Nuovo Codice Appalti: il punto sulla riforma
07/11/2016
Sono ormai trascorsi 6 mesi dall'entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Nuovo Codice Appalti) e la situazione in termini di disposizioni attuative per il completamento della riforma non è certamente delle migliori.
Su 23 provvedimenti che avrebbero dovuto essere pubblicati, ad oggi ne sono stati emanati solamente 3. Sull'argomento ho fatto un'interessante chiacchierata con l'arch. Elio Caprì, Presidente dell'Associazione Regionale Liberi Professionisti Architetti e Ingegneri, il quale ha fornito alcuni interessanti spunti di riflessione.
A sei mesi dall’entrata in vigore del nuovo Codice degli Appalti, quale è il suo parere anche a nome della Associazione che rappresenta?
Il settimanale Edilizia e Territorio del 22 Ottobre scorso, per non citare il vostro quotidiano online che ha costantemente monitorizzato la situazione, riporta che su 56 provvedimenti previsti nel nuovo Codice, tra Linee Guida e Decreti attuativi, solo 6 provvedimenti a tutt’oggi sono stati emanati e di questi solo due sono le Linee Guida dell’ANAC emanate e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale.
La mancanza di un periodo transitorio per l’entrata in vigore delle norme del Nuovo Codice, il ritardo nella emanazione degli stessi provvedimenti previsti dal nuovo Codice in sostituzione di un Regolamento attuativo, la contradditorietà di alcuni articoli e la mancanza di alcune procedure nel nuovo Codice, stanno determinando la paralisi di tutto il settore degli appalti pubblici.
Attendevamo tutti con ansia un nuovo Codice degli Appalti con norme chiare, trasparenti e di facile ed immediata applicazione; ci troviamo con un testo che copia malamente parte del precedente Codice e parte del precedente Regolamento di attuazione.
Ma l’aspetto più rilevante dell’incertezza applicativa del D.Lgs. 50/2016, è la scelta che è stata fatta di abolire il Regolamento di Attuazione rimandando a ben 61 interventi successivi tutte le procedure mancanti e necessarie per la realizzazione di un’opera e che dovrebbero essere emanati dall’ANAC con delle Linee Guida e in alcuni casi approvati con successivo Decreto.
Alcune delle Linee Guida approvate dal Consiglio dell’ANAC in sede consultiva, come quella approvata in data 21.6.2016 ed inerenti “Il Direttore dei Lavori: modalità di svolgimento delle funzioni di direzione e controllo tecnico, contabile e amministrativo del contratto, riportano parzialmente gli articoli di cui alla Parte II, Titolo IX, Capo I e dall’art. 180 all’art. 214 del precedente Regolamento di Attuazione D.P.R. 207/2010 e ingenerano notevoli perplessità.
A tutt’oggi, dopo il farraginoso iter che prevede una prima stesura delle Linee Guida da parte dell’ANAC , le consultazioni con le varie Associazioni e rappresentanze, l’acquisizione dei pareri delle Commissioni Parlamentari, il parere del Consiglio di Stato ed infine la ripubblicazione delle Linee Guida, risultano pubblicate solo le seguenti Linee Guida:
- Linee Guida n.1 “Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria” (Delibera del Consiglio dell’Autorità n. 973 del 14.9.2016)
- Linee Guida n. 2 “Offerta economicamente più vantaggiosa” (Delibera del Consiglio dell’Autorità n. 1005 del 21.9.2016)
Ma ciò che preoccupa tutti gli operatori del settore e che proprio il Consiglio di Stato, con parere reso il 2 agosto di quest’anno, parere n. 1767, ha dichiarato che alcune delle Linee Guida emanate dall’ANAC non hanno alcun carattere vincolante, come ad esempio le due già pubblicate, e pertanto ogni Amministrazione aggiudicatrice può non tenere conto di quanto faticosamente elaborato ed approvato dall’ANAC.
Ma quali sono le mancanze o le omissioni del nuovo Codice a cui fa riferimento?
Nel nuovo Codice non sono riportate alcune norme di non indifferente importanza nelle procedure di realizzazione di un’opera pubblica. Ad esempio: non è precisato se un’opera si appalta a corpo o a misura e quindi non si sa come si deve compilare un computo metrico; sulle perizie di variante vi è un articolo di difficile interpretazione in quanto si dice che le stesse devono essere già previste in fase contrattuale e sembrerebbe che possono arrivare ad essere come importo aggiuntivo quasi il 50% dell’importo iniziale contrattuale; non sono fissate le modalità delle sedute di gara cioè non sono previste le procedure per lo svolgimento delle sedute di gara da parte della Commissione aggiudicatrice e non si sa quindi quante sedute sono necessarie e quali sono pubbliche e quali quelle in seduta riservata; il processo Verbale di Consegna dei lavori non è trattato e quindi non si sanno ne i tempi ne chi lo deve redigere.
E sulle procedure per l’affidamento degli incarichi professionali?
Il “Cambio Verso” non c’è stato. Il nuovo Codice ricalca la stessa impostazione culturale del precedente. La centralità del progetto, la qualità dell’architettura, la valorizzazione dei giovani professionisti: tutto ciò non esiste nel nuovo Codice in contrasto con quanto inizialmente e più volte dichiarato.
Si ricorre ai soggetti professionali esterni alle Amministrazioni aggiudicatrici per la progettazione e la direzione dei lavori sempre sostanzialmente in subordine alla non possibilità di ricorrere alle professionalità interne alle stesse Amministrazioni.
Persistere nel delegare agli Uffici Tecnici dei vari Enti le fasi progettuali di un'opera pubblica significa non rendersi conto della complessità della redazione di un progetto esecutivo da mandare in gara e da realizzare.
I soggetti professionali esterni alle Amministrazioni aggiudicatrici, esattamente come nella precedente normativa, per poter partecipare agli affidamenti degli incarichi devono dimostrare di:
- avere maturato un fatturato minimo riferito agli ultimi tre anni in relazione all’importo dell’affidamento;
- avere espletato negli ultimi dieci anni servizi di ingegneria e di architettura similari a quelli oggetto dell’affidamento;
- avere espletato negli ultimi dieci anni due servizi di punta similari a quelli oggetto dell’affidamento;
- avere un numero di personale tecnico negli ultimi tre anni nella misura minima stabilita nel Bando.
Ma cosa c’entra tutto questo con la qualità dell’Architettura?
Cosa occorrerebbe modificare?
Il nuovo Codice, come il precedente, ha accorpato in un unico testo le procedure per la progettazione delle opere e quelle per l’appalto dei lavori, argomenti che non solo attengono a diverse discipline e competenze, ma soprattutto esigono un approccio culturale di diversa natura. Questa innaturale promiscuità avviene solo nel nostro Paese.
Continuare ad inseguire modifiche, come hanno fatto e continuano a fare CNA e CNI, all’interno di un quadro normativo che non può essere il nostro, è assolutamente perdente. La dimostrazione è, ad esempio, nella richiesta tra i requisiti di partecipazione del fatturato: nel precedente Codice era rapportato agli ultimi cinque anni e nel nuovo Codice, come per le Imprese, è adesso richiesto degli ultimi tre anni.
Sino a quando non si perverrà ad una Legge sull’architettura, come in altri paesi europei, continueremo a subire una normativa che assimila, noi professionisti, alle Imprese. In 220 articoli non esiste un articolo sulla qualità del progetto e gli articoli che riguardano i concorsi di architettura e di idee sono sostanzialmente ricopiati dal precedente Codice e liquidati in appena cinque articoli e tre pagine mentre ad esempio per i contratti di concessione vi sono ben sedici articoli e ben quattordici pagine.
Sembra di rivedere un film già visto più volte. La riscrittura delle vecchie norme non fa che ribadirne l’impostazione culturale e giuridica riproducendone gli errori, ritardi e i presupposti per il riproporre i tristi fenomeni di corruzione cui il nostro Paese sembra condannato.
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