DM 143/2013. In realtà, l’unica novità introdotta riguarda
l’art.1 comma 3, che annulla di fatto la perentorietà dello stesso
decreto, determinando, per le stazioni appaltanti, l’opzione
facoltativa di farvi riferimento per il calcolo dei corrispettivi
da porre a base di gara negli affidamenti dei Servizi di
Architettura e Ingegneria. Addirittura le stazioni appaltanti
dovrebbero motivare il ricorso al nuovo decreto parametri. Ciò,
unitamente ai contenuti dell’art.24 comma 8 del nuovo codice,
rischia di ripristinare la più ampia discrezionalità per le
stazioni appaltanti, che potranno tornare a sottostimare
regolarmente gli importi da porre a base di gara, mortificando la
qualità delle prestazioni professionali, la dignità dei
professionisti e, soprattutto, i principi più elementari della
trasparenza. Ricordiamo, infatti, che le procedure di affidamento
dei servizi di architettura e ingegneria variano con il variare
dell’importo a base di gara, per cui una stazione appaltante ,
sottostimando l’importo a base di gara, potrà ricorrere liberamente
ad un incarico fiduciario in luogo di una procedura negoziata o,
ancora peggio, in luogo di una procedura aperta.
Quali sono le vostre proposte in merito?
Affinché vengano ripristinate regole chiare e trasparenti per
la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara e per
la conseguente scelta della procedura di affidamento, riteniamo che
il Governo debba modificare, al più presto, sia il nuovo codice dei
contratti (art.24 comma 8) che il nuovo decreto parametri (art.1
comma 3), nella consapevolezza che la trasparenza può essere
garantita solo con regole chiare, in grado di eliminare quella
discrezionalità che, nell’ambito dei lavori pubblici, rischia di
alimentare il malaffare.
"Unitamente alla Rete delle Professioni Tecniche - conclude comunque La Mendola - abbiamo presentato un documento, con il quale è stato proposto al Consiglio dei Ministri un pacchetto di modifiche al D.Lgs. n. 50/2016, al fine di superare una serie di criticità, come quella sopra citata".
In realtà la vicenda ricorda molto quella che ha portato all'approvazione definitiva del D.Lgs. n. 50/2016. Ricordiamo, infatti, che le professioni tecniche furono invitate in Audizione per fornire il loro parere sul testo del decreto. A loro non fu però fornito il testo definitivo ma solo una bozza circolata nelle ultime settimane e su cui le professioni lavorarono appena un giorno per fornire le loro osservazioni che, chiaramente, non furono prese in considerazione nel decreto pubblicato in Gazzetta.
Vedremo come finirà.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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