Prevenzione rischi naturali: Cosa è cambiato e cosa sarebbe dovuto cambiare?
06/05/2013
E' di venerdì scorso un accorato documento di Gian Vito Graziano, Presidente del Consiglio nazionale dei Geologi, predisposto in occasione della ricorrenza di un anno dal terremoto dell'Emila Romagna e di quattro anni da quello dell'Aquila, sulla mancanza di iniziative politiche che intervengano strutturalmente sul problema legato alla prevenzione dei rischi naturali. Il pensiero di Gian Vito Graziano è avvalorato, anche, dalla assoluta assenza nel discorso programmatico del Premier Enrico Letta ma anche nell'Atto di indirizzo (datato 22/04/2013 ed allegato alla presente notizia) concernente l'individuazione delle priorità politiche da realizzarsi nel 2014 predisposto dall'ex Ministro delle Infrastrutture Corrado Passera del precedente Governo Monti e diffuso nel corso della scorsa settimana.
In nessuno dei due documenti si dice nulla relativamente alla
prevenzione dei rischi naturali e, ovviamente tutto ciò stride con
le promesse politiche fatte all'indomani delle tragedie piccole e
grandi che hanno colpito nei mesi e negli anni trascorsi il nostro
Paese.
Qui di seguito uno stralcio del documento di Gian Vito Graziano
dall'espressivo titolo "Ad un anno dal terremoto dell'Emilia
Romagna ed a quattro da quello dell'Aquila - Cosa è cambiato e cosa
sarebbe dovuto cambiare?"
"All’alba del giorno dopo la tragedia, in Italia si riapre
puntualmente il dibattito sulla prevenzione dei rischi naturali, su
quello che si sarebbe dovuto fare e su quello che ancora si
potrebbe fare, si rilasciano dichiarazioni convinte e commosse, si
ritorna a parlare di prevenzione, si lanciano proclami, si
interrogano gli esperti e si cercano i colpevoli del disastro,
forse più per liberare le coscienze, che per convinzione che il
disastro abbia realmente dei colpevoli.
E’ passato un anno dal terremoto che sconvolse l’Emilia Romagna, ne
sono passati quattro da quello di L’Aquila, e sembra che il Paese
abbia dimenticato quei troppi morti, quelle terribili immagini dei
crolli sotto i quali furono seppellite le speranze di tanta gente e
le ambizioni di tanti studenti e delle loro famiglie.
Cosa si è fatto da allora? Quali politiche di prevenzione sono
state messe in campo? Quali miglioramenti sono stati apportati ai
nostri edifici pubblici, in un questo Paese dove ad avere problemi
strutturali sono persino le scuole e gli ospedali? Quali speranze
si sono date ai cittadini italiani, che dovrebbero aver imparato
che quei terremoti non sono stati i primi e che non saranno gli
ultimi che dovremo sopportare?
Sarcasticamente si potrebbe dire che qualcosa si è fatto, non è
quello che si sarebbe dovuto fare, ma serve a capire quanto sia
strano questo Paese.
Ad esempio da alcuni parlamentari della precedente legislatura è
stata proposta una ennesima legge di condono edilizio, utile certo
a recuperare nell’immediato un po’ di quattrini, che tuttavia
sappiamo di dover restituire decuplicati in un futuro non troppo
lontano, quando saremo costretti a trovare le risorse per sopperire
ai danni di una ennesima frana o di una ennesima alluvione.
Evidentemente non bastano i dati sul consumo di suolo, non bastano
quelli sui costi dei continui disastri idrogeologici, non bastano i
crolli strutturali di edifici di cui periodicamente abbiamo
notizia, se ancora c’è chi ritiene che si possa tornare
all’aberrante utilizzo della sanatoria, contrario non solo alle
istanze di sicurezza, ma anche a quelle del rispetto delle regole e
della legalità.
I dati sull’abusivismo edilizio sono purtroppo ancora oggi
allarmanti, se si pensa che in Italia nel 2011, secondo dati
Cresme, sono stati realizzati quasi 26mila abusi, tra nuove case o
grandi ristrutturazioni, pari al 13,4% del totale delle nuove
costruzioni. E dal 2003, anno dell’ultimo condono edilizio, a oggi,
sono state costruite oltre 258mila case illegali, per un fatturato
complessivo di 1,8 miliardi di euro. Immobili che non si riesce
nemmeno ad abbattere, infatti da una ricerca di Legambiente su 72
comuni capoluogo di provincia, emerge che dal 2000 al 2011 sono
state emesse 46.760 ordinanze di demolizione, ma ne sono state
eseguite solo 4.956, ovvero circa il 10%.
Eppure per fermare questa scellerata proposta parlamentare sono
dovuti intervenire illustri personalità della scienza e della
cultura, che hanno costretto in ritirata i parlamentari proponenti.
Ma il pericolo purtroppo è sempre in agguato.
Viene da chiedersi allora se sotto processo, come è successo a
L’Aquila per la Commissione Grandi Rischi, non debbano andare anche
coloro che hanno avuto in tanti anni responsabilità politiche ed
amministrative e che, nel migliore dei casi, sono stati solo
disattenti rispetto ai tanti allarmi lanciati dalla comunità
scientifica e dal mondo delle professioni sullo stato di
devastazione del nostro territorio e di fragilità del nostro
patrimonio edilizio; ma soprattutto dovrebbero andare sotto
processo quelli che degli allarmi se ne sono infischiati,
continuando a perpetrare malaffare, speculazioni e ad attuare
condoni edilizi".
A cura di Gianluca Oreto
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