Sanatoria edilizia: i termini per il pagamento dell’oblazione sono perentori?
di Redazione tecnica - 11/02/2021
Il mondo delle norme è spesso una giungla intricata in cui è sempre necessario distinguere tra cosa intende il legislatore e cosa, invece, vale per legge. E, purtroppo, spesso le due cose non si sovrappongono.
La normativa edilizia
Senza scomodare le norme sui lavori pubblici o quelle energetiche (sulle quali ci sarebbe tanto da dire), oggi trattiamo un argomento molto complesso che riguarda il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (c.d. Testo Unico Edilizia). Stiamo parlando dell’accertamento di conformità di cui all’art. 36 del Testo Unico Edilizia per l’ottenimento del permesso di costruire in sanatoria.
In particolare, il comma 2 dell’art. 36 prevede che “Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso”.
Entro quanto deve essere pagata l’oblazione e cosa accade se non si paga nei termini previsti dalla legge?
Sanatoria edilizia e pagamento oblazione: nuovo intervento del Consiglio di Stato
A rispondere a questa domanda ci ha pensato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 730 del 25 gennaio 2021 che tratta il caso di un permesso di costruire in sanatoria ottenuto ma “pagato” non nei tempi stabiliti. Ma, entriamo nel dettaglio.
Si parte dall'annullamento di alcune concessioni edilizie rilasciate da un Comune per la realizzazione di un edificio, perché non erano stati computati, nella volumetria, due piani sottostrada e il sottotetto. L'amministrazione, allora, concedeva la sanatoria e revocava l'ordinanza di demolizione. Il provvedimento di revoca, però, veniva impugnato. Il Tar concludeva affermando che il procedimento di sanatoria era legittimo e assegnava al comune il termine di 120 giorni per concludere la pratica e stabilire l'oblazione e la sanzione. Delibera che veniva contestata al consiglio di Stato. I giudici, però, ribadivano la conformità del lavoro fatto dai "colleghi". E si arriva all'ultimo ricorso, con il quale viene contestato il mancato pagamento dell'oblazione e della sanzione entro il termine stabilito dei 60 giorni.
I termini "perentori"
Quando un termine ha natura "perentoria"? Lo spiegano i giudici del consiglio di Stato. E' perentorio un termine che, nel caso venga "superato" determini una decadenza, ma è valido solo quando c'è una normativa che espressamente gli attribuisca la natura perentoria, ovvero, aggiungono i giudici, "quando ciò possa desumersi dagli effetti, sempre normativamente previsti, che la sua violazione produce". Quando la norma non contiene alcuna specifica, "deve aversi riguardo - dicono i giudici- alla funzione che lo stesso assolve nel procedimento nonché nella peculiarità dell'interesse pubblico coinvolto". Con la precisazione che se non viene indicato il termine come "perentorio", questo deve essere considerato "ordinatorio".
Pagamento dell'oblazione ed esecuzione forzata
La sentenza "ruota" su alcuni punti cardine della vicenda. Il Tar aveva specificato che l'amministrazione si era data un termine "ordinatorio" di 120 giorni per la determinazione dell'oblazione e della sanzione amministrativa, non potendo includere il termine di altri 60 giorni, poi assegnato dal Comune, per il pagamento che riguardava l'interessato. Il rilascio della sanatoria è sempre subordinato al pagamento dell'oblazione e gli effetti sananti si producono dopo il pagamento della sanzione. Ma, dicono i giudici, "la previsione di un sistema coattivo di riscossione (è previsto dall’art. 43 del DPR n. 380/2001, c.d. Testo Unico Edilizia), in caso di inadempimento, evidenzia come la detta omissione semplicemente legittimi la riscossione coatta, senza determinare la decadenza dalla possibilità di adempiere, evento che andrebbe in contraddizione con la possibile esecuzione forzata sul credito. Il che evidenzia come la funzione della disciplina, imponendo al Comune il ricorso alla procedura di riscossione coattiva, non mira ad una immediata decadenza, ma tiene in considerazione anche le contrarie esigenze di conservazione del patrimonio edilizio, comunque edificato". Nel caso analizzato, dunque il ricorso non può essere accolto.
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A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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