Obbligo di POS: gli studi dei professionisti diventano supermercati!

29/01/2016

Entro il 1 febbraio 2016, come previsto dalla cd “Legge di Stabilità”, verrà emanato il decreto che fisserà l’importo delle sanzioni per i professionisti che non fossero dotati di POS (point of sale) ovvero del lettore di carte di debito e di credito.

Ricordiamo che già dal giugno del 2014 i professionisti devono essere muniti del lettore (D.M. 24/01/2014) ma in mancanza di un decreto che stabilisca le sanzioni, di fatto, sono solo in pochi ad essersi adeguati: centinaia di migliaia di professionisti sperano (la speranza è l’ultima a morire) che, per effetto dell’intercessione dei rappresentanti delle categorie professionali, il governo faccia un passo indietro rispetto a questa manovra, che porterà non già la tracciabilità dei pagamenti, e nemmeno servirà da deterrente all’evasione fiscale, come appresso vedremo, ma rappresenterà un ulteriore balzello economico a carico della ormai tormentata categoria.

Qualcuno “lassù”, nella cabina dei “bottoni” del Governo, è convinto che negli studi professionali si “vendano” banane, broccoli e baccalà, o comunque prestazioni già “belle e confezionate”, uguali, fotocopiabili ed esposte in vetrina, soltanto da prendere dal bancone, incartarle con carta regalo e nastrino colorato, per poi semplicisticamente “venderle” o rivenderle.

C’è qualcuno “lassù” che ancora non ha capito della differenza sostanziale che intercorre tra prestazioni intellettuali erogate da professioni protette e legate agli interessi globali e collettivi e la vendita/svendita di prodotti commerciali; ma questo è un discorso su cui gradirei approfondire in trattazione appositamente dedicata.

Ma al di là delle evidenti, palesi e note dissomiglianze tra attività professionali e attività commerciali, anche all’interno delle stesse professioni è utile fare una doverosa premessa che operi tra loro una netta differenziazione e un importante distinguo:

  • una farmacia, dove vengono effettuate vendite al minuto, o uno studio medico, dove si erogano prestazioni con cadenza ogni 10/15 minuti, o uno studio dentistico, dove i clienti si intervallano ogni mezz’ora, etc. può avere necessità di possedere un POS in virtù dell’elevato numero di clientela giornaliera e/o per i cospicui incassi che, eventualmente, possono dar luogo a “dimenticanze” di fatturazione e quindi ad evasione fiscale;
  • ma uno studio di architettura/ingegneria, in genere, per erogare una prestazione, seppur minima, ha necessità di lavorare per giorni, per settimane, se non per mesi, con la conseguenza che potrà espletare non più di 2/3 prestazioni/mese, anche in rapporto al soprannumero dei professionisti tecnici -in Italia ci sono 1/3 degli architetti di tutta Europa ed un numero maggiore di ingegneri, oltre ai tecnici semplicemente diplomanti, che per prestazioni di modesta entità, svolgono quasi lo stesso lavoro-, fattispecie questa che porta alla ancor più drastica diluzione e diminuzione della clientela.

C’è ancora da rappresentare che per la stragrande maggioranza le professioni tecniche, oggi, come si può agevolmente verificare dai dati ISTAT, essendo gli interventi di nuova edilizia molto radi, espletano i loro servizi professionali quasi esclusivamente all’interno della sfera della c.d. ristrutturazione (art 16 bis DPR 917/86), dell’efficientamento energetico (legge 27 dicembre 2006, n. 296) e dell’adeguamento e miglioramento antisismico degli edifici, (legge n. 63 del 4 giugno 2013) tutte attività che comportano per il cittadino che decide di fare i lavori, la possibilità di una detrazione della parcella del professionista coinvolto, che va dal 50 al 65% sull’irpef, a seconda della tipologia di intervento.

Per poterle detrarre, il cittadino è obbligato a pagare le prestazioni del professionista attraverso bonifico bancario, mezzo già tracciabile, e che disincentiva il nero, giacché, eventualmente, per la parte evasa/non dichiarata al fisco, lo stesso cittadino perderebbe il 50 o il 65% della detrazione.

Preme ancora fare delle considerazioni: l’obbligo di possedere il lettore di carte non giova al contrasto dell’evasione fiscale, anche perché, in mancanza di tariffe minime, e quindi di importi minimi da fatturare, il professionista che volesse evadere, può far transitare attraverso il POS soltanto una piccola percentuale dell’effettivo incasso, vanificando totalmente l’uso di tale apparecchiatura.

Fatte queste premesse, il legislatore attento, guidato da una altrettanto attenta politica, dovrebbe comprendere della perfetta inutilità di imporre l’obbligo del POS alle professioni tecniche; d’altra parte gli importi massimi pagabili con carta di credito sarebbero, per la maggior parte dei casi, incompatibili con gli importi necessari a saldare il lavoro -di settimane o mesi o addirittura anni- dei professionisti.

Sembra dunque assolutamente ed inutilmente vessatorio l'obbligo dell'istallazione del POS, una nuova TASSA che favorisce esclusivamente gli interessi degli istituti di credito che possono vendere nuovi servizi anche a chi non ne ha assolutamente necessità!

Riassumiamo cosa significa avere un POS e quali sono le spese per tenerlo a studio:

  1. costo di installazione/disinstallazione;
  2. il canone mensile di noleggio dell'apparecchiatura, eventualmente legato al numero delle operazioni effettuate;
  3. la commissione sul transato;
  4. l'eventuale commissione minima per operazione, ossia quella commissione sull'operazione che si applica comunque nel caso in cui la commissione sul transato non superi una certa soglia;
  5. il costo della chiamata telefonica o via internet o via satellite (nel caso di POS che non utilizzano una linea telefonica fissa);
  6. la valuta di accredito dell’operazione sul conto corrente collegato al POS: solitamente è un giorno;
  7. il costo dell’eventuale assistenza tecnica a domicilio;
  8. il costo della produzione mensile del rendiconto POS obbligatorio e di eventuali altre comunicazioni;
  9. l'eventuale bollo di registrazione del contratto.

Ci preme capire quali siano le motivazioni che hanno mosso l'idea di proporre una tale afflizione per i lavoratori autonomi, e sarebbe interessante verificare se il decisore, prima di proporre questo strumento, abbia o meno studiato il tessuto sociale ed economico delle categorie colpite da tale proposta.

Brevemente è il caso di informare che la categoria delle professioni tecniche, dopo le recenti riforme, è sprofondata in una crisi economica e sociale profonda:

  • dal decreto Bersani/Visco (Governo Prodi) che ha abrogato il diritto a percepire tariffe minime di proporzionalità tra lavoro e retribuzione, si è perduto oltre 40% del reddito professionale annuo;
  • il 68% della categoria vanta crediti nei confronti della committenza privata,
  • il 32% attende pagamenti da parte del settore pubblico
  • il reddito medio LORDO è 1200 euro/mese, il che significa, sottratti costi e le spese di studio, portare “a casa” un netto di non oltre 450 euro/mese, (meno di qualunque extracomunitario senza permesso di soggiorno!)
  • il numero di contenziosi è altissimo, la mancanza della certezza del diritto a percepire i compensi e una giustizia parziale ed inconsapevole, completa il quadro disastroso in cui versano le categorie intellettuali tecniche del paese!

Se prima di legiferare si fossero approfonditi questi aspetti, probabilmente si sarebbe intuito che l'unica maniera possibile per garantire il tracciamento inequivocabile dei movimenti economici dei professionisti e la garanzia del pagamento delle tasse (iva, irpef, etc), sarebbe quello di obbligarli al rispetto dei minimi tariffari inderogabili, su cui, in un qualsiasi tempo, poiché le loro prestazioni vengono depositate in un ente pubblico e restano in pubblica visione per decenni, sarebbe possibile, per gli agenti fiscali, verificare la congruità tra fattura emessa e tasse pagate, con il vantaggio sociale di possedere uno strumento di accertamento CERTO, estremamente più efficace degli studi di settore e dell’obbligo di noleggiare il POS, messi insieme.

A questo punto sorge il dubbio: il governo ha davvero intensione di osteggiare l’evasione e di recuperare gettito fiscale? O vuole semplicemente elargire regali a chi con questo obbligo ne ricava ulteriore business?

Centinaia di migliaia di professionisti sono in attesa di chiarezza, su questa e sulle altre questioni poc’anzi espresse, anche al fine di esprimere la prossima, difficile, scelta elettorale.

Fnailp, come sempre, con trasparenza, tenterà di capire e di orientare i professionisti affinché le loro preferenze ricadano sulla politica capace di ascoltare e porre rimedio alle criticità delle libere professioni italiane, criticità che si ripercuotono negativamente sugli interessi globali della collettività tutta.

A cura di Pasquale Giugliano
Presidente Federazione Nazionale Architetti ed Ingegneri Liberi Professionisti (Fnailp)



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