Nuovo codice dei contratti. Errori, provvedimenti attuativi e deroghe
31/01/2017
Mentre siamo in attesa di poter leggere il testo del decreto correttivo relativo al nuovo Codice dei contratti non possiamo fare a meno di chiedere come mai da una legge delega (legge n. 11/2016), in pratica, apprezzata da tutti gli operatori sia scaturito un Codice che continua a piacere sempre meno.
Le risposte potrebbero essere tante ma, certamente, trova una ragion d’essere quella legata al fatto che il decreto attuativo, in parte, non rispetta legge delega e che, comunque, si tratta di un testo che ha carenze strutturali di notevole entità.
Valga tra i tanti l’esempio della “dimenticanza” di un periodo transitorio (leggi news) relativamente alle norme sulla direzione dei lavori contenute nel previgente Regolamento n. 207/2010 nella parte II, Titolo VIII relativo all’esecuzione dei lavori (Direzione dei lavori ed esecuzione dei lavori) dall’articolo 147 all’articolo 177. Tutto il titolo VIII è stato abrogato dall’articolo 217 comma 1 lettera u) del nuovo Codice dei contratti sin dalla data di entrata in vigore del codice stesso mentre nell’articolo 111 rubricato “Controllo tecnico, contabile e amministrativo” in cui è prevista l’adozione di un decreto del MIT contenente le linee guida le modalità e gli atti con cui il direttore dei lavori effettua l’attività di controllo tecnico, contabile ed amministrativo dell’esecuzione dell’intervento non è previsto alcun periodo transitorio.
Come non è possibile, poi, ricordare gli oltre 150 errori del testo corretti con un avviso di rettifica (leggi news) che occupa 8 pagine di Gazzetta ufficiale? E come non parlare della mancata pubblicazione di un testo coordinato con le modifiche introdotte dall’avviso di rettifica?
Che dire, poi, dei ritardi nell’emanazione dei provvedimenti attuativi? Come non pensare ai 64 provvedimenti (vedi tabella allegata) la cui emanazione era prevista in parte entro un anno dall’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti e dei quali ne sono entrati in vigore soltanto 12. E come non pensare alla storia del Documento di gara unico europeo prima pubblicato (erroneamente) con un comunicato e, successivamente, ripubblicato con una circolare. Per non parlare di alcuni importanti provvedimenti quali quelli relativi ai livelli di progettazione (art. 23, comma 3) ed alle linee guida del direttore dei lavori e del direttore di esecuzione (art. 111, commi 1 e 2) che hanno avuto il parere negativo del Consiglio di Stato con argomentazioni tali che ne hanno imposto la riprogettazione e la riscrittura.
Ma, forse, la cosa più importante su cui occorre ragionare è quella di un decreto attuativo che, in parte, non rispetta i principi della legge delega. Tra i tanti esempi desideriamo citarne tre che sono certamente indicativi.
Per primo vale la pena ricordare l’articolo 1, comma 1 lettera s) della legge delega n. 11/2016 in cui è precisato testualmente “revisione della disciplina in materia di pubblicità degli avvisi e dei bandi di gara, in modo da fare ricorso a strumenti di pubblicità di tipo informatico”; viene, in pratica, indicata come via maestra quella di pubblicità di tipo informatico mentre nell’articolo 73, comma 4 del nuovo Codice dei contratti si parla nuovamente di “utilizzo della stampa quotidiana maggiormente diffusa nell’area interessata” tanto che il Decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 2 dicembre 2016 dedica l’intero articolo 3 proprio alla pubblicazione sui quotidiani.
Vale la pena, poi, ricordare come nell’articolo 1, comma 1 lettera e) della legge delega n. 11/2016 uno dei principi sia quello della “semplificazione e riordino del quadro normativo vigente allo scopo di predisporre procedure non derogabili riguardanti gli appalti pubblici e i contratti di concessione e di conseguire una significativa riduzione e certezza dei tempi relativi alle procedure di gara e alla realizzazione delle opere pubbliche” e come un altro principio alla lettera l) sia quello della “previsione di disposizioni concernenti le procedure di acquisizione di servizi, forniture e lavori da applicare in occasione di emergenze di protezione civile, che coniughino la necessaria tempestività d'azione con adeguati meccanismi di controllo e pubblicità successiva, con conseguente espresso divieto di affidamento di contratti attraverso procedure derogatorie rispetto a quelle ordinarie, ad eccezione di singole fattispecie connesse a particolari esigenze collegate alle situazioni emergenziali”. Tali principi sono stati, poi, trasfusi nell’articolo 63 del nuovo Codice dei contratti in cui, tra l’altro, è affermato, tra che “Nel caso di appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, la procedura negoziata senza previa pubblicazione può essere utilizzata nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall’amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati. Le circostanze invocate a giustificazione del ricorso alla procedura di cui al presente articolo non devono essere in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici”.
Ma non bastano una legge delega ed un decreto legislativo e a dispetto dei proclami di inderogabilità del nuovo codice appalti al G7 che si terrà nel mese di maggio a Taormina, il decreto-legge n. 243/2016 attribuisce (vedi news), come in tanti altri casi antecedenti all’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti, un lungo elenco di deroghe alle procedure ordinarie per l'assegnazione degli appalti pubblici. E deroghe, anche, nelle ordinanze di Protezione civile emanate dopo gli eventi sismici dei mesi di agosto e ottobre 2016 che permettono, ancora, di by-passare le procedure ordinarie previste nel nuovo Codice dei contratti.
Ci domandiamo perché il codice non abbia rispettato il principio dettato alla citata lettera l) della legge delega provvedendo a predisporre procedure di acquisizione di servizi, forniture e lavori da utilizzare in occasione di emergenze di protezione civile non a valle di un’emergenza ma in via del tutto generale. Tra l’altro qualsiasi norma derogatoria appare corretta nel caso i cui si tratta di mettere rapidamente al sicuro e offrire subito un riparo alle popolazioni colpite da catastrofi naturali mentre non è tale quando passano parecchi mesi dal situazione emergenziale.
Ma i giochi sull’articolo 7 del decreto-legge n. 143/2016 non si sono, ancora, chiusi e, specialmente dopo l’audizione del Presidente dell’ANAC Raffaele Cantone (vedi news) nutriamo fiducia sul fatto che il testo dello stesso sarà opportunamente modificato anche per evitare quello che si è verifìcato negli anni passati in occasione della Maddalena per le strutture del G7 del 2009, di Venezia per il MOSE, di Milano per l’Expo 2015, di Mineo per il centro di accoglienza CARA (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) e di Roma per “Mafia Capitale” dove erano state utilizzate procedure derogatorie al previgente codice dei contratti di cui al d.lgs. n. 163/2006.
A cura di Paolo Oreto
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