Riforma lavoro, Finte Partite Iva e Architetti: la norma resta nel disegno di legge
05/04/2012
Il ministro del Welfare Elsa Fornero ha presentato i
contenuti del disegno di legge sulla riforma del mercato del
lavoro e tra le novità in arrivo anche quella legata alle
finte partite Iva contenute nell'articolo 9 del disegno di
legge allegato alla presente notizia.
Nel ddl viene prevista un'ulteriore stretta sulle finte partite Iva riducendo a due (su tre) le condizioni di illegittimità. In particolare, viene stabilito che le prestazioni rese da una persona con partita Iva sono considerate rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, salvo prova contraria del committente, qualora ricorrano almeno due dei seguenti tre presupposti:
La "presunzione" contro le false partite Iva si applicherà con riferimento ai rapporti instaurati dopo l'entrata in vigore della riforma del lavoro mentre per i rapporti in corso alla predetta data, al fine di consentire gli opportuni adeguamenti, la presunzione di applicherà decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della riforma del lavoro.
In verità, crediamo che tale soluzione non abbia tenuto conto delle richieste del Consiglio nazionale degli Architetti P.P.C. che aveva prontamente risposto alle note inviate dai due movimenti Amate l'Architettura e Ivaseipartita, che nei giorni scorsi avevano contestato la lettera inviata dal CNAPPC al Governo con la quale veniva espresso il disappunto degli architetti italiani verso la norma di regolarizzazione delle finte partite IVA inserita nello schema del disegno di legge sulla riforma del lavoro che includeva al suo interno anche gli iscritti agli Albi professionali (leggi news).
Ricordiamo che il tasto dolente è rappresentato dall'inserimento nella Riforma del Lavoro di una norma che intenderebbe includere gli iscritti agli Albi tra coloro che, ove lavorassero per oltre sei mesi per il 75% per un medesimo cliente o utilizzandone le strutture e le attrezzature, dovrebbero essere assunti come dipendenti. Il CNAPPC ha nuovamente e con forza sostenuto che l'applicazione di questa norma creerebbe gravissimi danni all'intera categoria professionale, sia in termini di disoccupazione che di marginalizzazione dal mercato.
"Già ora sta crescendo - ha affermato il CNAPPC - la disoccupazione degli architetti: infatti, secondo i dati Cresme, in tre anni è più che raddoppiata, passando dal 7,4% del 2008 al 16% del 2010. La struttura media degli studi di architettura italiani - assai piccola, tra due e quattro addetti - riesce ancora a reggere perché si basa sulla cooperazione in team tra titolari e collaboratori con un approccio culturalmente assai distante dal rapporto datore di lavoro/dipendente. Ancora qualche dato: secondo Almalaurea 2011, ad un anno dalla laurea hanno un rapporto professionale "atipico", ma comunque contrattualizzato, il 46,8% dei giovani architetti; questo dato scende al 15% cinque anni dopo la laurea, perché la stragrande maggioranza ha a quel punto avviato una attività professionale stabile, oppure ha un contratto di lavoro subordinato. I rapporti non contrattualizzati ad un anno dalla laurea - fenomeno questo di grave malcostume - interessano il 14% dei laureati per scendere - fortunatamente - ad un fisiologico 2% dopo cinque anni".
"Tutto ciò - ricorda ancora il Consiglio Nazionale - in un quadro in cui a cinque anni dalla laurea 3 architetti su 4 sono professionisti autonomi e 1 su 4 dipendenti a tempo determinato". Il CNAPPC ha affermato che la Riforma del Lavoro colpirebbe l'intera categoria professionale quanto solo il 2% degli iscritti è vittima di trattamenti vessatori.
Il CNAPPC ricorda poi che "i numeri dimostrano che la grave crisi del settore colpisce duro non solo nei redditi ma anche nell'occupazione; dimostrano anche che i primi cinque anni post laurea sono principalmente dedicati - per sei architetti su dieci - ad acquisire quell'esperienza che li porta a diventare liberi professionisti o dipendenti con una occupazione stabile".
La nota del CNAPPC ha affermato che per risolvere il problema dei rapporti non contrattualizzati non è necessario stravolgere l'assetto della professione ma serve solo aumentare la vigilanza disciplinare sul fenomeno, invitando ad esempio i professionisti a segnalare situazioni vessatorie agli Ordini provinciali e creando le condizioni per rendere più facile creare strutture associate, cooperative e societarie.
"La risposta alla carenza di lavoro - conclude il CNAPPC - non può venire che da politiche di rilancio dell'architettura con progetti come RIUSO, favorendo l'accesso ai concorsi e rimuovendo gli ostacoli burocratici al processo edilizio purché consono alle norme. Viceversa un intervento che preveda una assunzione obbligatoria indurrebbe un forte aumento di architetti disoccupati, in particolare giovani e donne, già di per se stessi soggetti deboli".
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Nel ddl viene prevista un'ulteriore stretta sulle finte partite Iva riducendo a due (su tre) le condizioni di illegittimità. In particolare, viene stabilito che le prestazioni rese da una persona con partita Iva sono considerate rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, salvo prova contraria del committente, qualora ricorrano almeno due dei seguenti tre presupposti:
- collaborazione con durata complessivamente superiore a sei mesi nell'arco dell'anno solare;
- corrispettivo, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d'imputazione di interessi, costituente più del 75% dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell'arco dello stesso anno solare;
- collaboratore con postazione di lavoro presso una delle sedi del committente.
La "presunzione" contro le false partite Iva si applicherà con riferimento ai rapporti instaurati dopo l'entrata in vigore della riforma del lavoro mentre per i rapporti in corso alla predetta data, al fine di consentire gli opportuni adeguamenti, la presunzione di applicherà decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della riforma del lavoro.
In verità, crediamo che tale soluzione non abbia tenuto conto delle richieste del Consiglio nazionale degli Architetti P.P.C. che aveva prontamente risposto alle note inviate dai due movimenti Amate l'Architettura e Ivaseipartita, che nei giorni scorsi avevano contestato la lettera inviata dal CNAPPC al Governo con la quale veniva espresso il disappunto degli architetti italiani verso la norma di regolarizzazione delle finte partite IVA inserita nello schema del disegno di legge sulla riforma del lavoro che includeva al suo interno anche gli iscritti agli Albi professionali (leggi news).
Ricordiamo che il tasto dolente è rappresentato dall'inserimento nella Riforma del Lavoro di una norma che intenderebbe includere gli iscritti agli Albi tra coloro che, ove lavorassero per oltre sei mesi per il 75% per un medesimo cliente o utilizzandone le strutture e le attrezzature, dovrebbero essere assunti come dipendenti. Il CNAPPC ha nuovamente e con forza sostenuto che l'applicazione di questa norma creerebbe gravissimi danni all'intera categoria professionale, sia in termini di disoccupazione che di marginalizzazione dal mercato.
"Già ora sta crescendo - ha affermato il CNAPPC - la disoccupazione degli architetti: infatti, secondo i dati Cresme, in tre anni è più che raddoppiata, passando dal 7,4% del 2008 al 16% del 2010. La struttura media degli studi di architettura italiani - assai piccola, tra due e quattro addetti - riesce ancora a reggere perché si basa sulla cooperazione in team tra titolari e collaboratori con un approccio culturalmente assai distante dal rapporto datore di lavoro/dipendente. Ancora qualche dato: secondo Almalaurea 2011, ad un anno dalla laurea hanno un rapporto professionale "atipico", ma comunque contrattualizzato, il 46,8% dei giovani architetti; questo dato scende al 15% cinque anni dopo la laurea, perché la stragrande maggioranza ha a quel punto avviato una attività professionale stabile, oppure ha un contratto di lavoro subordinato. I rapporti non contrattualizzati ad un anno dalla laurea - fenomeno questo di grave malcostume - interessano il 14% dei laureati per scendere - fortunatamente - ad un fisiologico 2% dopo cinque anni".
"Tutto ciò - ricorda ancora il Consiglio Nazionale - in un quadro in cui a cinque anni dalla laurea 3 architetti su 4 sono professionisti autonomi e 1 su 4 dipendenti a tempo determinato". Il CNAPPC ha affermato che la Riforma del Lavoro colpirebbe l'intera categoria professionale quanto solo il 2% degli iscritti è vittima di trattamenti vessatori.
Il CNAPPC ricorda poi che "i numeri dimostrano che la grave crisi del settore colpisce duro non solo nei redditi ma anche nell'occupazione; dimostrano anche che i primi cinque anni post laurea sono principalmente dedicati - per sei architetti su dieci - ad acquisire quell'esperienza che li porta a diventare liberi professionisti o dipendenti con una occupazione stabile".
La nota del CNAPPC ha affermato che per risolvere il problema dei rapporti non contrattualizzati non è necessario stravolgere l'assetto della professione ma serve solo aumentare la vigilanza disciplinare sul fenomeno, invitando ad esempio i professionisti a segnalare situazioni vessatorie agli Ordini provinciali e creando le condizioni per rendere più facile creare strutture associate, cooperative e societarie.
"La risposta alla carenza di lavoro - conclude il CNAPPC - non può venire che da politiche di rilancio dell'architettura con progetti come RIUSO, favorendo l'accesso ai concorsi e rimuovendo gli ostacoli burocratici al processo edilizio purché consono alle norme. Viceversa un intervento che preveda una assunzione obbligatoria indurrebbe un forte aumento di architetti disoccupati, in particolare giovani e donne, già di per se stessi soggetti deboli".
A cura di Gabriele
Bivona
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