PROFESSIONISTI: ASTENERSI DALLE PRESTAZIONI NON DETERMINA LA CESSAZIONE DELL’ATTIVITÀ
26/08/2009
La cessazione dell’attività per il professionista non può che
passare per la chiusura totale di tutti i suoi rapporti giuridici
pendenti. Non basta, cioè, astenersi dal porre in essere ulteriori
prestazioni, essendo necessaria anche la fatturazione di tutte
quelle già eseguite e non ancora monetizzate, nonché la dismissione
dei beni strumentali. Allo stesso modo, nel caso resti “da
riscuotere” una sola fattura attiva con Iva a esigibilità
differita, l’unica strada per “chiudere la partita”, prima
dell’incasso, passa per il versamento dell’imposta indicata nel
documento.
È, in sintesi, la precisazione dell’agenzia delle Entrate, contenuta nella risoluzione n. 232/E del 20 agosto.
Il quesito
I chiarimenti sul corretto comportamento da tenere erano stati chiesti da un ragioniere che intendeva cancellarsi dal relativo albo, previa chiusura della partita Iva. L’unica “pendenza” per il professionista era rappresentata da una fattura con Iva a esigibilità differita, emessa nei confronti di una Asl e da quest’ultima, peraltro, contestata.
La soluzione da lui proposta, considerato anche che la controversia con l’Azienda sanitaria aveva preso la strada delle aule giudiziarie, consisteva nell’emissione di una nota di credito.
La risposta dell’Agenzia
Che l’attività del professionista non potesse considerarsi cessata fino a che fosse rimasto in piedi un solo credito professionale era già stato puntualizzato dall’Agenzia con la circolare n. 11/2007.
In sostanza, come già anticipato, nel caso in cui la fatturazione della prestazione non anticipi l’incasso, solo la riscossione del credito, momento in cui - in tali casi - l‘Iva diviene esigibile, permette la “chiusura dei battenti”.
Si ricorda che la regola generale, per le prestazioni di servizi, è quella per cui l’operazione si considera effettuata all’atto del pagamento del corrispettivo, ovvero nel momento, anteriore, in cui sia emessa fattura.
Così, nei casi di operazioni già fatturate ma per le quali l’Iva diventa esigibile solo al momento del pagamento del corrispettivo (tra le quali, appunto, le cessioni dei beni e le prestazioni di servizi fatte alle Asl –articolo 6, Dpr 633/1972), non c’è la possibilità di chiudere la partita Iva fino all’incasso (sempreché questo sia ritenuto “ragionevolmente possibile” perché, ad esempio, non sia ancora intervenuta la prescrizione). Tutto ciò a meno che il professionista non provveda ad “anticipare” il versamento dell’imposta sul valore aggiunto addebitata, oppure, come nel caso in esame, non voglia attendere l’esito del procedimento pendente relativo al credito contestato.
Fonte: Fisco Oggi
© Riproduzione riservata
È, in sintesi, la precisazione dell’agenzia delle Entrate, contenuta nella risoluzione n. 232/E del 20 agosto.
Il quesito
I chiarimenti sul corretto comportamento da tenere erano stati chiesti da un ragioniere che intendeva cancellarsi dal relativo albo, previa chiusura della partita Iva. L’unica “pendenza” per il professionista era rappresentata da una fattura con Iva a esigibilità differita, emessa nei confronti di una Asl e da quest’ultima, peraltro, contestata.
La soluzione da lui proposta, considerato anche che la controversia con l’Azienda sanitaria aveva preso la strada delle aule giudiziarie, consisteva nell’emissione di una nota di credito.
La risposta dell’Agenzia
Che l’attività del professionista non potesse considerarsi cessata fino a che fosse rimasto in piedi un solo credito professionale era già stato puntualizzato dall’Agenzia con la circolare n. 11/2007.
In sostanza, come già anticipato, nel caso in cui la fatturazione della prestazione non anticipi l’incasso, solo la riscossione del credito, momento in cui - in tali casi - l‘Iva diviene esigibile, permette la “chiusura dei battenti”.
Si ricorda che la regola generale, per le prestazioni di servizi, è quella per cui l’operazione si considera effettuata all’atto del pagamento del corrispettivo, ovvero nel momento, anteriore, in cui sia emessa fattura.
Così, nei casi di operazioni già fatturate ma per le quali l’Iva diventa esigibile solo al momento del pagamento del corrispettivo (tra le quali, appunto, le cessioni dei beni e le prestazioni di servizi fatte alle Asl –articolo 6, Dpr 633/1972), non c’è la possibilità di chiudere la partita Iva fino all’incasso (sempreché questo sia ritenuto “ragionevolmente possibile” perché, ad esempio, non sia ancora intervenuta la prescrizione). Tutto ciò a meno che il professionista non provveda ad “anticipare” il versamento dell’imposta sul valore aggiunto addebitata, oppure, come nel caso in esame, non voglia attendere l’esito del procedimento pendente relativo al credito contestato.
Fonte: Fisco Oggi
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