Perequazione urbanistica: legittimo il PRG di Roma
20/07/2010
Con sentenza n. 4545 del 13 luglio 2010 il Consiglio di Stato,
Sezione IV, ha accolto gli appelli proposti dal Comune di Roma,
dalla Regione Lazio e dalla Provincia di Roma, avverso la sentenza
del Tar Lazio n. 1524/2010 con cui erano state dichiarate
illegittime alcune previsioni contenute nel PRG di Roma in tema di
perequazione urbanistica.
In particolare, per il Tar Lazio l'istituto della perequazione adottato dal Comune di Roma non era conforme alla legislazione vigente e contrastava con i principi costituzionali in materia di proprietà e di legalità dell'azione amministrativa non rinvenendo allo stato attuale alcuna disciplina, di fonte legislativa, che autorizzi una riserva di proprietà fondiaria alla mano pubblica in assenza di specifica normativa primaria e al di fuori delle garanzie previste dall'art. 42 della Carta Costituzionale.
Altra censura rilevata dai giudici di primo grado aveva, poi, riguardato l'imposizione da parte dell'amministrazione comunale di contributi straordinari diversi da quelli generalmente previsti in ambito urbanistico in quanto contrastanti con il principio di legalità ossia con l'art. 23 della Costituzione secondo cui "nessuna prestazione può essere imposta se non in base alla legge".
Il Consiglio di Stato, accogliendo gli appelli proposti dalle amministrazioni pubbliche, ha ribaltato integralmente la sentenza del Tar Lazio legittimando le modalità adottate dal Comune di Roma sulla perequazione.
Secondo i giudici di Palazzo Spada la disciplina perequativa del PRG di Roma si regge su due pilastri fondamentali: da un lato, la potestà conformativa del territorio di cui l'Amministrazione è titolare nell'esercizio della propria attività di pianificazione; dall'altro la possibilità di ricorrere a modelli privatistici e consensuali per il perseguimento di finalità di interesse pubblico.
Si legge nella sentenza che "l'operazione condotta dal Comune di Roma attraverso i meccanismi perequativi connessi all'attribuzione de futuro ai suoli di una cubatura aggiuntiva, lungi dal costituire un anomalo ibrido tra conformazione e espropriazione, rientri a pieno titolo nel legittimo esercizio della potestà pianificatoria e conformativa del territorio (...)".
L'Amministrazione, secondo il Consiglio di Stato, ha proceduto prima all'assegnazione a ciascuna zona di un proprio indice di edificabilità e poi ha posto le basi per possibili incrementi futuri della cubatura edificabile, predisponendo i meccanismi con i quali questa potrà essere riconosciuta ai vari suoli in ragione della loro zonizzazione e tipologia e lasciando ai proprietari interessati la facoltà di avvalersi o meno dei relativi incentivi.
E proprio la natura "facoltativa" degli istituti perequativi, nel senso che la loro applicazione è rimessa ad una libera scelta degli interessati, ha fatto escludere che dagli stessi possa ravvisarsi una forzosa ablazione della proprietà nonché, nel caso del contributo straordinario, che si tratti di prestazione patrimoniale imposta in violazione della riserva di legge ex art. 23 Cost.
Più in generale il Consiglio di Stato ha ritenuto di rinvenire la copertura "normativa" dell'istituto della perequazione nel combinato disposto degli artt. 1, comma 1 bis e 11 della L. 241/90 ossia nella possibilità di ricorrere agli strumenti convenzionali per il perseguimento delle finalità perequative.
Fonte: ANCE
© Riproduzione riservata
In particolare, per il Tar Lazio l'istituto della perequazione adottato dal Comune di Roma non era conforme alla legislazione vigente e contrastava con i principi costituzionali in materia di proprietà e di legalità dell'azione amministrativa non rinvenendo allo stato attuale alcuna disciplina, di fonte legislativa, che autorizzi una riserva di proprietà fondiaria alla mano pubblica in assenza di specifica normativa primaria e al di fuori delle garanzie previste dall'art. 42 della Carta Costituzionale.
Altra censura rilevata dai giudici di primo grado aveva, poi, riguardato l'imposizione da parte dell'amministrazione comunale di contributi straordinari diversi da quelli generalmente previsti in ambito urbanistico in quanto contrastanti con il principio di legalità ossia con l'art. 23 della Costituzione secondo cui "nessuna prestazione può essere imposta se non in base alla legge".
Il Consiglio di Stato, accogliendo gli appelli proposti dalle amministrazioni pubbliche, ha ribaltato integralmente la sentenza del Tar Lazio legittimando le modalità adottate dal Comune di Roma sulla perequazione.
Secondo i giudici di Palazzo Spada la disciplina perequativa del PRG di Roma si regge su due pilastri fondamentali: da un lato, la potestà conformativa del territorio di cui l'Amministrazione è titolare nell'esercizio della propria attività di pianificazione; dall'altro la possibilità di ricorrere a modelli privatistici e consensuali per il perseguimento di finalità di interesse pubblico.
Si legge nella sentenza che "l'operazione condotta dal Comune di Roma attraverso i meccanismi perequativi connessi all'attribuzione de futuro ai suoli di una cubatura aggiuntiva, lungi dal costituire un anomalo ibrido tra conformazione e espropriazione, rientri a pieno titolo nel legittimo esercizio della potestà pianificatoria e conformativa del territorio (...)".
L'Amministrazione, secondo il Consiglio di Stato, ha proceduto prima all'assegnazione a ciascuna zona di un proprio indice di edificabilità e poi ha posto le basi per possibili incrementi futuri della cubatura edificabile, predisponendo i meccanismi con i quali questa potrà essere riconosciuta ai vari suoli in ragione della loro zonizzazione e tipologia e lasciando ai proprietari interessati la facoltà di avvalersi o meno dei relativi incentivi.
E proprio la natura "facoltativa" degli istituti perequativi, nel senso che la loro applicazione è rimessa ad una libera scelta degli interessati, ha fatto escludere che dagli stessi possa ravvisarsi una forzosa ablazione della proprietà nonché, nel caso del contributo straordinario, che si tratti di prestazione patrimoniale imposta in violazione della riserva di legge ex art. 23 Cost.
Più in generale il Consiglio di Stato ha ritenuto di rinvenire la copertura "normativa" dell'istituto della perequazione nel combinato disposto degli artt. 1, comma 1 bis e 11 della L. 241/90 ossia nella possibilità di ricorrere agli strumenti convenzionali per il perseguimento delle finalità perequative.
Fonte: ANCE
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