Risarcimento del danno e interdittiva antimafia: nuova sentenza del Consiglio di Stato
08/05/2018
Il provvedimento di interdittiva antimafia determina una particolare forma di incapacità ex lege, parziale (in quanto limitata a specifici rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione) e tendenzialmente temporanea, con la conseguenza che al soggetto (persona fisica o giuridica) è precluso avere con la pubblica amministrazione rapporti tra i quali contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali (art. 67, comma 1, lett. g) del D.Lgs. n. 159/2011)
Lo ha affermato l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 3 del 6 aprile 2018 che ha rigettato il ricorso presentato da un'impresa per avere risarcito un danno confermato da una sentenza del Consiglio di Stato stesso che aveva condannato una pubblica amministrazione a risarcire l'attuale ricorrente che nelle more del giudizio risarcitorio era stato investito da un’informativa interdittiva antimafia, conosciuta solo successivamente alla formazione del giudicato.
I fatti
L'attuale ricorrente aveva partecipato ad una gara di appalto ed aveva ottenuto, all’esito di un complesso contenzioso, una favorevole pronuncia risarcitoria per l’illegittima mancata aggiudicazione dell’appalto relativo all’esecuzione di lavori di bonifica di un costone roccioso. Nelle more del giudizio, la ricorrente era destinataria di una informativa interdittiva antimafia e tale circostanza era resa nota dalla Prefettura solo dopo che la Stazione appaltante (un Comune) si era attivato al fine di provvedere al pagamento reso necessario dalla pubblicazione della citata sentenza.
L’esistenza dell’informativa interdittiva era stata posta dal Comune a fondamento del ricorso per revocazione, proposto avverso la sentenza, poi respinto dal Consiglio di Stato stesso. Successivamente il Comune ha sollevato il problema della effettiva eseguibilità della sentenza, pur munita di forza di giudicato sostanziale ex art. 2909 c.c., essendo emerso a carico dell’impresa vittoriosa in giudizio (ed attuale ricorrente) una informativa interdittiva sfavorevole ed in presenza della preclusione di cui all’art. 67, co. 1, lett. g) del Codice delle leggi antimafia in base al quale "le persone alle quali viene applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal Libro I, titolo I, capo II non possono ottenere: …. g) contributi, finanziamenti e mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali”.
Da qui la remissione al giudizio dell’Adunanza Plenaria che ha precisato come la questione trovi soluzione nella definizione in termini di “incapacità” ex lege dell’effetto derivante dalla interdittiva antimafia sulla persona (fisica o giuridica) da essa considerata, di modo che il ricorso per l’ottemperanza è da dichiararsi, conseguentemente, inammissibile.
L’interdittiva antimafia è provvedimento amministrativo al quale deve essere riconosciuta natura cautelare e preventiva, in un’ottica di bilanciamento tra la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e la libertà di iniziativa economica riconosciuta dall’art. 41 Cost. Come è stato puntualmente affermato, l’interdittiva antimafia costituisce “una misura volta – ad un tempo – alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica Amministrazione”.
Tale provvedimento mira a prevenire tentativi di infiltrazione mafiosa nelle imprese, volti a condizionare le scelte e gli indirizzi della Pubblica Amministrazione e si pone in funzione di tutela sia dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, riconosciuti dall’art. 97 Cost., sia dello svolgimento leale e corretto della concorrenza tra le stesse imprese nel mercato, sia, infine, del corretto utilizzo delle risorse pubbliche. A tali fini, il provvedimento esclude che un imprenditore, persona fisica o giuridica, pur dotato di adeguati mezzi economici e di una altrettanto adeguata organizzazione, meriti la fiducia delle istituzioni (sia cioè da queste da considerarsi come “affidabile”) e possa essere, di conseguenza, titolare di rapporti contrattuali con le predette amministrazioni, ovvero destinatario di titoli abilitativi da queste rilasciati, come individuati dalla legge, ovvero ancora (come ricorre nel caso di specie) essere destinatario di “contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate”.
Il provvedimento di interdittiva antimafia, dunque, determina una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio cd. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione. Si tratta di una incapacità giuridica prevista dalla legge a garanzia di valori costituzionalmente garantiti e conseguente all’adozione di un provvedimento adottato all’esito di un procedimento normativamente tipizzato e nei confronti del quale vi è previsione delle indispensabili garanzie di tutela giurisdizionale del soggetto di esso destinatario. Essa è:
- parziale, in quanto limitata ai rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione, ed anche nei confronti di questa limitatamente a quelli di natura contrattuale, ovvero intercorrenti con esercizio di poteri provvedimentali, e comunque ai precisi casi espressamente indicati dalla legge (art. 67 d. lgs. n. 159/2011);
- tendenzialmente temporanea, potendo venire meno per il tramite di un successivo provvedimento dell’autorità amministrativa competente (il Prefetto).
Secondo l'Adunanza Plenaria, tale disposizione è intesa nel senso di precludere all’imprenditore (persona fisica o giuridica) la titolarità della posizione soggettiva che lo renderebbe idoneo a ricevere somme dovutegli dalla Pubblica Amministrazione a titolo risarcitorio in relazione (come nel caso di specie) ad una vicenda sorta dall’affidamento (o dal mancato affidamento) di un appalto. L’interdittiva antimafia, dunque, non incide sull’obbligazione dell’Amministrazione, bensì sulla “idoneità” dell’imprenditore ad essere titolare (ovvero a persistere nella titolarità) del diritto di credito.
Il soggetto colpito dalla misura interdittiva, che pure potrebbe astrattamente essere titolare dei diritti riconosciutigli dalla sentenza passata in giudicato, risulta tuttavia essere, per ragioni diverse ed esterne, incapace ad assumere o a mantenere (per il tempo di durata degli effetti dell’interdittiva) la titolarità non già dei soli diritti accertati con la sentenza, ma, più in generale, di tutte le posizioni giuridiche comunque riconducibili all’ambito delineato dall’art. 67 del Codice delle leggi antimafia.
In conclusione, l’Adunanza Plenaria ha enunciato i seguenti
principi di diritto:
a) “il provvedimento di cd. “interdittiva antimafia” determina una
particolare forma di incapacità ex lege, parziale (in quanto
limitata a specifici rapporti giuridici con la Pubblica
Amministrazione) e tendenzialmente temporanea, con la conseguenza
che al soggetto – persona fisica o giuridica – è precluso avere con
la pubblica amministrazione rapporti riconducibili a quanto
disposto dall’art. 67 d. lgs. 6 settembre 2011 n. 159”.
b) l’art. 67, co. 1, lett. g) del d. lgs. 6 settembre 2011 n. 159,
nella parte in cui prevede il divieto di ottenere, da parte del
soggetto colpito dall’interdittiva antimafia, “contributi,
finanziamenti e mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso
tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato,
di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, per lo svolgimento
di attività imprenditoriali”, ricomprende anche l’impossibilità di
percepire somme dovute a titolo di risarcimento del danno patito in
connessione all’attività di impresa”.
E, alla luce di questi, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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Documenti Allegati
Sentenza Adunanza Plenaria Consiglio di Stato 6 aprile 2018, n. 3