Riforma professioni: Italia in una posizione isolata dal resto dell'Europa ed esposta a gravi sanzioni
19/03/2010
Si è concluso ieri (18 marzo 2010) il ciclo di audizioni col quadro
europeo esposto dall'On.le Stefano Zappalà le cui
conclusioni hanno evidenziato come a causa del decreto
Prodi, che ha disatteso la direttiva europea 36/2005, oggi
l'Italia è in una posizione isolata dal resto dell'Europa ed è
esposta a gravi sanzioni.
"Con oggi si è conclusa l'indagine conoscitiva, disposta dal presidente Fini, nelle commissioni congiunte Giustizia ed Attività Produttive sulla riforma delle professioni, con la partecipazione dell'On.le Stefano Zappalà, relatore della direttiva europea 36/2005CE in merito al riconoscimento delle qualifiche professionali: dalle prossime sedute, le commissioni cominceranno a lavorare in sede referente". Questa le prime dichiarazioni dell'On.le Maria Grazia Siliquini, relatore in Commissione Giustizia del provvedimento di riforma delle Libere Professioni ed estensore del primo DDL depositato in questa legislatura in materia (AC503).
"L'audizione del relatore della direttiva europea - ha dichiarato la Siliquini - è stata illuminante: un prezioso contributo, poiché si è avuto modo di apprendere dalla viva voce del relatore le finalità del legislatore europeo, nonché l'interpretazione autentica degli articoli che fanno riferimento alle professioni intellettuali".
Durante il ciclo di audizioni l'On.le Zappalà ha ha precisato che la direttiva europea ha avuto il merito di armonizzare le precedenti direttive sulla circolazione, in Europa, dei professionisti, chiarendo che gli ambiti di applicazione della stessa sono solo ed esclusivamente le professioni regolamentate, e cioè le professioni il cui accesso, o esercizio o modalità di esercizio, sono subordinati direttamente o indirettamente - in forza di norme legislative regolamentari o amministrative - al possesso di determinate qualifiche professionali. La direttiva, quindi, riguarda solo le professioni che possono esercitare l'attività intellettuale a seguito di una autorizzazione rilasciata dall'autorità competente, e cioè una autorità od organismo delegato dallo Stato (Ordini Collegi) a rilasciare il titolo, e solo dopo che si è realizzata una formazione regolamentata, cioè un ciclo di studi completato con tirocinio professionale ed esame di stato.
"L'On. Zappalà - ha continuato Siliquini - ha altresì chiarito che in tutti i paesi dell'Unione Europea sussistono ordini o collegi, la cui iscrizione è obbligatoria per l'esercizio della professione, e a loro si rivolge specificatamente la direttiva; con l'art. 3 della stessa, agli ordini e collegi di Francia, Germania, Francia Italia etc, vengono assimilate, esclusivamente, le associazioni dell'Irlanda (5) del Regno Unito (38), in quanto associazioni private ma riconosciute dallo stato, secondo i principi del "common law", e nominalmente indicate nell'allegato n.1 della direttiva 36/2005. Pertanto, al di fuori dell'elenco nominativo allegato, non vi possono essere in Europa altre associazioni riconosciute".
In definitiva, la Siliquini ha sostenuto come l'On.le Zappalà abbia finalmente chiarito la distonia tra la direttiva europea 36/2005 e gli artt. 4 e 26 del decreto Prodi di recepimento, evidenziando l'equivoco esistente in Italia, disceso dalla precedente legislatura che ha dato vita ad una ipotesi di riconoscimento di associazioni diverse da quelle indicate nell'elenco, fatto che pone l'Italia al di fuori dall'Europa. L'Italia risulta, quindi, essere in una situazione anomala che potrebbe, in caso di ricorso alla Corte di Giustizia Europea, portare a pesanti sanzioni per aver disapplicato la direttiva.
"Un'altra utile precisazione che abbiamo oggi acquisito - ha concluso la Siliquini - è che dalla direttiva europea 36/2005 si ricava la netta distinzione tra la professione intellettuale-professione regolamentata e l'impresa, mettendo in evidenza che l'istituzione di albi o registri al di fuori di ordini e collegi, avviene in violazione del diritto comunitario e la stessa l'attività del CNEL nulla ha a che vedere con l'applicazione della direttiva. Infatti la direttiva, con l'art. 15, ha chiamato a partecipare alle piattaforme europee i rappresentati delle professioni regolamentate di tutti i paesi europei, e cioè ordini e collegi e - per il regno Unito e l'Irlanda - le 43 associazioni indicate espressamente nell'allegato 1 della direttiva: il decreto Prodi 206/2007 pertanto, prevedendo la partecipazione di ipotetiche associazioni italiane, ha violato la direttiva comunitaria rendendo il nostro paese passibile di sanzioni europee".
© Riproduzione riservata
"Con oggi si è conclusa l'indagine conoscitiva, disposta dal presidente Fini, nelle commissioni congiunte Giustizia ed Attività Produttive sulla riforma delle professioni, con la partecipazione dell'On.le Stefano Zappalà, relatore della direttiva europea 36/2005CE in merito al riconoscimento delle qualifiche professionali: dalle prossime sedute, le commissioni cominceranno a lavorare in sede referente". Questa le prime dichiarazioni dell'On.le Maria Grazia Siliquini, relatore in Commissione Giustizia del provvedimento di riforma delle Libere Professioni ed estensore del primo DDL depositato in questa legislatura in materia (AC503).
"L'audizione del relatore della direttiva europea - ha dichiarato la Siliquini - è stata illuminante: un prezioso contributo, poiché si è avuto modo di apprendere dalla viva voce del relatore le finalità del legislatore europeo, nonché l'interpretazione autentica degli articoli che fanno riferimento alle professioni intellettuali".
Durante il ciclo di audizioni l'On.le Zappalà ha ha precisato che la direttiva europea ha avuto il merito di armonizzare le precedenti direttive sulla circolazione, in Europa, dei professionisti, chiarendo che gli ambiti di applicazione della stessa sono solo ed esclusivamente le professioni regolamentate, e cioè le professioni il cui accesso, o esercizio o modalità di esercizio, sono subordinati direttamente o indirettamente - in forza di norme legislative regolamentari o amministrative - al possesso di determinate qualifiche professionali. La direttiva, quindi, riguarda solo le professioni che possono esercitare l'attività intellettuale a seguito di una autorizzazione rilasciata dall'autorità competente, e cioè una autorità od organismo delegato dallo Stato (Ordini Collegi) a rilasciare il titolo, e solo dopo che si è realizzata una formazione regolamentata, cioè un ciclo di studi completato con tirocinio professionale ed esame di stato.
"L'On. Zappalà - ha continuato Siliquini - ha altresì chiarito che in tutti i paesi dell'Unione Europea sussistono ordini o collegi, la cui iscrizione è obbligatoria per l'esercizio della professione, e a loro si rivolge specificatamente la direttiva; con l'art. 3 della stessa, agli ordini e collegi di Francia, Germania, Francia Italia etc, vengono assimilate, esclusivamente, le associazioni dell'Irlanda (5) del Regno Unito (38), in quanto associazioni private ma riconosciute dallo stato, secondo i principi del "common law", e nominalmente indicate nell'allegato n.1 della direttiva 36/2005. Pertanto, al di fuori dell'elenco nominativo allegato, non vi possono essere in Europa altre associazioni riconosciute".
In definitiva, la Siliquini ha sostenuto come l'On.le Zappalà abbia finalmente chiarito la distonia tra la direttiva europea 36/2005 e gli artt. 4 e 26 del decreto Prodi di recepimento, evidenziando l'equivoco esistente in Italia, disceso dalla precedente legislatura che ha dato vita ad una ipotesi di riconoscimento di associazioni diverse da quelle indicate nell'elenco, fatto che pone l'Italia al di fuori dall'Europa. L'Italia risulta, quindi, essere in una situazione anomala che potrebbe, in caso di ricorso alla Corte di Giustizia Europea, portare a pesanti sanzioni per aver disapplicato la direttiva.
"Un'altra utile precisazione che abbiamo oggi acquisito - ha concluso la Siliquini - è che dalla direttiva europea 36/2005 si ricava la netta distinzione tra la professione intellettuale-professione regolamentata e l'impresa, mettendo in evidenza che l'istituzione di albi o registri al di fuori di ordini e collegi, avviene in violazione del diritto comunitario e la stessa l'attività del CNEL nulla ha a che vedere con l'applicazione della direttiva. Infatti la direttiva, con l'art. 15, ha chiamato a partecipare alle piattaforme europee i rappresentati delle professioni regolamentate di tutti i paesi europei, e cioè ordini e collegi e - per il regno Unito e l'Irlanda - le 43 associazioni indicate espressamente nell'allegato 1 della direttiva: il decreto Prodi 206/2007 pertanto, prevedendo la partecipazione di ipotetiche associazioni italiane, ha violato la direttiva comunitaria rendendo il nostro paese passibile di sanzioni europee".
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A cura di Ilenia
Cicirello
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