Professioni tecniche: niente decoro per le tariffe
30/01/2015
La dignità non è un elemento da prendere in considerazione nella
commisurazione delle parcelle professionali. Dopo la Corte di
Giustizia Europea, lo ha ribadito l'Antitrust e lo ha, infine,
confermato il Consiglio di Stato.
È stata, infatti, pubblicata la Sentenza n. 238/2015 con la quale
la Sezione Sesta del Consiglio di Stato ha messo la parola fine
sulla vicenda che ha coinvolto l'Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato e il Consiglio Nazionale dei
Geologi in merito alle regole deontologiche che indicano come
criteri di commisurazione delle parcelle la dignità del
professionista oltre che la qualità e l'importanza della
prestazione.
La vicenda trae le sue origini il 13 marzo 2012 quando la
Corte di Giustizia Europea ha ricevuto la domanda di
pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato in
riferimento alla questione insorta tra l'Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato (AGCM) ed il Consiglio Nazionale dei
Geologi che aveva impugnato dal giudice di primo grado due delibere
dell'AGCM con le quali il Consiglio era stato multato per aver
previsto all'interno del Codice Deontologico la tariffa
professionale approvata con D.M. 18/11/1971 e la tariffa in materia
di lavori pubblici approvata con D.M. 04/04/2001 quale riferimento
legittimo e oggettivo per la determinazione del compenso tra le
parti.
Il TAR respinse il ricorso dei Geologi confermando la tesi
dell'Antitrust per la quale i liberi professionisti intellettuali
possono essere qualificati come impresa in quanto offrono sul
mercato in modo indipendente e stabile i propri servizi
professionali, con la conseguenza che gli Ordini professionali
possono essere qualificati come "Associazioni di imprese" e il
codice deontologico come una "deliberazione di un'associazione di
imprese", suscettibile ad essere sindacata ai sensi del diritto
dell'antitrust. I giudici di primo grado diedero ragione all'AGCM
per quanto concerne l'errato riferimento alla tariffa professionale
contenuta nel codice deontologico, ma gli diedero torto per ciò che
attiene al "decoro professionale".
In seguito, il Consiglio Nazionale dei Geologi propose ricorse
presso il Consiglio di Stato chiedendo di sottoporre in via
pregiudiziale, alcune questioni alla Corte di giustizia
europea.
Il Consiglio di Stato, accogliendo la richiesta del Consiglio
Nazionale dei Geologi, con l'Ordinanza n. 1244 del 5/3/2012, decise
di rimettere alla Corte di Giustizia UE una serie di pregiudiziali
atte a chiarire:
- se le professioni sono o non sono imprese e se devono o non devono sottostare alle regole del mercato;
- se la legislazione europea vieta e/o inibisce il riferimento alle componenti di dignità e docoro del professionista nella composizione del compenso professionale;
- se nella legislazione europea, il riferimento alle componenti di dignità e decoro professionale comportino effetti restrittivi della concorrenza professionale;
- se la legislazione europea stabilisca o meno che i requisiti di dignità e decoro, quali componenti del compenso del professionista in connessione con tariffe definite espressamente come derogabili nei minimi possa ritenersi quale induzione a comportamenti restrittivi della concorrenza;
- se la legislazione europea vieti il riferimento alla tariffa professionale quale semplice elemento tecnico-professionale di riferimento per la determinazione dei compensi;
- se la legislazione europea vieti la corrispondenza tra l'importanza delle prestazioni, i requisiti di dignità e decoro così come previsto dall'art. 2233 c.c. comma 2 secondo cui "in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera ed al decoro della professione";
- se il riferimento all'art. 2233, comma 2, c.c. possa ritenersi legittimo e non induzione di effetti restrittivi della concorrenza.
Confermando la tesi dell'Antitrust e della Corte di Giustizia
Europea, anche il Consiglio di Stato ha ammesso che le regole
deontologiche, in particolare quella secondo cui a garanzia della
qualità delle prestazioni il geologico deve sempre commisurare il
compenso al decoro professionale, restringono la concorrenza e non
possono essere considerate necessarie al perseguimento di legittimi
obiettivi collegati alla tutela del consumatore.
Dunque, l'obbligo di commisurare il compenso al decoro
professionale si tradurrebbe in una surrettizia reintroduzione dei
minimi tariffari, eludendo così l'abolizione degli stessi disposta
dal legislatore (art. 2 decreto legge 4 luglio 2006, n. 223,
convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248; art. 9 del decreto legge
24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27),
con i conseguenti effetti restrittivi della concorrenza.
Secondo il CdS non si può, inoltre, ritenere che tale regola
deontologica (e il collegato effetto restrittivo della concorrenza
che ne deriva) sia necessaria per garantire l'obiettivo della
tutela del consumatore, assicurandogli una prestazione di qualità.
"Il fine di tutelare il consumatore viene adeguatamente
perseguito dall'ordinamento nazionale tramite altri strumenti, che
trovano il loro principale ambito di applicazione nella disciplina
del singolo rapporto tra professionista e cliente, e si traducono
nella previsione di rimedi civilistici, la cui piena operatività
non richiede l'attribuzione di alcun potere di vigilanza all'Ordine
professionale".
Parimenti non si può ritenere che la regola deontologica che impone
di praticare compensi commisurati al decoro della professione possa
trovare una copertura normativa nell'art. 2233, comma 2, cod. civ.
che, occupandosi del contratto d'opera intellettuale, prevede
espressamente che "in ogni caso la misura del compenso deve
essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della
professione". Tale norma, contenuta nel codice civile, si
indirizza, infatti, al singolo professionista, disciplinando i suoi
rapporti con il cliente nell'ambito del singolo rapporto
contrattuale, senza attribuire alcun potere di vigilanza agli
Ordini in merito alle scelte contrattuali dei propri iscritti.
A fronte di un preciso obbligo civilistico che già lega il compenso
professionale al decoro della professione e all'importanza
dell'opera, l'introduzione di una regola deontologica volta a
ribadire tale obbligo, riservando la vigilanza circa il suo
rispetto all'Ordine, e prevedendo l'eventualità di sanzioni
disciplinari in caso di inosservanza, appare evidentemente estranea
o, comunque, manifestamente non proporzionata, rispetto
all'esigenza di fornire al consumatore adeguata tutela.
Accolta, dunque, la tesi dell'AGCM e respinta quella dei
Geologi.
Chiudo ricordando una vecchia poesia di Bertold Brecht che
recita:
"Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
e io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c'era rimasto nessuno a protestare".
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