Ricostruzione post terremoto: pesanti ritardi nel privato e nel pubblico
06/11/2019
Ad oltre tre anni dal primo sisma che ha devastato il Centro Italia, la ricostruzione stenta a decollare. A fronte di 80.000 domande attese per la ricostruzione privata, al 31 maggio 2019 solo il 12% degli aventi diritto ha presentato domanda di contributo e di queste il 65% è ancora in fase istruttoria. Ritardi che si registrano anche per la ricostruzione pubblica, per la quale sono stati programmati circa 2.300 interventi per quasi 2,2 miliardi di euro ma che a fine maggio scorso risultano erogati solo 41 milioni di euro per l’avvio della fase di progettazione.
Lo ha evidenziato l'Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) in audizione il 4 novembre 2019 presso la Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera dei Deputati, nell’ambito dell’esame, in prima lettura, in sede referente del disegno di legge di conversione del Decreto-Legge 24 ottobre 2019, n. 123 recante "Disposizioni urgenti per l’accelerazione e il completamento delle ricostruzioni in corso nei territori colpiti da eventi sismici".
La delegazione ANCE, guidata dal Vice Presidente del Centro Studi Ing. Rodolfo Girardi, dopo aver evidenziato i pesanti ritardi, ha proposto l'avvio di quella che è stata definita "fase 2", ovvero della ricostruzione materiale che, a detta dei costruttori (ma anche di tutto il settore professionale), ha stentato a cominciare a causa dell'eccessiva complessità delle procedure, racchiusa in 86 ordinanze commissariali e alle loro modifiche che hanno generato incertezze e un allungamento dei tempi dovuto alla necessità di un costante aggiornamento delle procedure. A ciò si aggiungano, per le domande presentate, i tempi lunghissimi per la gestione delle istruttorie da parte degli Uffici Speciali per la Ricostruzione (USR), penalizzati finora da un organico carente e non stabile.
In merito al D.L. n. 123/2019 e alla sua conversione in legge, l'ANCE, pur evidenziando qualche limite, ha espresso apprezzamento per le novità introdotte a testimonianza della volontà concreta del Governo di imprimere un’accelerazione al processo di ricostruzione attraverso uno snellimento reale delle procedure. In particolare, ha evidenziato come l’efficacia della norma prevista all’articolo 3 - che consente all'Ufficio speciale per la ricostruzione di adottare il provvedimento di concessione del contributo sulla base della sola certificazione redatta dal professionista - sia strettamente legata all’assunzione da parte del professionista stesso di oneri e verifiche che, di norma, competono all’amministrazione, oltre che di responsabilità connesse al riconoscimento di un contributo pubblico. Inoltre, la procedura introdotta con la norma in esame sembra prevalentemente orientata ad accelerare l’adozione del provvedimento di concessione del contributo, in deroga alla disciplina ordinaria, lasciando invariata la fase relativa al rilascio del titolo edilizio.
In tal senso, secondo ANCE occorre chiarire se:
- la nuova procedura sia alternativa rispetto a quella ordinaria (art. 12 DL 189/2016) e se la stessa sia automatica o rimessa alla scelta del soggetto richiedente;
- la procedura di autocertificazione da parte del professionista sia finalizzata solo al riconoscimento del provvedimento di concessione del contributo o anche per la fase istruttoria per il rilascio del relativo titolo edilizio.
"In ogni caso - afferma ANCE - è necessario evitare il rischio che la norma rimanga di fatto inattuata analogamente a quanto sembra stia avvenendo con la disposizione introdotta con il Decreto Legge “Sblocca cantieri” (DL 32/2019), che ha attribuito ai comuni la possibilità di curare le istruttorie relative agli edifici con danni lievi o gravissimi".
Il Vicepresidente ha espresso, poi, una valutazione positiva sulle misure introdotte per la gestione delle macerie, in quanto finalizzate ad incentivare e favorire, nella logica dell’economia circolare, il recupero dei rifiuti derivanti dagli eventi sismici. Tuttavia, per dare maggiore efficacia a tale previsione normativa occorre, contemporaneamente, accelerare anche il processo di ricostruzione. Il rischio, in caso contrario, è quello di avere grandi quantitativi di rifiuti “trattati”, pronti ad essere reimpiegati, che però di fatto non possono essere riutilizzati.
Sempre nella logica di favorire il recupero di tali rifiuti, ha evidenziato la necessità di adeguare i valori limite dei solfati, fissati dal decreto ministeriale del 5 febbraio 1998, che già nella comune esperienza hanno evidenziato particolari criticità e problematiche applicative.
Con riferimento alle misure per la ricostruzione pubblica, ANCE ha condiviso la scelta di dare priorità alla ricostruzione degli edifici scolastici, che rappresentano un servizio primario necessario per evitare lo spopolamento dei territori. Non è, invece, condivisibile la previsione che non permette, in alcun caso, di mutare la destinazione urbanistica dell’area dove è sito l’edificio scolastico danneggiato anche qualora, per impedimenti oggettivi, si optasse per la ricostruzione in altro sito. Tale scelta potrebbe comportare di fatto l’impossibilità di destinare l’area e il nuovo edificio ad usi più idonei e compatibili con le necessità della collettività. Tale previsione andrebbe quindi eliminata.
In allegato il documento lasciato in audizione alla Camera.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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