Ricostruzione post-sisma Centro Italia: Iter burocratici troppo lunghi
06/12/2018
Nonostante i molti sforzi effettuati e le risorse finanziarie stanziate per i territori dell’Italia Centrale colpiti dal sisma del 2016, la strada per la ricostruzione di case ed edifici pubblici danneggiati appare ancora lunga. I tempi medi per la presentazione e la gestione delle pratiche risultano particolarmente lunghi: nove mesi per le pratiche di delocalizzazione, addirittura un anno per le pratiche di ricostruzione degli edifici privati! Così, a due anni dall’avvio delle attività del Commissario Straordinario per la Ricostruzione e dagli interventi di ricognizione dei danni coordinati dal Dipartimento per la protezione civile ed il numero cantieri aperti risulta piuttosto esiguo. Tuttavia, la situazione su dove e come intervenire per velocizzare i tempi della ricostruzione è sufficientemente chiara e molti ritardi possono essere recuperati.
Nell’ultima dettagliata Relazione del Commissario Straordinario per la Ricostruzione, ad ottobre 2018, la stima complessiva degli edifici danneggiati dalle scosse del 2016 è di quasi 76.000, dei quali poco più di 42.000 nelle Marche. Gli Uffici Speciali per la Ricostruzione (USR), che operano nelle 4 regioni dell’Italia Centrale, ad oggi identificano la presenza di oltre 59.652 edifici privati con danni lievi o gravi. Si tratta di un dato parziale, destinato ad aumentare quando tutte le schede AEDES per la ricognizione esatta dei danni saranno completate. Attualmente risultano 66.575 schede con esito definito, ma si è in attesa ancora di circa 12.000 schede da completare.
E’ questo il dato di partenza di uno studio effettuato dalla Rete delle Professioni Tecniche, coordinato dal Centro Studi CNI per fare il punto sullo stato della ricostruzione. Il rapporto è stato presentato venerdì 1 dicembre a Camerino (MC), alla presenza del Commissario Straordinario per la Ricostruzione Farabollini, ai rappresentanti degli USR e dei professionisti impegnati nella progettazione per la ricostruzione.
Sulla base dei dati pervenuti dagli USR, risulta che le pratiche per la Richiesta di Contributo per la Ricostruzione (RCR) rappresentano l’11% degli edifici privati per i quali è noto uno stato di danneggiamento grave o lieve. Le domande per le richieste di contributo fino ad oggi pervenute agli USR si avvicinano a 6.500, delle quali tuttavia risultano esaminate e con esito finale (rigetto o decreto di concessione del contributo) poco meno del 26%.
“Attraverso il confronto tra le parti coinvolte nel processo di ricostruzione - afferma Armando Zambrano, Coordinatore della RPT - dobbiamo capire perché nonostante il consistente lavoro svolto soprattutto dagli USR il processo di ricostruzione marcia a ritmi lenti o comunque non del tutto adeguati ad una situazione che è di evidente emergenza. Dobbiamo cercare di capire perché ad oggi persiste un distacco così marcato tra il numero elevato di edifici danneggiati ed un numero ancora troppo basso di RCR e soprattutto occorre capire se sia possibile accelerare, in modo consistente, le procedure di esame delle domande. Il 26% delle pratiche concluse rispetto a quelle in essere mi sembra un livello piuttosto contenuto, specie se, come è facile immaginare, a breve il numero di domande potrebbe aumentare in modo consistente. Ricordo che noi oggi abbiamo circa 6.500 richieste di contributo a fronte di una potenziale richiesta per 59.000 edifici danneggiati. E tale cifra è molto prudente. La situazione può cambiare solo se, ripercorrendo norme e procedure legate al riconoscimento ed alla liquidazione del danno riusciamo ad individuare criticità o colli di bottiglia che, con uno sforzo aggiuntivo a quanto indubbiamente è stato fatto fino ad oggi, possiamo rimuovere”.
Lo studio della Rete delle Professioni Tecniche e del Centro Studi CNI evidenza come i cantieri aperti per opere di ricostruzione e risistemazione siano poco più di 1500 a cui a breve dovrebbe aggiungersi l’avvio di poco meno di 100 cantieri. In sostanza solo un quarto delle pratiche attualmente presso gli USR si sono trasformate in un cantiere per la ricostruzione di edifici privati.
La RPT, oltre ad avere effettuato una prima ricognizione sullo stato dell’arte presso gli USR e attraverso i dati prodotti dal Commissario Straordinario per la Ricostruzione, ha effettuato un’indagine presso i professionisti tecnici abilitati alla presentazione delle Richieste di Contributo per la Ricostruzione. Emergono alcuni aspetti interessanti che possono aiutare a capire dove intervenire.
La larga maggioranza del campione ha indicato di avere notevoli difficoltà nell’utilizzo e nel caricamento dei documenti per avviare la pratica RCR sulla piattaforma MUDE (Modello Unico Digitale per l’Edilizia). L’85% degli intervistati considera il Mude come un aspetto critico di tutto il processo. Scendendo ad un maggiore livello di dettaglio, il 47% ritiene inefficace la modalità di immagazzinamento dei dati sulla piattaforma ed il 46% lamenta una interfaccia della piattaforma poco intuitiva. Dall’indagine risulta, inoltre, che i tempi medi impiegati dal professionista per il caricamento sul Mude della consistente mole di documenti e certificati richiesti è di 20 giorni, un lasso temporale francamente inconciliabile sia con la digitalizzazione dei processi promessi dalla PA che, soprattutto, con la situazione di emergenza in atto.
Lo studio, infine, richiama l’attenzione sull’opportunità di potenziare le strutture dei singoli Uffici Speciali per la Ricostruzione cercando, ove possibile, di evitare ridondanze nello svolgimento dell’intero processo di esame della RCR. Per quasi la metà delle pratiche già presentate i professionisti hanno indicato di avere ricevuto dagli USR richieste informali di integrazioni al progetto, successivamente alla richiesta formale di integrazioni che ciascun USR ha il diritto di chiedere. Circa il 40% delle integrazioni, con un po’ di sforzo, potrebbero non essere richieste perché considerate dai professionisti ridondanti o comunque deducibili dai documenti di progettazione presentati. Infine, un punto su cui occorrerebbe apportare dei miglioramenti, riguarda l’analisi, per la conseguente approvazione da parte dell’USR, del computo metrico estimativo per il quale i professionisti lamentano richieste di specifiche, giustificazioni e spiegazioni dei quali si potrebbe fare a meno perché marginali rispetto al computo complessivo. Quella legata alle verifiche e approfondimenti richiesti sul computo estimativo è un aspetto che, in molti casi, allunga i tempi di espletamento delle pratiche. I professionisti sono certamente disposti a lavorare al fianco degli USR per individuare e concordare delle pratiche che possano velocizzare il lavoro dei singoli Uffici per la ricostruzione.
Di tutti questi aspetti si è dibattuto, con uno spirito propositivo, a Camerino (MC), presso il Centro Benedetto XIII, nel corso del convegno “A due anni dal Sisma del Centro Italia. Il Punto delle Professioni Tecniche”, alla presenza del Coordinatore della Rete Professioni Tecniche, Armando Zambrano, dei rappresentanti nazionali della RPT (Walter Baricchi, Consiglio Nazionale Architetti; Ezio Piantedosi, Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati; Giampiero Giovannetti, Consiglio Nazionale Periti Industriali e Periti industriali Laureati; Francesco Violo, Consiglio Nazionale dei Geologi; Stefano Villarini, Consiglio Nazionale dei dottori Agronomi e dottori Forestali; Marco Orsini, Consiglio Nazionale Periti Agrari e Periti Agrari Laureati; Mauro Bocciarelli, Federazione Nazionale Chimici e Fisici; Stefano Villarini), dei Direttori degli USR di Marche e Umbria (Alfiero Moretti e Cesare Spuri), del Commissario Straordinario per la ricostruzione post sisma 2016-2017 Piero Farabollini e delle rappresentanze territoriali della Rete Professioni Tecniche.
“Purtroppo - ha commentato il Segretario del Consiglio Nazionale dei Periti industriali e dei Periti industriali laureati, Giampiero Giovannetti - la burocrazia uccide di più e più a lungo del terremoto. In questi luoghi se non si riuscirà a far presto la ricostruzione, si rischia lo spopolamento e quindi la morte sociale di intere comunità. E purtroppo i dati che sono stati raccolti sia dalle USR che quelli forniti dai professionisti, non incoraggiano da questo punto di vista”.
Infine, Stefano Villarini (Conaf): “Assistiamo a qualcosa di già visto e vissuto: mancanza di una seria concertazione con i professionisti, redazione di norme su norme non coordinate tra di loro, gravi difficoltà interpretative tecniche, strutture pubbliche al limite del funzionamento, ed addirittura difficoltà della piattaforma informatica che dovrebbe velocizzare il tutto ma che invece diventa una inammissibile criticità. La numerosa e compatta presenza dei professionisti dimostra che siamo attenti e vigili, pronti a svolgere il lavoro di consulenti per la collettività, ridando dignità alle comunità e nuovi stimoli ai territori. I professionisti uniti, sia pure le diverse competenze, sapranno svolgere appieno questo servizio”.
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