Piena autonomia alle Casse previdenziali virtuose
24/07/2014
Quando si parla di contributi previdenziali e professioni tecniche
bisogna fare molta attenzione. In questo periodo di luglio,
soprattutto architetti e ingegneri sono in preda a convulsioni
inarcassiane e qualsiasi parola fuori luogo potrebbe alterare
equilibri già di per sé abbastanza squilibrati.
Tra le professioni dell'area tecnica, c'è però una Cassa che negli anni ha saputo gestire bene il proprio patrimonio a favore di chi i contributi li paga e si aspetta che una cassa di previdenza faccia semplicemente la cassa di previdenza, ovvero fornisca un servizio utile a chi mensilmente dedica parte dei propri ricavi a favore del proprio futuro. Sto parlando di ENPAIA, la Cassa del Collegio Nazionale degli Agrotecnici che pochi giorni fa ha vinto un ricorso al Consiglio di Stato (sentenza n. 3859 del 18 luglio 2014) definito storico perché restituisce alle Casse di previdenza "virtuose" piena autonomia sulla rivalutazione dei contributi pensionistici.
La vicenda trae le sue origini dalla volontà dell'ENPAIA di aumentare il tasso di capitalizzazione del 50% del montante contributivo ai fini della determinazione della pensione dei propri iscritti, ritenendo che fossero derogabili le modalità previsto dall'art. 1, comma 9, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare). La volontà della Cassa si è tradotta nella deliberazione 12 aprile 2012, n. 3 che non è però stata approvata dal direttore generale per le politiche previdenziali ed assicurative del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze che con atto del 18 gennaio 2013 ne hanno rigettato i contenuti.
Dopo aver perso il ricorso in primo grado, l'ENPAIA ha presentato ricorso dinanzi al Consiglio di Stato il quale ha rilevato come l'impianto normativo in tema pensionistico preveda che le Casse di previdenza debbano rivalutare le pensioni utilizzando, quale indice, la media del prodotto interno lordo nazionale degli ultimi cinque anni, stabilendo pure un trattamento obbligatorio minimo che va assicurato, ma non vietando che le singole Casse possano, senza oneri per lo Stato, prevedere, utilizzando, come nella specie, gli utili di gestione, una rivalutazione maggiore che consente di erogare trattamenti pensionistici più alti. La determinazione assunta dal Ministero vanifica, in assenza di una norma imperativa di legge.
In definitiva, gli Enti virtuosi, in virtù di una propria autonomia negoziale collettiva, possono prevedere una rivalutazione dei contributi pensionistici che porti ad erogare pensioni più alte.
Grande soddisfazione da parte del Collegio degli Agrotecnici che hanno ammesso come la sentenza abbia "definitivamente scardinato il principio, fino all'ultimo difeso dal Ministero del Lavoro, per cui la previdenza dei professionisti doveva essere, sempre e comunque, "tutta uguale", anche quando i rendimenti dei contributi per effetto del meccanismo di calcolo erano pressoché pari allo zero, con il risultato di deprimere all'inverosimile le future pensioni (come in effetti è avvenuto negli ultimi anni)".
Come rilavato dagli Agrotecnici "La libertà nell'autonomia negoziale delle Casse previdenziali, loro restituita dalla sentenza n. 3859/2014, non è solo un atto di giustizia e di buon senso, ma è anche un premio alle Casse che meglio sono amministrate, che possono ora distinguersi da quelle peggio amministrate, così come evangelicamente viene diviso "il grano dal loglio", cioè la semente buona da quella meno buona".
Il commento del Collegio degli Agrotecnici
Il Collegio degli Agrotecnici ha, inoltre, definito gli effetti di questa sentenza nei confronti delle altre Casse di previdenza e nei confronti dei liberi professionisti.
"Ciascuna Cassa di previdenza, se in regola con la sostenibilità previdenziale e con i conti, potrà rivalutare maggiormente i contributi versati dagli iscritti, rispetto a quanto previsto per legge: ciò significa, a fine vita lavorativa,pensioni più alte. Anche notevolmente più alte. Nell'attuale sistema contributivo l'importo delle future pensioni dipende sostanzialmente da due fattori: 1. da quanto ciascun "previdente" versa (tanto più alto sarà il versato, maggiore sarà la pensione); 2. dalla percentuale di rivalutazione dei contributi previdenziali (dove l'insieme dei contributi versati e della loro rivalutazione costituisce il "montante previdenziale")".
La legge n. 335/96 si preoccupa di garantire una percentuale minima di rivalutazione dei contributi previdenziali (identica per tutte le Casse di previdenza dei professionisti, da cui la generalizzazione del problema) in basealla media quinquennale del PIL, così come determinata dall'ISTAT che, a seguito della perdurante stagnazione economica, ha subito nel tempo la seguente riduzione:
mentre per il corrente anno e per quelli successivi si prevede un incremento pressoché pari a zero (in ragione del perdurare del PIL negativo). Questa costante riduzione della percentuale di rivalutazione dei contributi previdenziali compromette in maniera significativa l'entità delle future pensioni, le quali (prima della sentenza n. 3859/2014 del Consiglio di Stato) erano destinate ad essere del tutto insufficienti a garantire una dignitosa esistenza.
Nel 2011 la Cassa di previdenza degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati comprese per tempo gli effetti devastanti della diminuzione dell'indice di rivalutazione del montante contributivo, e perciò decise di aumentarlo del +50%, utilizzando parte degli utili annuali. Ed altrettanto venne fatto per gli anni futuri, sicché l'indice di rivalutazione (per gli iscritti alla Cassa degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati) sarebbe risultato il seguente:
garantendo sempre e comunque una rivalutazione mai inferiore
all'1,50%, livello ritenuto minimo per garantire future, adeguate
pensioni.
Chiesta al Ministero del Lavoro l'autorizzazione a procedere, la Cassa previdenziale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati se la vide negare sulla scorta del fatto che -secondo il Ministero- tutte le Casse professionali dovevano rivalutare i contributi previdenziali nella stessa identica misura, quindi assurdamente negando la possibilità di fare meglio (per chi ne fosse capace).
A riportare certezza del diritto è intervenuta ora la sentenza del Consiglio di Stato n. 3859/2014 che, ribaltando il precedente negativo del TAR Lazio e sconfessando il Ministero del Lavoro, consente alla Cassa di previdenza degli Agrotecnici di dar corso alle maggiori rivalutazioni.
Pertanto un laureato in agraria iscritto all'Albo degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati, rispetto allo stesso laureato iscritto in un diverso Albo del settore, potrà avere una pensione significamente più alta, pagando l'uno gli stessi contributi dell'altro.
Una vere e propria rivoluzione previdenziale".
© Riproduzione riservata
Tra le professioni dell'area tecnica, c'è però una Cassa che negli anni ha saputo gestire bene il proprio patrimonio a favore di chi i contributi li paga e si aspetta che una cassa di previdenza faccia semplicemente la cassa di previdenza, ovvero fornisca un servizio utile a chi mensilmente dedica parte dei propri ricavi a favore del proprio futuro. Sto parlando di ENPAIA, la Cassa del Collegio Nazionale degli Agrotecnici che pochi giorni fa ha vinto un ricorso al Consiglio di Stato (sentenza n. 3859 del 18 luglio 2014) definito storico perché restituisce alle Casse di previdenza "virtuose" piena autonomia sulla rivalutazione dei contributi pensionistici.
La vicenda trae le sue origini dalla volontà dell'ENPAIA di aumentare il tasso di capitalizzazione del 50% del montante contributivo ai fini della determinazione della pensione dei propri iscritti, ritenendo che fossero derogabili le modalità previsto dall'art. 1, comma 9, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare). La volontà della Cassa si è tradotta nella deliberazione 12 aprile 2012, n. 3 che non è però stata approvata dal direttore generale per le politiche previdenziali ed assicurative del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze che con atto del 18 gennaio 2013 ne hanno rigettato i contenuti.
Dopo aver perso il ricorso in primo grado, l'ENPAIA ha presentato ricorso dinanzi al Consiglio di Stato il quale ha rilevato come l'impianto normativo in tema pensionistico preveda che le Casse di previdenza debbano rivalutare le pensioni utilizzando, quale indice, la media del prodotto interno lordo nazionale degli ultimi cinque anni, stabilendo pure un trattamento obbligatorio minimo che va assicurato, ma non vietando che le singole Casse possano, senza oneri per lo Stato, prevedere, utilizzando, come nella specie, gli utili di gestione, una rivalutazione maggiore che consente di erogare trattamenti pensionistici più alti. La determinazione assunta dal Ministero vanifica, in assenza di una norma imperativa di legge.
In definitiva, gli Enti virtuosi, in virtù di una propria autonomia negoziale collettiva, possono prevedere una rivalutazione dei contributi pensionistici che porti ad erogare pensioni più alte.
Grande soddisfazione da parte del Collegio degli Agrotecnici che hanno ammesso come la sentenza abbia "definitivamente scardinato il principio, fino all'ultimo difeso dal Ministero del Lavoro, per cui la previdenza dei professionisti doveva essere, sempre e comunque, "tutta uguale", anche quando i rendimenti dei contributi per effetto del meccanismo di calcolo erano pressoché pari allo zero, con il risultato di deprimere all'inverosimile le future pensioni (come in effetti è avvenuto negli ultimi anni)".
Come rilavato dagli Agrotecnici "La libertà nell'autonomia negoziale delle Casse previdenziali, loro restituita dalla sentenza n. 3859/2014, non è solo un atto di giustizia e di buon senso, ma è anche un premio alle Casse che meglio sono amministrate, che possono ora distinguersi da quelle peggio amministrate, così come evangelicamente viene diviso "il grano dal loglio", cioè la semente buona da quella meno buona".
Il commento del Collegio degli Agrotecnici
Il Collegio degli Agrotecnici ha, inoltre, definito gli effetti di questa sentenza nei confronti delle altre Casse di previdenza e nei confronti dei liberi professionisti.
"Ciascuna Cassa di previdenza, se in regola con la sostenibilità previdenziale e con i conti, potrà rivalutare maggiormente i contributi versati dagli iscritti, rispetto a quanto previsto per legge: ciò significa, a fine vita lavorativa,pensioni più alte. Anche notevolmente più alte. Nell'attuale sistema contributivo l'importo delle future pensioni dipende sostanzialmente da due fattori: 1. da quanto ciascun "previdente" versa (tanto più alto sarà il versato, maggiore sarà la pensione); 2. dalla percentuale di rivalutazione dei contributi previdenziali (dove l'insieme dei contributi versati e della loro rivalutazione costituisce il "montante previdenziale")".
La legge n. 335/96 si preoccupa di garantire una percentuale minima di rivalutazione dei contributi previdenziali (identica per tutte le Casse di previdenza dei professionisti, da cui la generalizzazione del problema) in basealla media quinquennale del PIL, così come determinata dall'ISTAT che, a seguito della perdurante stagnazione economica, ha subito nel tempo la seguente riduzione:
Anno | Indice di rivalutazione PIL/ISTAT |
2005 | 4,05% |
2006 | 3,54% |
2007 | 3,39% |
2008 | 3,47% |
2009 | 3,32% |
2010 | 1,79% |
2011 | 1,62% |
2012 | 1,13% |
2013 | 0,16% |
mentre per il corrente anno e per quelli successivi si prevede un incremento pressoché pari a zero (in ragione del perdurare del PIL negativo). Questa costante riduzione della percentuale di rivalutazione dei contributi previdenziali compromette in maniera significativa l'entità delle future pensioni, le quali (prima della sentenza n. 3859/2014 del Consiglio di Stato) erano destinate ad essere del tutto insufficienti a garantire una dignitosa esistenza.
Nel 2011 la Cassa di previdenza degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati comprese per tempo gli effetti devastanti della diminuzione dell'indice di rivalutazione del montante contributivo, e perciò decise di aumentarlo del +50%, utilizzando parte degli utili annuali. Ed altrettanto venne fatto per gli anni futuri, sicché l'indice di rivalutazione (per gli iscritti alla Cassa degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati) sarebbe risultato il seguente:
ANNO
|
INDICE PIL/ISTAT
(per tutti) |
INDICE
AGROTECNICI |
2011
|
1,6165
|
2,4247% (+50%)
|
2012
|
1,1344
|
1,7016% (+50%)
|
2013
|
0,1643
|
1,500% (+912%)
|
Chiesta al Ministero del Lavoro l'autorizzazione a procedere, la Cassa previdenziale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati se la vide negare sulla scorta del fatto che -secondo il Ministero- tutte le Casse professionali dovevano rivalutare i contributi previdenziali nella stessa identica misura, quindi assurdamente negando la possibilità di fare meglio (per chi ne fosse capace).
A riportare certezza del diritto è intervenuta ora la sentenza del Consiglio di Stato n. 3859/2014 che, ribaltando il precedente negativo del TAR Lazio e sconfessando il Ministero del Lavoro, consente alla Cassa di previdenza degli Agrotecnici di dar corso alle maggiori rivalutazioni.
Pertanto un laureato in agraria iscritto all'Albo degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati, rispetto allo stesso laureato iscritto in un diverso Albo del settore, potrà avere una pensione significamente più alta, pagando l'uno gli stessi contributi dell'altro.
Una vere e propria rivoluzione previdenziale".
A cura di Ilenia
Cicirello
© Riproduzione riservata
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