REVOCA DELLA CONCESSIONE EDILIZIA
10/05/2006
La Corte di cassazione con sentenza n. 9244 del 7 aprile 2006
interviene sul tema della risarcibilità del danno lamentato da una
società che, titolare di una licenza edilizia per la realizzazione
di un complesso turistico in area interessata da vincolo
paesaggistico, si era vista revocare la stessa, ed aveva poi
ottenuto l'annullamento della revoca da parte del giudice
amministrativo.
La licenza era stata revocata dal Sindaco, quando si era avuto notizia che il progetto che la presupponeva non era stato accettato dalla Soprintendenza, che dunque non aveva rilasciato il nullaosta paesaggistico.
Sulla base delle indicazioni della Soprintendenza, tuttavia, la società aveva presentato un nuovo progetto, superando questa volta la verifica da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.
Rigettando il ricorso per cassazione della società, che sull'illegittimità della revoca del titolo abilitativo alla costruzione fondava la pretesa di danni (costi per l'esecuzione parziale dell'opera, e mancato guadagno per l'impossibilità di esercizio dell'attività economica), la Corte ha osservato che l'attività costruttiva in zona vincolata presuppone la coincidenza di entrambi i titoli, edilizio e paesaggistico, sullo stesso progetto, e che l'illegittimità della revoca del primo è solo una delle componenti del danno ingiusto che vanno verificati alla luce dell'art. 2043 c.c.
Di fatto, nessuna utilità aveva comportato il ripristino del titolo, pur illegittimamente revocato dal Sindaco.
L'impossibilità di porre in esecuzione l'iniziativa concepita dal proprietario, per la trasformazione edilizia finalizzata a rendere possibile l'esercizio di un'impresa commerciale di tipo turistico-ricreativo, non era riconducibile al provvedimento di revoca della licenza edilizia, ma all'oggettiva mancanza dell'unico titolo edilizio abilitante all'attuazione del programma, che non poteva che essere quello (non ancora ottenuto) abilitante all'esecuzione del progetto condiviso dalla Soprintendenza.
Ma la licenza comunale si riferiva al vecchio progetto
© Riproduzione riservata
La licenza era stata revocata dal Sindaco, quando si era avuto notizia che il progetto che la presupponeva non era stato accettato dalla Soprintendenza, che dunque non aveva rilasciato il nullaosta paesaggistico.
Sulla base delle indicazioni della Soprintendenza, tuttavia, la società aveva presentato un nuovo progetto, superando questa volta la verifica da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.
Rigettando il ricorso per cassazione della società, che sull'illegittimità della revoca del titolo abilitativo alla costruzione fondava la pretesa di danni (costi per l'esecuzione parziale dell'opera, e mancato guadagno per l'impossibilità di esercizio dell'attività economica), la Corte ha osservato che l'attività costruttiva in zona vincolata presuppone la coincidenza di entrambi i titoli, edilizio e paesaggistico, sullo stesso progetto, e che l'illegittimità della revoca del primo è solo una delle componenti del danno ingiusto che vanno verificati alla luce dell'art. 2043 c.c.
Di fatto, nessuna utilità aveva comportato il ripristino del titolo, pur illegittimamente revocato dal Sindaco.
L'impossibilità di porre in esecuzione l'iniziativa concepita dal proprietario, per la trasformazione edilizia finalizzata a rendere possibile l'esercizio di un'impresa commerciale di tipo turistico-ricreativo, non era riconducibile al provvedimento di revoca della licenza edilizia, ma all'oggettiva mancanza dell'unico titolo edilizio abilitante all'attuazione del programma, che non poteva che essere quello (non ancora ottenuto) abilitante all'esecuzione del progetto condiviso dalla Soprintendenza.
Ma la licenza comunale si riferiva al vecchio progetto
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