Rinnovo dei Consigli degli Architetti e degli Ingegneri: tra luglio e settembre votazioni in tutti gli Ordini
25/06/2013
E' in corso il rinnovo delle rappresentanze dei Consigli
territoriali degli Ordini degli Architetti e degli Ordini degli
Ingegneri con la convocazione di elezioni in quasi tutte le
Province.
L’occasione mi ha spinto ad una riflessione che desidero condividere con coloro che avranno il piacere di leggere queste note.
Il problema non è nella rappresentanza ma nel come questa rappresentanza viene esercitata e non vi è alcun dubbio che, in atto, vi è una crisi di rappresentanza di qualità che ha reso, purtroppo, debole la voce dei liberi professionisti.
Qual è, in atto, il ruolo di coloro che ci rappresentano, sia in ambito territoriale che in ambito nazionale, nelle decisioni che riguardano la città, il territorio e la vita professionale?
Dovrebbe essere di grande importanza strategica anche se, purtroppo, dai risultati che osserviamo e dalle lamentele di tutti noi, sembra che le nostre rappresentanze non riescano a cavare un ragno dal buco. Perché?
Le risposte che ognuno di noi può dare sono sicuramente molteplici. La mia personale risposta è legata al fatto che le nostre rappresentanze hanno, con esclusione di qualche sporadico caso, una oggettiva difficoltà a dialogare con i governi delle città, delle regioni ed anche nazionali; dialogo necessario per evitare provvedimenti e decisioni calati dall’alto, senza che ci sia mai stato un reale raccordo con gli iscritti.
La realtà, oggi, è quella di una struttura rappresentativa, sia locale che regionale che nazionale, che ordinistica che sindacale (Consigli territoriali, consulte regionali, consigli nazionali, sindacati, associazioni), assolutamente in crisi di identità e di risultati e che, a mio avviso, è buona soltanto a rappresentare senza riuscire ad incidere sulle scelte decisionali che interessano la professione, la città ed il territorio.
La presenza sul territorio di oltre 200 ordini provinciali, di molteplici consulte regionali e di due Consigli nazionali potrebbe essere di estrema importanza se con la stessa si riuscisse ad avere quell’autorevolezza per esssere ascoltati e per ottemperare, con positivi risultati, alle residue funzioni istituzionali assegnate dalla riforma delle professioni agli Ordini ed ai Consigli nazionali.
Certo non ci aiuta il sistema elettorale che, in atto, crea, sia in ambito locale che in ambito nazionale, l’impossibilità che le minoranze siano rappresentate perché il sistema di preferenze (pari al numero di consiglieri che devono essere eletti) fa si che si avvantaggino coloro che si inseriscono all’interno di raggruppamenti più o meno omogenei. Il risultato è quello che, in certi casi, anche gruppi che hanno raggiunto il 40% del totale delle preferenze e che, quindi, rappresenterebbero il 40% degli iscritti non hanno alcuna rappresentanza. Il problema è serio ed i Consigli nazionali dovrebbero provvedere a chiedere la modifica di tale norma. Ma vogliono tale modifica? Ed è mai stato aperto un dibattito?
Non ho mai creduto alle riforme calate dall’alto mentre ho avuto, sempre, fiducia in soluzioni che partendo dalla base riescano a trovare quella condivisione necessaria per diventare una forza trainante..
E’ chiaro che si tratta di un problema di qualità di rappresentanza ed è chiaro ed urgente che l’attuale legge elettorale per il rinnovo dei Consigli territoriali e di quelli nazionali sia modificata al più presto perché non è rappresentativa e trasparente (le candidature sono singole mentre si creano le aggregazioni dei candidati in liste che, ufficialmente, non esistono).
Ma l’esigenza di un rinnovamento è legata, anche, al fatto che le difficoltà che i professionisti architetti ed ingegneri si trovano, oggi, ad affrontare, credo siano originate, nella maggior parte dei casi, dalle non chiare interlocuzioni dagli ordini provinciali e dai Consigli nazionali con i governi locali, regionali e nazionali senza che coloro che ci rappresentano abbiano, considerati i risultati, le necessarie competenze, capacità critiche e deleghe di rappresentanza e senza, quasi sempre, rendicontare alla base, in maniera del tutto trasparente, il proprio operato.
A mio avviso, due soltanto le soluzioni in mano dei singoli iscritti per far sentire la propria voce alle prossime elezioni dei Consigli territoriali.
O non andare a votare chiedendo (ma a chi?) il ridimensionamento degli Ordini e dei Consigli nazionali o votare con estrema coscienza evitando di dare la propria delega a quei raggruppamenti in cui sono inseriti colleghi che hanno partecipato a precedenti Consigli che hanno dato dimostrazione di chiara inefficienza.
© Riproduzione riservata
L’occasione mi ha spinto ad una riflessione che desidero condividere con coloro che avranno il piacere di leggere queste note.
Il problema non è nella rappresentanza ma nel come questa rappresentanza viene esercitata e non vi è alcun dubbio che, in atto, vi è una crisi di rappresentanza di qualità che ha reso, purtroppo, debole la voce dei liberi professionisti.
Qual è, in atto, il ruolo di coloro che ci rappresentano, sia in ambito territoriale che in ambito nazionale, nelle decisioni che riguardano la città, il territorio e la vita professionale?
Dovrebbe essere di grande importanza strategica anche se, purtroppo, dai risultati che osserviamo e dalle lamentele di tutti noi, sembra che le nostre rappresentanze non riescano a cavare un ragno dal buco. Perché?
Le risposte che ognuno di noi può dare sono sicuramente molteplici. La mia personale risposta è legata al fatto che le nostre rappresentanze hanno, con esclusione di qualche sporadico caso, una oggettiva difficoltà a dialogare con i governi delle città, delle regioni ed anche nazionali; dialogo necessario per evitare provvedimenti e decisioni calati dall’alto, senza che ci sia mai stato un reale raccordo con gli iscritti.
La realtà, oggi, è quella di una struttura rappresentativa, sia locale che regionale che nazionale, che ordinistica che sindacale (Consigli territoriali, consulte regionali, consigli nazionali, sindacati, associazioni), assolutamente in crisi di identità e di risultati e che, a mio avviso, è buona soltanto a rappresentare senza riuscire ad incidere sulle scelte decisionali che interessano la professione, la città ed il territorio.
La presenza sul territorio di oltre 200 ordini provinciali, di molteplici consulte regionali e di due Consigli nazionali potrebbe essere di estrema importanza se con la stessa si riuscisse ad avere quell’autorevolezza per esssere ascoltati e per ottemperare, con positivi risultati, alle residue funzioni istituzionali assegnate dalla riforma delle professioni agli Ordini ed ai Consigli nazionali.
Certo non ci aiuta il sistema elettorale che, in atto, crea, sia in ambito locale che in ambito nazionale, l’impossibilità che le minoranze siano rappresentate perché il sistema di preferenze (pari al numero di consiglieri che devono essere eletti) fa si che si avvantaggino coloro che si inseriscono all’interno di raggruppamenti più o meno omogenei. Il risultato è quello che, in certi casi, anche gruppi che hanno raggiunto il 40% del totale delle preferenze e che, quindi, rappresenterebbero il 40% degli iscritti non hanno alcuna rappresentanza. Il problema è serio ed i Consigli nazionali dovrebbero provvedere a chiedere la modifica di tale norma. Ma vogliono tale modifica? Ed è mai stato aperto un dibattito?
Non ho mai creduto alle riforme calate dall’alto mentre ho avuto, sempre, fiducia in soluzioni che partendo dalla base riescano a trovare quella condivisione necessaria per diventare una forza trainante..
E’ chiaro che si tratta di un problema di qualità di rappresentanza ed è chiaro ed urgente che l’attuale legge elettorale per il rinnovo dei Consigli territoriali e di quelli nazionali sia modificata al più presto perché non è rappresentativa e trasparente (le candidature sono singole mentre si creano le aggregazioni dei candidati in liste che, ufficialmente, non esistono).
Ma l’esigenza di un rinnovamento è legata, anche, al fatto che le difficoltà che i professionisti architetti ed ingegneri si trovano, oggi, ad affrontare, credo siano originate, nella maggior parte dei casi, dalle non chiare interlocuzioni dagli ordini provinciali e dai Consigli nazionali con i governi locali, regionali e nazionali senza che coloro che ci rappresentano abbiano, considerati i risultati, le necessarie competenze, capacità critiche e deleghe di rappresentanza e senza, quasi sempre, rendicontare alla base, in maniera del tutto trasparente, il proprio operato.
A mio avviso, due soltanto le soluzioni in mano dei singoli iscritti per far sentire la propria voce alle prossime elezioni dei Consigli territoriali.
O non andare a votare chiedendo (ma a chi?) il ridimensionamento degli Ordini e dei Consigli nazionali o votare con estrema coscienza evitando di dare la propria delega a quei raggruppamenti in cui sono inseriti colleghi che hanno partecipato a precedenti Consigli che hanno dato dimostrazione di chiara inefficienza.
A cura di arch. Paolo
Oreto
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