Professione di ingegnere e formazione: un legame da rinsaldare

15/07/2015

Criticità e scollamento tra sistema formativo e sistema ordinistico; elevata difformità di contenuti nei percorsi formativi della stessa classe di laurea tra un'università e l'altra; offerta formativa che non sempre fornisce tutte le competenze attinenti al profilo professionale. Queste, in estrema sintesi, le note dolenti del rapporto stabilitosi in Italia tra mondo della formazione e le professioni che emerge dalla ricerca diffusa dal Centro Studi del CNI: "Esercizio della professione di ingegnere e formazione universitaria: un rapporto da rinsaldare".

Lo studio è nato allo scopo di analizzare a fondo l'offerta formativa universitaria nel settore dell'ingegneria, soprattutto alla luce delle evoluzioni normative che negli ultimi anni hanno modificato radicalmente sia il sistema universitario che l'accesso all'albo professionale. In particolare, sono stati messi a confronto i percorsi formativi di tutti i corsi di laurea di primo e di secondo livello dell'ambito ingegneristico, suddivisi per classe di laurea, con un'analisi dettagliata dei settori scientifico-disciplinari coinvolti e dei crediti attribuiti ad ogni insegnamento. L'analisi è stata suddivisa in due fasi, realizzate rispettivamente nel 2013 e nel 2014. Il Centro Studi ha esaminato 1.008 piani di studio delle facoltà di ingegneria, di cui 412 di primo livello, 34 corsi magistrali a ciclo unico e 562 corsi di laurea magistrale.

"Dalla nostra ricerca - spiega Luigi Ronsivalle, Presidente del Centro Studi CNI - emergono quattro criticità che descrivono la delicatezza e la complessità della questione legata alla formazione universitaria degli ingegneri. La prima è la possibilità di accedere all'albo degli ingegneri anche per i laureati provenienti da Dipartimenti focalizzati su metodi e discipline distanti dall'Ingegneria (Matematica, Fisica e Scienze Naturali); la seconda è l'impossibilità per alcuni laureati delle classi di laurea ingegneristiche di sostenere l'esame di Stato per l'abilitazione professionale; la terza è la non corrispondenza biunivoca tra corso di studi e settore dell'Albo professionale a cui è possibile iscriversi; la quarta è l'incoerenza tra corsi di primo e secondo livello per quanto riguarda l'accesso all'albo professionale".

"Siamo di fronte - prosegue Ronsivalle - ad eterogeneità e disallineamenti tra i vari corsi di studio compresi nel vasto alveo dell'ingegneria. Alcune delle asimmetrie sono prive di logica. Per fare un esempio, ci sono classi di laurea in cui, se lo studente ha conseguito un diploma di primo livello, può iscriversi alla sezione B dell'albo degli ingegneri, ma se prosegue gli studi e consegue il corrispondente titolo di secondo livello non può iscriversi nella sezione A dell'albo".

"Le cause di queste incongruenze - conclude Ronsivalle - sono molteplici e non dipendono necessariamente dalle Università o dagli Ordini Professionali. Sono soprattutto il risultato delle molteplici rivisitazioni delle norme che hanno contraddistinto gli ultimi 15 anni".

Il documento del Centro Studi CNI, infatti, mostra come gli Atenei, colpiti pesantemente da tagli di spesa e da frequenti cambiamenti normativi, siano stati obbligati a trasformare rapidamente e spesso radicalmente l'architettura dei corsi, dovendo sfruttare al massimo le scarse risorse economiche e umane disponibili. Gli Ordini professionali, dal canto loro, si sono trovati di fronte ad un decreto, il DPR.328/2001, che ha mutato completamente l'accesso agli albi professionali ed in particolare all'albo degli ingegneri, consentendolo anche a nuovi profili prima esclusi, come ad esempio gli informatici o alcune categorie di architetti e di dottori "specialistici" in Scienze matematiche, fisiche e naturali e, contemporaneamente, impedendolo ad altri.

L'indagine mostra come in diversi casi le competenze acquisite presentino lacune in settori disciplinari peculiari dell'Ingegneria. Anche se il Dpr 328/2001, con l'introduzione della tripartizione dell'Albo, ha apportato un minimo di razionalizzazione nella individuazione delle competenze ingegneristiche, molti problemi sono rimasti irrisolti, poiché non è stata realizzata una riforma compiuta dell'Università, coerente con quella degli Ordini professionali.

In termini concreti, lo studio mostra come i 180 crediti necessari per conseguire la laurea vengano suddivisi tra le diverse attività formative con modalità che variano sensibilmente da corso a corso.
Per queste ragioni, il documento del Centro Studi CNI sottolinea l'opportunità di un'attività di monitoraggio continuo dell'offerta formativa ingegneristica italiana, in accordo e con la collaborazione della Conferenza per l'Ingegneria, già coinvolta nella discussione sulle risultanze di questa ricerca.

A cura di Ufficio Stampa Centro Studi CNI


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