Quando la burocrazia uccide più del terremoto: brevi e amare considerazioni sul tema degli affidamenti dei lavori legati al Sisma
17/09/2015
Recentemente su un sito internet ho letto una frase che mi ha molto
colpito: "la burocrazia uccide più del terremoto".
E' comprensibile che nei momenti di forte recessione economica, si
acuisca nell'utente il sentimento di forte insoddisfazione nei
confronti della macchina amministrativa; ciò a maggior ragione, ove
le recriminazioni scaturiscano da antefatti così gravi come quelli
connessi ai fenomeni sismici.
Anticipando le conclusioni del proprio pensiero non ritengo che sia la burocrazia ad incidere in maniera determinante sulle gravi patologie che connotano il sistema di intervento post terremoto. Premetto, senza ipocrisia di sorta, che il pensiero debba andare sempre e prioritariamente agli oltre 300 morti del terremoto aquilano; tuttavia l'esperienza acquisita sul campo, anche quale Commissario ad acta per conto del TAR Abruzzo, mi porta ad affermare che l'impianto delle norme che sorregge gli interventi post sisma risulti gravemente deficitario.
Le considerazioni che seguono sono limitate in questa sede alle conseguenze negative legate ai criteri di discrezionalità legittimate dalla norma in fase di affidamento, rinviando a successive ed amare riflessioni altre circostanze quali, ad esempio, l'acquisto di abitazioni equivalenti….
Ogni successiva considerazione prende spunto dalla natura dell'"emolumento" erogato dallo Stato per il sostentamento delle popolazioni colpite dal sisma del 2009 tenendo conto che i termini "indennizzo" e "contributo" non sono fungibili ma sottendono dinamiche distinte.
In linea generale l'erogazione di un contributo presuppone che l'Ente erogante verifichi non solo le condizioni di ammissibilità, ma anche le performance del beneficiario; al contrario per la sovvenzione quest'ultimo controllo sulla performance non è richiesto cosicché, una volta accertato il possesso in capo al candidato dei requisiti occorrenti per l'ammissione al beneficio non sarà necessario più alcun controllo da parte dell'ente erogante.
Sul punto la stessa Commissione europea ha inquadrato il contributo di cui all'art. 3 DL n. 39/2009 recante "Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile", nell'alveo della categoria degli "aiuti di stato" a prescindere dall'importo e con carattere esclusivamente risarcitorio. E' bene chiarire come tale riconducibilità incide inevitabilmente sulla natura giuridica della erogazione ed in particolare ne connoti la valenza prettamente risarcitoria (e dunque una sovvenzione) e non quella di contributo.
Sulla questione è parimenti illuminate quanto contenuto nel dossier n. 227 del Servizio Studi del Senato della Repubblica che così precisa "i contratti stipulati dai soggetti beneficiari dei contributi pubblici alla ricostruzione, riparazione o acquisto di immobili non sono assoggettati alle procedure di evidenza pubblica, in quanto il suddetto contributo è concesso a titolo di indennizzo per il ristoro, totale o parziale, dei danni causati dal sisma...". Ed anche che "Tali benefici, come chiarito dall'articolo 3-ter del decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125, di interpretazione autentica delle norme qui sopra richiamate, sono concessi a titolo di indennizzo per il ristoro, in tutto o in parte, dei danni causati dal sisma ad edifici di proprietà privata. Conseguentemente i contratti stipulati dai beneficiari per la esecuzione di lavori e per l'acquisizione di beni e servizi connessi non si intendono ricompresi tra quelli previsti dall'articolo 32, comma 1, lettere d) ed e), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163). Tale articolo 3-ter del decreto-legge n. 125 del 2010 è volto a semplificare ed accelerare l'iter per l'assegnazione e l'appalto di lavori per la ricostruzione degli immobili adibiti ad abitazione principale e non e di quelli condominiali danneggiati, distrutti o dichiarati inagibili".
Sulla natura indennitaria del contributo non possono quindi sussistere dubbi e quindi deve darsi atto dell'impossibilità di imporre coattivamente l'applicazione dell'art. 32 del Codice dei Contratti con tutte le conseguenze del caso anche e soprattutto in termini di evidenza pubblica per l'affidamento dei lavori e delle progettazioni.
Tuttavia la discrezionalità che ne consegue nella selezione dell'operatore ben può portare, come facilmente immaginabile anche da un lettore non tecnico, a possibili degenerazioni il tutto a scapito di quei principi di correttezza, trasparenza ed efficienza che in ogni caso dovrebbero ispirare l'operato di chiunque.
Né posso pensare, come qualcuno sostiene, che la volontà di sottrarsi, seppur in termini volontari, a procedure di evidenza pubblica possa scaturire dall'intento di tutelare gli operatori economici presenti sul territorio; il risultato sotto gli occhi di tutti infatti è una macroscopia perdita di efficienza della macchina della ricostruzione e dell'immagine di tutti gli operatori coinvolti in primis quelli operanti sul territorio.
Il legislatore seppur in ritardo (considerando che analoghe patologie sono rinvenibili nei precedenti eventi sismici delle Marche e dell'Umbria) con l'art. 7 comma 1 dell'O.P.C.M. n. 4013 del 23 marzo 2012 (Pubblicato nella G.U. 5 aprile 2012, n. 8) ha prescritto, ai fini dell'ammissione al contributo per la ricostruzione degli edifici danneggiati dal sisma, la presentazione di almeno cinque offerte di imprese e di tre progettisti inclusi nell'elenco stilato dal Commissario delegato, di cui fanno parte solo soggetti dotati dei requisiti di cui all'art. 38 d. lgs. n. 163/2006 e di affidabilità tecnica.
Questo è sicuramente un primo passo ma che, a parere dello scrivente, non risolve alla radice il problema; imporre infatti la produzione delle offerte senza l'indizione di una procedura di evidenza pubblica o almeno dei criteri preventivi per la selezione dell'operatore conferma l'ambiguità sottesa ai criteri di affidamento.
Chi scrive ha potuto constatare come siano state poste in essere procedure diametralmente opposte: da quelle in cui risultavano preventivamente stabiliti tutti i criteri e sub criteri secondo una prospettiva altamente oggettiva a quelle ove la selezione avviene sulla base di referenze fornite in maniera anche solo verbale. E' ovvio che tale ultima soluzione non può soddisfare in termini di trasparenza e correttezza operativa; né detta situazione può ritenersi gratificante per un imprenditore accorto che in un mercato competitivo e scevro da condizionamenti vede il proprio ideale ambito operativo.
Sotto il profilo dell'efficienza sovviene poi una ulteriore perplessità: l'affidamento delle attività con tali criteri non concorrenziali (ovvero senza applicazioni di ribasso e addirittura per quanto attiene i tecnici con una reviviscenza delle abrogate tariffe professionali…!!???) comporta inevitabilmente la perdita di significative economie. Economie è bene precisare che non vanno a favore degli ulteriori soggetti presenti in graduatoria né tanto meno a favore dell'esecutore prescelto; quest'ultimo infatti in forza della natura discrezionale dell'affidamento diventa sotto il profilo contrattuale il soggetto debole della contrattazione.
Ecco allora che eventuali tagli sul finanziamento non vanno ad incidere sul risultato finale del soggetto beneficiario, il quale sulla base di inopinati contratti stipulati a corpo impone all'operatore economico la realizzazione di interventi ed opere aggiuntive non ammissibili a finanziamento.
Con assoluta serenità e senza alcun tono polemico posso affermare che siano rarissimi i casi in cui i soggetti beneficiari assumano responsabilmente l'onere di effettuare in accollo gli interventi non ammessi a contributo.
In questa situazione il recente D.L. n. 78 del 19/06/2015 (che introduce per esempio l'incompatibilità ovvia della Direzione lavori per rapporti pregressi con l'impresa) altro non è che un goffo tentativo o meglio l'ammissione esplicita della debolezza del sistema normativo sul sisma.
Chi leggendo l'articolo ha avuto la bontà di non annoiarsi potrebbe pensare che l'autore voglia in ogni caso porsi a censore; non è così, anzi rassicuro che per propria forma mentis abiuro ogni forma di generica e incondizionata contestazione cercando sempre una possibile soluzione.
Ebbene una soluzione esiste e sarebbe facilmente attuabile risolvendo alla radice il problema: istituire per gli interventi privati una stazione unica appaltante. Così come in fase istruttoria esiste l'USRA ben si potrebbe demandare a detta stazione unica lo svolgimento delle gare sulla base dei progetti approvati e delle correlate disponibilità finanziarie stabilendo a monte criteri univoci di affidamento (tempi di esecuzione, impatto del cantiere sui luoghi contermini, migliorie in termini di sostenibilità sui materiali ecc..).
L'operatore economico ben potrebbe partecipare ad una tornata di gara su più interventi e ove provvisoriamente aggiudicatario scegliere i lotti nei limiti delle proprie qualificazioni tecniche.
© Riproduzione riservata
Anticipando le conclusioni del proprio pensiero non ritengo che sia la burocrazia ad incidere in maniera determinante sulle gravi patologie che connotano il sistema di intervento post terremoto. Premetto, senza ipocrisia di sorta, che il pensiero debba andare sempre e prioritariamente agli oltre 300 morti del terremoto aquilano; tuttavia l'esperienza acquisita sul campo, anche quale Commissario ad acta per conto del TAR Abruzzo, mi porta ad affermare che l'impianto delle norme che sorregge gli interventi post sisma risulti gravemente deficitario.
Le considerazioni che seguono sono limitate in questa sede alle conseguenze negative legate ai criteri di discrezionalità legittimate dalla norma in fase di affidamento, rinviando a successive ed amare riflessioni altre circostanze quali, ad esempio, l'acquisto di abitazioni equivalenti….
Ogni successiva considerazione prende spunto dalla natura dell'"emolumento" erogato dallo Stato per il sostentamento delle popolazioni colpite dal sisma del 2009 tenendo conto che i termini "indennizzo" e "contributo" non sono fungibili ma sottendono dinamiche distinte.
In linea generale l'erogazione di un contributo presuppone che l'Ente erogante verifichi non solo le condizioni di ammissibilità, ma anche le performance del beneficiario; al contrario per la sovvenzione quest'ultimo controllo sulla performance non è richiesto cosicché, una volta accertato il possesso in capo al candidato dei requisiti occorrenti per l'ammissione al beneficio non sarà necessario più alcun controllo da parte dell'ente erogante.
Sul punto la stessa Commissione europea ha inquadrato il contributo di cui all'art. 3 DL n. 39/2009 recante "Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile", nell'alveo della categoria degli "aiuti di stato" a prescindere dall'importo e con carattere esclusivamente risarcitorio. E' bene chiarire come tale riconducibilità incide inevitabilmente sulla natura giuridica della erogazione ed in particolare ne connoti la valenza prettamente risarcitoria (e dunque una sovvenzione) e non quella di contributo.
Sulla questione è parimenti illuminate quanto contenuto nel dossier n. 227 del Servizio Studi del Senato della Repubblica che così precisa "i contratti stipulati dai soggetti beneficiari dei contributi pubblici alla ricostruzione, riparazione o acquisto di immobili non sono assoggettati alle procedure di evidenza pubblica, in quanto il suddetto contributo è concesso a titolo di indennizzo per il ristoro, totale o parziale, dei danni causati dal sisma...". Ed anche che "Tali benefici, come chiarito dall'articolo 3-ter del decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125, di interpretazione autentica delle norme qui sopra richiamate, sono concessi a titolo di indennizzo per il ristoro, in tutto o in parte, dei danni causati dal sisma ad edifici di proprietà privata. Conseguentemente i contratti stipulati dai beneficiari per la esecuzione di lavori e per l'acquisizione di beni e servizi connessi non si intendono ricompresi tra quelli previsti dall'articolo 32, comma 1, lettere d) ed e), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163). Tale articolo 3-ter del decreto-legge n. 125 del 2010 è volto a semplificare ed accelerare l'iter per l'assegnazione e l'appalto di lavori per la ricostruzione degli immobili adibiti ad abitazione principale e non e di quelli condominiali danneggiati, distrutti o dichiarati inagibili".
Sulla natura indennitaria del contributo non possono quindi sussistere dubbi e quindi deve darsi atto dell'impossibilità di imporre coattivamente l'applicazione dell'art. 32 del Codice dei Contratti con tutte le conseguenze del caso anche e soprattutto in termini di evidenza pubblica per l'affidamento dei lavori e delle progettazioni.
Tuttavia la discrezionalità che ne consegue nella selezione dell'operatore ben può portare, come facilmente immaginabile anche da un lettore non tecnico, a possibili degenerazioni il tutto a scapito di quei principi di correttezza, trasparenza ed efficienza che in ogni caso dovrebbero ispirare l'operato di chiunque.
Né posso pensare, come qualcuno sostiene, che la volontà di sottrarsi, seppur in termini volontari, a procedure di evidenza pubblica possa scaturire dall'intento di tutelare gli operatori economici presenti sul territorio; il risultato sotto gli occhi di tutti infatti è una macroscopia perdita di efficienza della macchina della ricostruzione e dell'immagine di tutti gli operatori coinvolti in primis quelli operanti sul territorio.
Il legislatore seppur in ritardo (considerando che analoghe patologie sono rinvenibili nei precedenti eventi sismici delle Marche e dell'Umbria) con l'art. 7 comma 1 dell'O.P.C.M. n. 4013 del 23 marzo 2012 (Pubblicato nella G.U. 5 aprile 2012, n. 8) ha prescritto, ai fini dell'ammissione al contributo per la ricostruzione degli edifici danneggiati dal sisma, la presentazione di almeno cinque offerte di imprese e di tre progettisti inclusi nell'elenco stilato dal Commissario delegato, di cui fanno parte solo soggetti dotati dei requisiti di cui all'art. 38 d. lgs. n. 163/2006 e di affidabilità tecnica.
Questo è sicuramente un primo passo ma che, a parere dello scrivente, non risolve alla radice il problema; imporre infatti la produzione delle offerte senza l'indizione di una procedura di evidenza pubblica o almeno dei criteri preventivi per la selezione dell'operatore conferma l'ambiguità sottesa ai criteri di affidamento.
Chi scrive ha potuto constatare come siano state poste in essere procedure diametralmente opposte: da quelle in cui risultavano preventivamente stabiliti tutti i criteri e sub criteri secondo una prospettiva altamente oggettiva a quelle ove la selezione avviene sulla base di referenze fornite in maniera anche solo verbale. E' ovvio che tale ultima soluzione non può soddisfare in termini di trasparenza e correttezza operativa; né detta situazione può ritenersi gratificante per un imprenditore accorto che in un mercato competitivo e scevro da condizionamenti vede il proprio ideale ambito operativo.
Sotto il profilo dell'efficienza sovviene poi una ulteriore perplessità: l'affidamento delle attività con tali criteri non concorrenziali (ovvero senza applicazioni di ribasso e addirittura per quanto attiene i tecnici con una reviviscenza delle abrogate tariffe professionali…!!???) comporta inevitabilmente la perdita di significative economie. Economie è bene precisare che non vanno a favore degli ulteriori soggetti presenti in graduatoria né tanto meno a favore dell'esecutore prescelto; quest'ultimo infatti in forza della natura discrezionale dell'affidamento diventa sotto il profilo contrattuale il soggetto debole della contrattazione.
Ecco allora che eventuali tagli sul finanziamento non vanno ad incidere sul risultato finale del soggetto beneficiario, il quale sulla base di inopinati contratti stipulati a corpo impone all'operatore economico la realizzazione di interventi ed opere aggiuntive non ammissibili a finanziamento.
Con assoluta serenità e senza alcun tono polemico posso affermare che siano rarissimi i casi in cui i soggetti beneficiari assumano responsabilmente l'onere di effettuare in accollo gli interventi non ammessi a contributo.
In questa situazione il recente D.L. n. 78 del 19/06/2015 (che introduce per esempio l'incompatibilità ovvia della Direzione lavori per rapporti pregressi con l'impresa) altro non è che un goffo tentativo o meglio l'ammissione esplicita della debolezza del sistema normativo sul sisma.
Chi leggendo l'articolo ha avuto la bontà di non annoiarsi potrebbe pensare che l'autore voglia in ogni caso porsi a censore; non è così, anzi rassicuro che per propria forma mentis abiuro ogni forma di generica e incondizionata contestazione cercando sempre una possibile soluzione.
Ebbene una soluzione esiste e sarebbe facilmente attuabile risolvendo alla radice il problema: istituire per gli interventi privati una stazione unica appaltante. Così come in fase istruttoria esiste l'USRA ben si potrebbe demandare a detta stazione unica lo svolgimento delle gare sulla base dei progetti approvati e delle correlate disponibilità finanziarie stabilendo a monte criteri univoci di affidamento (tempi di esecuzione, impatto del cantiere sui luoghi contermini, migliorie in termini di sostenibilità sui materiali ecc..).
L'operatore economico ben potrebbe partecipare ad una tornata di gara su più interventi e ove provvisoriamente aggiudicatario scegliere i lotti nei limiti delle proprie qualificazioni tecniche.
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