Risorsa geotermica: un'occasione da non perdere

26/09/2012

E' evidente che negli ultimi anni le accresciute conoscenze scientifiche e tecniche hanno stimolato lo sviluppo, lo sfruttamento e l'applicazione del calore della terra per i diversi possibili usi, ovunque sia tecnicamente possibile ed economicamente conveniente.

Attraverso l'informazione per sensibilizzare l'opinione pubblica sui vantaggi di usare il calore naturale in sostituzione di altre forme di energia, attraverso l'aggiornamento dei professionisti che programmano e progettano gli interventi, attraverso la formazione delle imprese, degli installatori e degli operatori del settore, si è declinato il principio etico dell'utilità sociale delle conoscenze, a favore del benessere dei cittadini, della tutela dell'ambiente e dell'economia del Paese.

Con il risultato che negli ultimi anni in Italia si è registrato un aumento esponenziale di richieste (oltre 100 negli ultimi due anni) per nuovi permessi di ricerca di risorse geotermiche per la produzione di energia elettrica, stimata in alcune centinaia di MW di nuova potenza, da parte di imprese italiane e straniere, per l'installazione.

L'European Geothermal Energy Council (EGEC) stima che queste iniziative dovrebbero consentire al nostro Paese di avere in esercizio circa 923 MW entro il 2015, con un potenziale produttivo che potrebbe addirittura superare nell'arco di soli 10 anni le previsioni del Piano di Azione italiano per le fonti rinnovabili (PAN).

Ma anche senza queste nuove istanze di permesso di ricerca, gli sviluppi in termini di capacità installata vanno oltre quanto previsto dal PAN, che pure individua un aumento della capacità di circa 170 MW, dal 2010 al 2020, e della produzione annua di circa 1100 GWh, quali obiettivi per lo sviluppo dell'uso della risorsa geotermica nel settore elettrico.

Dunque un quadro assolutamente positivo sotto questo profilo, che testimoniano un grande interesse del mercato verso la geotermia.

Le stime, anche quelle più prudenti, rilevano che nel settore geotermoelettrico potrebbero essere attivati investimenti per circa un miliardo di euro nell'arco del prossimo decennio.

Queste stime, questo positivo scenario di sviluppo tecnologico e economico, le cui ricadute sono evidenti anche in termini ambientali, trovano spiegazione da una parte nella necessità di dare una risposta diversificata e sostenibile alla domanda energetica, dall'altra in fattori tecnologici, che sono emanazione diretta dei saperi scientifici.

Le richieste di nuovi permessi di ricerca sono infatti spesso legate alla possibilità di produrre energia geotermoelettrica da risorse di media temperatura, che oggi appare economicamente conveniente proprio grazie allo sviluppo tecnologico attraverso quelle tecnologie a ciclo binario, peraltro più ecologiche, che possiede l'industria Italiana.

A differenza di quelle fonti rinnovabili per le quali abbiamo necessità di reperire all'estero le relative tecnologie, l'investimento nel settore della geotermia, con il coinvolgimento di professionisti, dell'impresa del settore delle perforazioni e della realizzazione di impianti di generazione, potrebbe attrarre investimenti sia interni che esteri, con ricadute evidenti sull'economia nazionale.

Ricadute che assumerebbero ulteriore particolare rilevanza in termini professionali nelle risorse di bassa entalpia.

Ma non si potrà conseguire il potenziale legato a queste risorse senza un quadro chiaro e definito di regole e senza superare le attuali criticità, rappresentate dalla definizione dei regimi di incentivazione, dalla semplificazione delle procedure autorizzative, dall'accettabilità sociale degli impianti, ecc.

Sono necessari dunque sistemi di incentivazione adeguati, regimi autorizzativi chiari, insomma una nuova politica di valorizzazione delle risorse geotermiche.

Le scelte sui regimi di incentivazione per la produzione geotermoelettrica devono tenere conto soprattutto dei vantaggi che essa porta con se, dal basso impatto sull'ambiente, ancora più evidente se messo a confronto con quello derivante dallo sfruttamento di altre fonti rinnovabili, ai benefici derivanti da una gestione della rete elettrica in produzione costante.

In base al D.Lgs n. 28/2011, i livelli di incentivazione per le diverse fonti di energia e le relative modalità attuative saranno definiti da un Decreto Ministeriale, fermo restando il principio sancito dall'art. 24 dello stesso decreto, secondo cui l'incentivo dovrà assicurare una remunerazione equa dei costi di investimento e di esercizio.

Nel recente passato i comparti dell'eolico prima e del fotovoltaico dopo si sono fortemente avvantaggiati in virtù degli incentivi loro concessi. E' ora che anche al geotermico si concedano i giusti incentivi, anche in funzione del mutato quadro di interesse.

Burkard Sanner, Presidente dell'EGEC, ha recentemente dichiarato che in Italia "la geotermia riceve un supporto significativamente inferiore rispetto ad altre fonti rinnovabili e, nonostante questo, emergono continue tendenze positive in termini di nuove centrali e di impianti e sistemi di teleriscaldamento geotermici".

La raccomandazione che proviene dall'EGEC è quella di offrire un forte sostegno alla geotermia, sia sul fronte degli investimenti, che su quello politico decisionale.

Un nuovo slancio in direzione della geotermia è dunque necessario all'economia del Paese, che peraltro possiede già una filiera di competenze e tecnologie, che, seppure non siano paragonabili a quelle esistenti in altri Paesi europei, dove però i sistemi di incentivazione sono ben altri, sono tuttavia in grado di produrre sviluppo e benessere.

Nei mesi scorsi il Consiglio Nazionale dei Geologi, accanto alle maggiori espressioni di cultura e tecnologia geotermica del Paese, quali l'Unione Geotermica Italiana (UGI), il Consorzio GeoHP, ha fornito un contributo a possibili bozze di DM attuativo, evidenziando alcune misure di intervento e soprattutto alcune prescrizioni per la posa in opera degli impianti di produzione di calore, ovvero delle sonde geotermiche destinate al riscaldamento ed alla climatizzazione di edifici e per l'individuazione dei casi di applicazione delle procedure abilitative semplificate (PAS) di cui all'art. 6 del D.Lgs. n. 28/2011.

Si è cercato di definire in pratica un quadro di riferimento atto a creare condizioni adeguate alle istituzioni e agli operatori.

In questa direzione purtroppo il nostro Paese non ha tempi rapidi, ma soprattutto stenta a programmare e ad intraprendere politiche di avanguardia, nel settore delle energie, ma anche in quelle di riconversione industriale (i recenti casi di Carbosulcis ed Alcoa sono esempi di mancata programmazione), di recupero ambientale, di valorizzazione delle materie prime ed anche delle materie prime seconde, che consentirebbero di non inviare più a discarica una enorme quantità di materie prime.

Insomma mentre il mondo si avvia da tutt'altra parte, l'Italia sembra ingranare la retromarcia.
Infatti mentre lo "Special Report on renewable energy sources and climate change mitigation", il rapporto sulle energie rinnovabili e sui cambiamenti climatici prodotto, su mandato dell'ONU, dagli scienziati dell'IPCC (Intergovernmental Panel of Clinate Change) segnala che l'80% dell'approvvigionamento energetico mondiale potrebbe essere soddisfatto entro il 2050 da fonti rinnovabili, a condizione che esse vengano sostenute da "politiche pubbliche corrette", il Italia punta ancora prevalentemente sul petrolio, continuando ad offrire il nostro mare e royalties non da poco alle compagni petrolifere.

La crescita delle rinnovabili, oltre a contenere l'utilizzo delle fonti fossili che non sono appunto rinnovabili, dunque non eterne, potrebbe portare ad un risparmio cumulativo di gas serra pari al taglio di una quota compresa tra 220 e 560 miliardi di tonnellate di CO2 (anidride carbonica), con un miglioramento evidente della qualità dell'aria e dei nostri polmoni.

Il rapporto non dimentica infatti di stimolare i governi a disporre provvedimenti per liberare il mondo dalla CO2, le cui emissioni hanno raggiunto livelli di assoluta preoccupazione.
Insomma quello che si chiede è un approccio derivato dalla cultura scientifica, che possa favorire anche azioni di contrasto alla crisi economica.

Tornando al settore geotermico, alcuni dei problemi, soprattutto quelli legati alle fasi autorizzative, possono trovare soluzione nell'applicazione di quelle buone pratiche che in alcune regioni italiane più virtuose sono già in atto, mettendo a sistema il quadro delle esperienze sinora maturate.

Mentre attendiamo l'emanazione del DM attuativo, le scienze della terra continuano a cercare di porre i saperi a disposizione della politica e dello sviluppo economico.

A cura di Gian Vito Graziano, Presidente Consiglio Nazionale dei Geologi


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