SENTENZA CON DOCCIA FREDDA PER LE REGIONI
26/11/2007
E’ arrivata la sentenza della Corte costituzionale tanto
attesa dalle Regioni.
Ma, purtroppo per le Regioni, si tratta di una vera doccia fredda e, infatti, la Corte costituzionale con la sentenza n. 401 del 23 novembre scorso promuove il Codice degli appalti di cui al D.Lgs. n. 163/2006 e respinge, quasi in toto i ricorsi che le Regioni Toscana (ric. 84/2006), Veneto (ric. 85/2006), Provincia autonoma di Trento (ric. 86/2006), Piemonte (ric. 88/2006), Lazio (ric. 89/2006), Abruzzo (ric. 90/2006), avevano presentato contro il Presidente del Consiglio dei Ministri lamentando come il decreto legislativo n. 163/2006 sia andato ben oltre i limiti di competenza statale riconosciuti dal nuovo articolo 117 della Costituzione.
I soggetti, sopra indicati, avevano impugnato l’articolo 4 del decreto legislativo stesso dove, al comma 3 è precisato che “Le Regioni, nel rispetto dell'articolo 117, comma secondo, della Costituzione, non possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice in relazione: alla qualificazione e selezione dei concorrenti; alle procedure di affidamento, esclusi i profili di organizzazione amministrativa; ai criteri di aggiudicazione; al subappalto; ai poteri di vigilanza sul mercato degli appalti affidati all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; alle attività di progettazione e ai piani di sicurezza; alla stipulazione e all'esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione dell'esecuzione, direzione dei lavori, contabilità e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e contabilità amministrative; al contenzioso. Resta ferma la competenza esclusiva dello Stato a disciplinare i contratti relativi alla tutela dei beni culturali, i contratti nel settore della difesa, i contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza relativi a lavori, servizi, forniture.”.
Nella sentenza, allegata alla presente, la Corte costituzionale, riuniti tutti i giudizi, dichiara, tra l’altro, inammissibile la questione di legittimità costituzionale:
Delle 74 censure che cinque Regioni ed una provincia autonoma avevano mosso al Codice, ne sono state accolte dai giudici soltanto tre su aspetti marginali ed alle Regioni stesse rimane soltanto la competenza esclusiva sull’organizzazione amministrativa.
La sentenza della Corte costituzionale, di fatto, supera il tradizionale riparto Stato-Regioni basato sul criterio del limite economico delle opere.
Sino ad oggi le Regioni, per le gare sotto soglia, si ritenevano libere di legiferare, anche in difformità della normativa statale; i giudici della Corte costituzionale hanno, invece, precisato che il criterio del valore non è più valido in quanto la giurisprudenza comunitaria ha ormai riconosciuto l’importanza di tutelare la concorrenza anche nelle gare sotto soglia.
La sentenza delle Corte costituzionale delegittima tutte le leggi regionali varate dopo l’emanazione del Codice dei Contratti ma pone seri dubbi sull’operato di alcune regioni che pur non avendo adeguato la propria normativa al Codice stesso avevano adeguato, successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 163/2006, come nel caso della Regione siciliana, le proprie norme per le gare sotto soglia in difformità alle norme statali e quindi non rispettando la tutela della concorrenza nelle piccole gare. ”.
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Ma, purtroppo per le Regioni, si tratta di una vera doccia fredda e, infatti, la Corte costituzionale con la sentenza n. 401 del 23 novembre scorso promuove il Codice degli appalti di cui al D.Lgs. n. 163/2006 e respinge, quasi in toto i ricorsi che le Regioni Toscana (ric. 84/2006), Veneto (ric. 85/2006), Provincia autonoma di Trento (ric. 86/2006), Piemonte (ric. 88/2006), Lazio (ric. 89/2006), Abruzzo (ric. 90/2006), avevano presentato contro il Presidente del Consiglio dei Ministri lamentando come il decreto legislativo n. 163/2006 sia andato ben oltre i limiti di competenza statale riconosciuti dal nuovo articolo 117 della Costituzione.
I soggetti, sopra indicati, avevano impugnato l’articolo 4 del decreto legislativo stesso dove, al comma 3 è precisato che “Le Regioni, nel rispetto dell'articolo 117, comma secondo, della Costituzione, non possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice in relazione: alla qualificazione e selezione dei concorrenti; alle procedure di affidamento, esclusi i profili di organizzazione amministrativa; ai criteri di aggiudicazione; al subappalto; ai poteri di vigilanza sul mercato degli appalti affidati all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; alle attività di progettazione e ai piani di sicurezza; alla stipulazione e all'esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione dell'esecuzione, direzione dei lavori, contabilità e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e contabilità amministrative; al contenzioso. Resta ferma la competenza esclusiva dello Stato a disciplinare i contratti relativi alla tutela dei beni culturali, i contratti nel settore della difesa, i contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza relativi a lavori, servizi, forniture.”.
Nella sentenza, allegata alla presente, la Corte costituzionale, riuniti tutti i giudizi, dichiara, tra l’altro, inammissibile la questione di legittimità costituzionale:
- dell’articolo 4, commi 2 e 3;
- dell’articolo 5, comma 2;
- dell’articolo 10, comma 1 ;
- dell’articolo 121, comma 1.
- nei criteri di aggiudicazione spetta allo Stato dettare regole uniformi per stabilire le modalità di gara e la verifica delle offerte anomale;
- nelle tipologie di gara le Regioni non possono stabilire una disciplina diversa da quella statale e sono, dunque, illegittime le disposizioni locali che danno più margini alle trattative private;
- il subappalto è materia statale in quanto i limiti al subaffidamento riguardano da un lato il contratto e dall’altro la concorrenza sono di competenza esclusiva dello Stato;
- anche nelle gare sottosoglia le Regioni non possono dettare proprie regole poiché non è giustificata una disciplina non uniforme per gare che devono, comunque, essere aperte a tutti gli operatori.
Delle 74 censure che cinque Regioni ed una provincia autonoma avevano mosso al Codice, ne sono state accolte dai giudici soltanto tre su aspetti marginali ed alle Regioni stesse rimane soltanto la competenza esclusiva sull’organizzazione amministrativa.
La sentenza della Corte costituzionale, di fatto, supera il tradizionale riparto Stato-Regioni basato sul criterio del limite economico delle opere.
Sino ad oggi le Regioni, per le gare sotto soglia, si ritenevano libere di legiferare, anche in difformità della normativa statale; i giudici della Corte costituzionale hanno, invece, precisato che il criterio del valore non è più valido in quanto la giurisprudenza comunitaria ha ormai riconosciuto l’importanza di tutelare la concorrenza anche nelle gare sotto soglia.
La sentenza delle Corte costituzionale delegittima tutte le leggi regionali varate dopo l’emanazione del Codice dei Contratti ma pone seri dubbi sull’operato di alcune regioni che pur non avendo adeguato la propria normativa al Codice stesso avevano adeguato, successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 163/2006, come nel caso della Regione siciliana, le proprie norme per le gare sotto soglia in difformità alle norme statali e quindi non rispettando la tutela della concorrenza nelle piccole gare. ”.
A cura di Paolo
Oreto
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