Riforma fiscale: Ance, tre gli obiettivi strategici per le costruzioni

10/11/2011

Si è svolta l’8 novembre u.s. l’audizione dell’Ance presso la Commissione Finanze del Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva volta a definire un quadro del sistema tributario nella prospettiva di una riforma complessiva.

Il Presidente, Ing. Paolo Buzzetti, che ha guidato la delegazione associativa unitamente al geom. Giuliano Campana, Vice Presidente del settore economico-fiscale-tributario, ha, in primo luogo, evidenziato che, per il settore delle costruzioni, la forte crisi perdurerà almeno sino a tutto il 2012, se non verranno introdotte misure che possano produrre effetti immediati sulla produzione. Ciò opera in tutti i comparti produttivi: dall’edilizia privata (con una perdita dei volumi di investimento, pari al 38,9% nel comparto delle nuove abitazioni ed al 22,2% in quello dell’edilizia non residenziale) ai lavori pubblici, dove la flessione si attesta nel quinquennio al 33,9%, ma che arriva al 39,5% se si considera un orizzonte temporale più esteso (2004-2012).

Con riferimento alla ventilata ipotesi di “defiscalizzare” le imprese che investono il proprio capitale nella realizzazione di infrastrutture (sgravi IRES e IRAP per i soggetti che partecipano al capitale per la realizzazione di opere pubbliche), ha rilevato che pur essendo positiva, tale misura non è sufficiente ad attrarre capitali privati nel settore se non accompagnata anche da un contributo pubblico da finanziare, eventualmente, o con i fondi già stanziati dal Tesoro o con il gettito dell’IVA generato dalla realizzazione dell’opera. Inoltre, tale strumento dovrebbe essere utilizzato per la realizzazione di tutte le opere d’interesse collettivo e non solo di “selezionate” infrastrutture strategiche.

Più in generale, ha sottolineato la necessità che vengano adottate riforme strutturali e, tra queste, la riforma tributaria, volta a razionalizzare il prelievo riducendo complessivamente l’incidenza fiscale sul reddito d’impresa e su quello di lavoro dipendente. Al riguardo, ha, inoltre, evidenziato la ferma contrarietà rispetto a qualsiasi ipotesi di aumento indiscriminato delle aliquote IVA ridotte (4% e 10%) e al taglio lineare delle agevolazioni fiscali, occorrendo, invece, preservare i beni diretti a soddisfare i bisogni primari del cittadino: in primis la casa.

In conclusione, il Presidente ha illustrato tre obiettivi strategici per il settore delle costruzioni che auspica possano trovare accoglimento all’interno della riforma tributaria:
  • introduzione del principio di “neutralità fiscale” nelle fasi intermedie dell’attività edile, attraverso la riduzione dell’incidenza fiscale nella fase di produzione e in presenza di invenduto;
  • riordino delle agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie e riqualificazione energetica ed estensione della “cedolare secca” alle imprese;
  • revisione delle misure introdotte con il “fisco federale”, per eliminare le distorsioni e le sperequazioni che colpiranno gli immobili delle imprese.

Il geom. Giuliano Campana, intervenuto a sua volta, ha svolto una breve riflessione sulle linee guida contenute nel Disegno di Legge Delega sulla “Riforma Fiscale” (DDL 4566/C), in discussione alla Camera dei Deputati e oggetto di una specifica audizione dell’Associazione svolta in quella sede (si veda la notizia su “Interventi ANCE” del 21 settembre 2011). Al riguardo, dopo aver espresso il proprio apprezzamento sull’iniziativa legislativa che ha tra gli obiettivi prioritari la semplificazione del sistema tributario e la tutela dell’affidamento del contribuente, ha proposto formalmente delle integrazioni ai principi generali, fondati in sintesi su tre aspetti:
  • la tutela giuridica del “bene casa”, che all’interno del quadro generale della riforma dell’IRPEF deve essere inserita tra gli aspetti sociali da tutelare, al pari della “natalità, lavoro, giovani”;
  • la necessità di garantire la “neutralità dell’IVA”, che, nel rispetto del principio di progressiva “riduzione delle forme di indetraibilita”’, deve puntare ad eliminare tutte quelle “eccezioni” che trasformano l’IVA in un vero e proprio costo, come accade oggi per le cessioni e le locazioni immobiliari;
  • le “linee guida” per la nuova “imposta sui servizi”, che deve essere improntata al rispetto dei principi di “alternatività con l’IVA, equiparazione tra IVA e Registro e tutela di regimi agevolativi, finalizzati alla realizzazione di operazioni complesse”.

Con riferimento alle fonti di finanziamento della riforma fiscale, ha escluso la possibilità che ciò avvenga con l’aumento delle aliquote IVA e con il taglio lineare di tutte le agevolazioni attualmente vigenti, specie se riferite alla casa mentre si potrebbe incidere sulle aliquote dell’Imposta di Registro, equiparando così il prelievo fiscale sulle operazioni immobiliari nonché utilizzare il maggior gettito derivante dalla lotta all’evasione fiscale (+24,5 miliardi nel 2010). Ha, inoltre, evidenziato la disponibilità anche a valutare la possibilità di introdurre una patrimoniale sui grandi patrimoni mobiliari e immobiliari, ma alla condizione che tale misura sia accompagnata da una riduzione del prelievo sulle imprese che investono e creano posti di lavoro.

Ha, altresì, chiarito che la riforma tributaria è la sede più opportuna per riconoscere la “specificità fiscale” del settore delle costruzioni. Non si tratta di introdurre agevolazioni tributarie ma di eliminare le distorsioni provocate dal complesso e stratificato sistema fiscale che, già oggi, deprime l’attività produttiva immobiliare e che, dal 2013, verrà ancor più esasperato dall’anticipata entrata in vigore del “federalismo fiscale comunale”.

Il Vicepresidente si è, poi, soffermato sulla riforma dei singoli tributi IVA, IMU ed Imposta sui servizi.

Riguardo all’IVA, ha evidenziato la necessità di eliminare le gravi distorsioni che attualmente vengono generate dalla disciplina IVA delle cessioni e locazioni di abitazioni, che trasforma la stessa, da imposta neutra, ad un vero e proprio costo industriale. A tal fine, ha proposto di assoggettare ad IVA, con il meccanismo dell”’opzione”, anche le cessioni effettuate dopo cinque anni dall’ultimazione dei lavori di costruzione (e non solo quelle entro cinque anni), sia le locazioni poste in essere dalle imprese edili.

Ha, inoltre, espresso preoccupazioni sulla “revisione graduale delle attuali aliquote”, prevista dal disegno di legge delega e già in parte anticipata dalla “Manovra d’agosto”, con l’aumento dell’aliquota ordinaria, dal 20% al 21%, per il pericolo che ciò possa tramutarsi in un’indiscriminata eliminazione delle attuali aliquote ridotte che non garantirebbe, in capo al consumatore finale, la progressività del prelievo ed il rispetto del principio della capacità contributiva, e potrebbe generare, tra l’altro, effetti inflazionistici considerevoli.

Per tali motivi, ha sottolineato la necessità di salvaguardare i beni diretti a soddisfare i bisogni primari del cittadino, la casa in primis, e quindi, di mantenere le attuali aliquote ridotte (10% e 4%). Il mantenimento delle suddette aliquote applicate alla costruzione, acquisto e manutenzione delle abitazioni, costituisce uno strumento politico necessario al fine di salvaguardare il diritto alla casa, quale “bene sociale”. Allo stesso modo, per quel che riguarda il settore delle opere pubbliche, che rappresentano beni d’interesse collettivo, un aumento dell’aliquota andrebbe ad incidere direttamente sulle finanze erariali, traducendosi, nella sostanza, solo in un maggior onere a carico degli Enti pubblici committenti.

Ha, poi, evidenziato che la revisione delle cd. “imposte d’atto” (registro, ipotecaria e catastale), dovrebbe rispettare due principi inderogabili:
  1. alternatività con l’IVA: si tratta di un principio che è venuto meno dal 2006 e che assicurava, per le operazioni che già scontavano l’IVA, l’applicazione delle cosiddette “imposte d’atto” (ossia le imposte ipotecaria e catastale) in misura fissa al fine di evitare la duplicazione di imposte sulla stessa operazione.
    Dal 2006, invece, la cessione di fabbricati strumentali (uffici, negozi, opifici, ecc.), da parte di imprese è assoggettata ad IVA con aliquota ordinaria del 21% ed alle imposte ipotecarie e catastali, non più in misura fissa, ma al 4% complessivo;
  2. facilitare fiscalmente la realizzazione dei programmi urbanistici: occorre stimolare processi virtuosi di rinnovamento del territorio, che contrastano il possesso improduttivo degli immobili, favorendo le imprese del settore nel reperimento della “materia prima” (aree e fabbricati su cui intervenire) e ciò neutralizzando il costo fiscale di tali acquisti (imposte fisse di registro, ipotecarie e catastali).

Il Vicepresidente si è, altresì, soffermato sui benefici fiscali (detrazioni del 36% e del 55%) di cui propone l’accorpamento in un’unica detrazione ad esclusivo beneficio dei privati, mantenendo il recupero decennale nonché sulla “cedolare secca” sugli affitti delle abitazioni che risponde alla duplice esigenza di sostenere l’offerta del mercato delle locazioni e far emergere l’economia sommersa in tale comparto. A tale ultimo riguardo, ha espresso la necessità di rafforzare tale misura, per potenziarne gli effetti positivi e ne ha ipotizzato l’estensione ai fabbricati concessi in locazione da imprese.

In conclusione, ha sottolineato la necessità che la riforma tributaria a livello statale si coordini con il nuovo sistema impositivo delineato dal decreto sul “federalismo fiscale comunale”, che rischia di incrementare il prelievo per le imprese, soprattutto con riferimento ai “beni merce”.

Al riguardo, ha rilevato l’opportunità di modificare la disciplina dell’Imposta Municipale Unica (cd. IMU), che verrà applicata sul possesso degli immobili in sostituzione dell’ICI, in quanto si tratta di un’imposta che rischia di diventare una vera e propria mannaia per le imprese, soprattutto di costruzioni, senza le opportune modifiche. Gli immobili d’impresa, infatti, saranno indiscriminatamente colpiti da un aumento del prelievo (aliquota media ICI pari al 6,4 per mille, rispetto al 7,6 per mille dell’IMU). Ha, quindi, evidenziato che l’IMU, così come l’attuale ICI, sui “beni merce” (costruiti per la vendita) appare del tutto illegittima, in quanto colpisce il bene prodotto ancor prima dell’immissione in consumo. Per equità, tali beni dovrebbero essere esclusi da imposizione, quantomeno per un congruo periodo di tempo dall’ultimazione dei lavori.

Anche con riferimento al nuovo tributo comunale Rifiuti e Servizi (cd. “RES”), che sostituirà la tassa (o la tariffa) sui rifiuti, e che sarà strutturata in due parti, una delle quali (cd. “RES Servizi” - riferita ai servizi indivisibili del Comune, quali sicurezza, illuminazione, etc.) dovuta con riferimento ai soli fabbricati residenziali, sulla base del valore catastale dell’immobile, ha rilevato come tale tributo rappresenta uno strumento in mano ai Comuni, che comporterà un probabile aumento dell’imposizione sulle abitazioni, in quanto si tratta di un’imposta basata sul valore catastale e non sulla sola superficie dell’immobile. Sembra, pertanto, trattarsi della reintroduzione “sotto mentite spoglie” dell’ICI sulla prima casa, che, se aggiunta alla ventilata ipotesi di aumento degli estimi catastali, rischia di determinare pesanti effetti negativi sul mercato.

Fonte: ANCE

© Riproduzione riservata