Scoperta a Palermo un'opera di Nervi
di Danilo Maniscalco - 15/05/2015
Una città questa, che ad alti e bassi non smette mai comunque di
stupirti!
È capace di stupire quando leggi della sua storia millenaria che
per parti puoi ancora ritrovare in un Centro Storico da sempre
abbandonato al continuo declino da politica ed intellettuali, lo è
ancora ogni volta che un frammento del suo passato torna a
reclamare i "suoi 15 minuti" di fama e popolarità alla stregua di
un messaggio dentro la bottiglia per caso ritrovato sulla spiaggia
una mattina.
Già, è accaduto lo scorso anno in Via Porta di Castro con il
ritrovamento di una medievale stanza di preghiera islamica
dentro l'appartamento di privati, è accaduto un paio di mesi fa con
il ritrovamento del vecchio ponte delle Teste mozze sul Fiume
Oreto, continuerà, ne sono sicuro, ancora e ancora.
Archeologie le chiamiamo quando frammenti, parti, interi edifici o
porzioni tornano a riveder la luce dopo improvvisi ritrovamenti o
interessanti e mirate campagne di scavo.
Eppure capita che il sapere del passato condensato in anni, decenni
di studio e sperimentazione giunga a noi senza che scavi o crolli
intervengano caoticamente a stupirci.
A volte è sufficiente lo studio attento e mirato di documenti e
testi rari, a volte basta persino semplicemente la passione, quella
per il tuo mestiere, quella per la bellezza.
È il caso di questo ottimo articolo scritto già nel 2008 dalla
collega Architetto Giulia Argiroffi, frutto del faticoso
lavoro svolto durante gli anni del dottorato di ricerca a Palermo e
avente per tema il lavoro svolto in Sicilia tra le due guerre, da
quel grande protagonista dell'ingegneria strutturale del 900 che
fu Pier Luigi Nervi.
In particolar modo chi scrive, ci tiene a precisare l'importanza
dei progetti palermitani sia per le straordinarie tracce
lasciate nel capoluogo da un grande maestro come Nervi, sia per
la dimenticata presenza di tali infrastrutture che per la natura
stessa e per tipologia e struttura (infrastrutture militari di
regime) conferiscono a tali "ritrovamenti", anch'essi archeologici,
l'atmosfera romantica che davvero sembrano possedere.
Archeologia non litica stavolta ma di cemento armato!
Il Cemento armato di Nervi, quello che, se sai chi è Nervi,
immagini e sai possedere una statica di matrice strettamente
estetica, mai banale o barocca, animata dalla misura generata dal
numero, governata dal calcolo, impreziosita persino da un
primordiale modo molto intimo di rapportarsi con il luogo
intorno.
Sono cisterne e cunicoli progettati per contenere la nafta per la
regia aviazione che dovrà difendere i cieli del Mediterraneo nei
tremendi cinque anni di guerra fascista, ma non sono semplici
cisterne e meri funzionali cunicoli.
"La struttura è cilindrica, realizzata sfruttando lo scavo come
cassaforma, sulla pianta circolare sono impostate colonne, dodici o
ventuno, per un'altezza di10 o 16,5 metri" scrive
l'autrice.
Una meraviglia di sale circolari ipostile i cui solai ancora
integri anche se non tutti, sorretti dalle colonne a base
troncoconica, restano immersi nel verde del Parco della
Favorita intessendo con lo stesso uno stretto rapporto
risultando mimetiche e quasi invisibili se non dalle quote più
elevate dei lastrici solari dei condomini radicati nella Piana dei
Colli e anch'essi in cemento armato.
Un cemento armato quest'ultimo, diverso da quello di Nervi, il
c.a. del Sacco di Palermo, per inciso quello troppo spesso
privo di anima, solo grigio e troppo spesso carbonatato al suo
interno.
Anima presente altresì nelle architetture ragionate e create per
produrre bellezza, quella capace di ispirare, quella capace di
generare adesione, quella presente quasi sempre nelle vestigia
petrae, tracce ritrovate o come accade per le cisterne di Nervi a
Palermo, semplicemente portate alla luce attraverso la luce della
conoscenza.
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