Sblocca Cantieri e Codice dei contratti: il punto di vista di una Stazione Appaltante
26/04/2019
Con la pubblicazione in Gazzetta del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (c.d. Sblocca Cantieri) è “quasi” terminata la fase 1 di revisione dell’apparato normativo che regola i lavori pubblici in Italia. Quasi perché, pur essendo immediatamente in vigore le modifiche al D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti), dobbiamo attendere la conversione in legge entro il 17 giugno 2019 (60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta del D.L. n. 32/2019) per avere il quadro definitivo di questa prima fase.
Alla fase uno seguirà poi la definizione della legge delega con la quale il Governo avrà la possibilità di modificare ulteriormente i contenuti del Codice se non addirittura riscriverlo. Nel frattempo, dopo aver sentito il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) Raffaele Cantone e il Vicepresidente del Consiglio Nazionale degli Architetti PPC (CNAPPC) e Coordinatore del Tavolo “Lavori Pubblici” della Rete delle Professioni Tecniche, Rino La Mendola, ho avuto il piacere di raccogliere il punto di vista di una grossa stazione appaltante, intervistando l’ing. Raffaele Zurlo, Amministratore di parte italiana di BBT SE - Galleria di Base del Brennero che opera da 33 anni nel settore delle infrastrutture pubbliche, di cui da 16 in veste di costruttore e 17 come committente pubblico.
Di seguito le mie domande unitamente alle risposte dell’ing. Zurlo.
1. Partiamo dall'inizio, dalla sua entrata in vigore, il D.Lgs. n. 50/2016 ha necessitato di parecchie modifiche, ultima delle quali quelle dello Sblocca Cantieri che ne stanno rivoluzionando la filosofia stessa. Arrivati a questo, come giudica la riforma del 2016?
La riforma del 2016 ha introdotto alcune innovazioni
interessanti, prima fra tutte la “qualificazione degli enti
appaltanti”.
Iniziativa che mi ha fatto particolarmente piacere e mi ha lasciato
ben sperare, almeno nei primi mesi successivi all’entrata in vigore
del decreto. Purtroppo, dopo tre anni, sino ad oggi, ben poco è
stato fatto in questo senso. Incresciosamente.
Il Ministero delle Infrastrutture, l’ANAC e chiunque altri ne abbia
titolo, dovrebbero immediatamente dar seguito a quest’ottimo
proponimento. Ed estenderlo dalle gare d’appalto alla capacità di
elaborare progetti, alla capacità di gestire gli appalti di
costruzione, alla capacità di svolgere le importantissime funzioni
di direzione dei lavori, ecc.
Così come chiediamo alle imprese di costruzioni di “qualificarsi”
per la partecipazione alle gare d’appalto e per l’esecuzione dei
lavori pubblici, la stessa selezione e certificazione deve farsi in
capo a tutti gli enti pubblici che hanno la velleità di gestire
direttamente denaro pubblico per la realizzazione di un qualsiasi
tipo di progetto pubblico, infrastrutturale e non.
Analogamente, reputo necessaria la istituzione di un albo dei
commissari di gara, cui attingere i nominativi per la costituzione
delle Commissioni di Gara, il cui ruolo è di particolare importanza
nell’espletamento delle procedure di attribuzione degli appalti,
specie se detti appalti sono affidati secondo il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Nella riforma del 2016 non colgo altri elementi positivi.
Soprattutto non intravvedo alcun vantaggio derivante dalla
introduzione delle “soft laws”.
Al contrario, nel 2016, mi sarei limitato ad un intervento di
“manutenzione ordinaria” sull’allora vigente “Codice De Lise”,
prestando la dovuta attenzione ai suggerimenti ed alle richieste
provenienti dagli operatori del settore.
Purtroppo, nel 2016 come in altre circostanze, la nuova norma fu
redatta da soggetti che mai l’avrebbero applicata nella pratica di
tutti i giorni.
2. Lo Sblocca Cantieri, se confermato dal Parlamento in sede di conversione in legge, riunirà le linee guida ANAC vincolanti in un unico “mini regolamento”, mentre nulla dice sui decreti che a distanza di 3 anni si attendono per completare la riforma. Il rischio è di continuare ad avere un sistema normativo incompleto. Come pensa si possa risolvere questa problematica?
Bisognerebbe chiederlo a coloro che hanno, oggi, ritenuto di imboccare questo percorso. Spero che costoro si siano già posti il problema ed abbiano concepito per esso una ragionevole soluzione. Dobbiamo essere ottimisti a questo proposito.
3. Si parla tanto di appalto integrato. Che idea si è fatto sull'argomento?
L’idea che mi son fatto deriva dalle esperienze che ho
vissuto nei 33 anni in cui ho lavorato nel settore delle
infrastrutture pubbliche, in Italia ed all’estero. Molto
significativa, in questo senso, è stata l’esperienza
“transfrontaliera” che ho vissuto nella realizzazione della
galleria di base del Brennero.
L’appalto integrato è un ottimo strumento che può essere
felicemente impiegato nella realizzazione di progetti
infrastrutturali particolarmente impegnativi, in particolare
laddove il successo del progetto è fortemente legato alla scelta
del metodo costruttivo ed all’organizzazione logistica dei
cantieri. In queste materie, l’apporto del know-how da parte delle
imprese di costruzioni più qualificate, sin dalla fase di gara, non
può che giovare al successo del progetto.
L’esperienza vissuta al Brennero ed altrove dimostra che, se la
gara per l’affidamento di un appalto integrato viene esperita sulla
base di un progetto, anche definitivo, sviluppato dalla
Committenza, che sia ragionevolmente ben elaborato e certamente
fattibile, l’introduzione, sin dalla fase di gara, di varianti ben
studiate dalle imprese realizzatrici non potrà che giovare alla
migliore realizzazione del progetto.
Se al progetto a base d’asta, ben studiato da parte della
committenza, si fa seguito con una gara ben esperita secondo il
criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e quindi con
una severa due diligence del progetto elaborato dall’impresa
aggiudicataria dell’appalto, anche I costi ed I tempi di
realizzazione saranno sotto controllo e nelle previsioni.
Ripeto, in ogni caso, sarà determinante la competenza dell’ente
committente, in tutte le fasi del processo realizzativo.
4. Ritorniamo sulla qualificazione delle stazioni appaltanti. Da oltre un anno si parla di una bozza di DPCM che secondo molti prevede requisiti eccessivamente onerosi soprattutto per i piccoli Enti che saranno costretti ad aggregazioni o a delegare alle centrali di committenza con aggravio dei costi. Il DPCM rappresenta una vera e propria chiave di volta per il completamento della riforma degli appalti. Qual è il Suo punto di vista in merito?
Uno dei maggiori problemi del nostro meraviglioso Paese, se
non il più grande, sta nella inadeguatezza ed incapacità degli
apparati della Pubblica Amministrazione.
Se, in seno a questi apparati, i ruoli di rilievo venissero
attribuiti a professionisti di provata esperienza e competenza nel
settore specifico cui vengono destinati e che, al tempo stesso,
siano persone ordinariamente oneste, vivremmo in un Paese
straordinariamente attraente.
L’Italia è un Paese ricco di storia, di cultura, di intelligenze
vive ed anche di risorse.
Se la nostra pubblica amministrazione fosse in grado di gestire
efficientemente queste risorse, evitando di sperperare denari
nell’intrapresa di opere che poi restano incompiute, nella
realizzazione di opere che dovrebbero costare la metà di quanto in
realtà ci costano, nell’acquisto disaccorto di prodotti e servizi
per i cittadini, ecc. vivremmo in un paese meraviglioso, sotto
tutti i punti di vista : sanità, assistenza sociale, scuola,
università, trasporti, servizi pubblici in genere, integrazione,
ecc.
Trovo assolutamente necessario che il ruolo di stazione appaltante
venga svolto solo da quegli enti pubblici che siano adeguatamente
attrezzati allo scopo.
Bene, quindi, la creazione di efficienti centrali di committenza
che rendano i servizi di procurement a quegli enti pubblici che non
sono in grado di elaborare progetti, scrivere capitolati né bandi
di gara, né di gestire un contratto di appalto di lavori o di
fornitura.
Penso che, ove realmente si riesca a realizzare questo progetto, si
possano conseguire risparmi anziché aggravi di costo, a beneficio
di tutti.
5. Viene esteso a 15 anni antecedenti la data di sottoscrizione del contratto con la SOA per il conseguimento della qualificazione. Pensa che sia corretto per far rientrare le imprese che negli ultimi 10 anni sono state colpite dalla crisi oppure si rischia di abbassare il livello reale di qualificazione delle imprese?
Sono contrario: l’attestazione SOA non può essere concessa alla “carriera”, men che meno “alla memoria”. Trovo che addirittura 10 anni siano troppi. Ai fini dell’accertamento delle capacità di un’impresa che si candida a rifornire lo Stato, ciò che realmente fa testo è lo stato attuale dell’impresa, le sue attuali capacità, non quelle correlate ad un passato che, seppur glorioso, è ormai irripetibile.
6. È stata confermata l'eliminazione degli incentivi ai tecnici della P.A. per le attività di programmazione e previsto che gli stessi siano conferiti per le attività di progettazione. È una problematica che negli anni è stata modificata più volte, qual è il Suo punto di vista in merito?
I tecnici della PA dovrebbero avere un contratto che
annoveri tutte le attività di cui la PA necessita per lo
svolgimento delle proprie funzioni istituzionali.
Un ingegnere progettista, assunto come tale e per tale finalità
nella PA, deve redigere i progetti che gli vengono affidati,
firmarli e timbrarli.
Per poter far ciò, ovviamente, il progettista della PA necessita di
collaboratori qualificati, delle dotazioni hardware e software e di
quant’altro dispongono i progettisti che vengono assunti, per lo
svolgimento delle stesse funzioni, negli studi professionali e
nelle società di ingegneria private.
Lo stesso dicasi per le attività di programmazione, direzione
lavori, ecc.
A fronte dello svolgimento delle anzidette funzioni, il contratto
dei tecnici della PA dovrebbe prevedere una retribuzione fissa ed
una variabile, correlata al raggiungimento di obiettivi prefissati,
nell’ambito di una politica retributiva che includa un ragionevole
“management by objectives”.
7. In riferimento al subappalto, vengono eliminati l'obbligo di indicare la terna di nominativi di sub-appaltatori e l'obbligo per l'offerente di dimostrare l'assenza, in capo ai subappaltatori indicati, di motivi di esclusione. Viene anche previsto l'utilizzo del subappalto fino alla quota del 50% dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture. Pensa sia la strada giusta?
Questa è una strada sbagliata! Sono personalmente
contrario all’istituto del subappalto indiscriminato, che dovrebbe
essere, invece, limitato ad attività secondarie del processo
produttivo ed a poche attività specialistiche, realmente degne di
questo nome.
Grazie al subappalto indiscriminato, al General Contractor ed altri
strumenti deleteri, le imprese cosiddette “generali” hanno perduto,
negli anni, la capacità di operare direttamente per l’esecuzione
delle attività ordinarie, rientranti nel processo realizzativo di
un’opera pubblica. Così finendo per svolgere il ruolo di enti
“subappaltanti”, in ciò a mala pena limitate dalle soglie di
subappaltabilità che oggi si vogliono addirittura cancellare.
Il subappalto diffuso, peraltro, è uno strumento pericoloso in
quanto utile ad infiltrazioni di soggetti indesiderati nella
realizzazione degli appalti pubblici.
8. Con le modifiche dell'art. 36 vengono modificate le procedure di aggiudicazione degli appalti sottosoglia, previsto il ritorno del criterio del minor prezzo ovvero ed eliminato il tetto del 30% per il punteggio economico nel criterio di aggiudicazione dell’Offerta economicamente più vantaggiosa. Cosa ne pensa di queste modifiche?
Ritengo che, in una procedura di gara esperita secondo il
criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il punteggio
massimo da attribuire al contenuto “tecnico” delle offerte non
debba essere inferiore al 60%, ivi non includendo il tempo di
esecuzione.
MI trovo quindi a favore della soglia precedentemente esistente e
sono totalmente contrario a questa innovazione, di cui non riesco a
cogliere le vere finalità.
Per quanto riguarda gli appalti sotto soglia, sono d’accordo nel
lasciare alle stazioni appaltanti (che siano competenti!) la
possibilità di decidere fra i due criteri (minor prezzo ed offerta
economicamente più vantaggiosa), a seconda del caso.
Le stazioni appaltanti, tuttavia, dovrebbero sempre farsi garanti
del rispetto del budget; se un appalto viene aggiudicato per il
valore di 100 euro, a 100 euro deve concludersi, non a 300 e
neanche a 150 o 120.
La lievitazione dei costi in corso d’opera, contrariamente a quanto
taluni vogliono far credere a copertura delle proprie malefatte,
non può e non deve essere accettata come un fenomeno organico alla
realizzazione delle opere pubbliche, ma è una grave patologia,
originata da “stili di vita” deprecabili degli enti appaltanti,
quali sono: la mancanza o inadeguatezza delle indagini
geologico-geotecniche preliminari, la mancata
conclusione degli iter approvativi, gli errori
progettuali, i contratti d’appalto inadeguati alla
specifica situazione, le gare d’appalto esperite
da commissioni non in grado di comprendere e valutare le offerte di
gara e, in fundo dulcis, le direzioni dei lavori
non in grado di dirigere alcunché.
9. Con la pubblicazione dello Sblocca Cantieri termina la fase 1 della contro riforma del Codice dei contratti. La fase 2 prevede la definizione di una legge delega con la quale potrà essere prevista anche una totale riscrittura del Codice. Crede sia davvero indispensabile una nuova riforma o si può agire puntualmente sui contenuti dell'attuale impianto normativo? e in quest'ultimo caso quali sono le criticità maggiori che andrebbero risolte?
Lei mi rivolge una domanda molto impegnativa. A questo punto, sarei propenso ad una riscrittura del Codice degli Appalti. Ma chi ne sarà l’estensore? Per scrivere leggi e norme tecniche, occorrono i tecnici che, come i generali che Napoleone auspicava nel proprio esercito, devono essere bravi e fortunati.
Ringrazio l’ing. Zurlo per il prezioso contributo che offre numerosi spunti di riflessione che lascio come sempre a voi.
A cura di Ing. Gianluca Oreto
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