Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA): illegittima la sospensione decorsi 30 giorni

16/01/2019

Sono illegittimi i provvedimenti di sospensione dei lavori, diffida o inibitoria adottati dall'amministrazione comunale dopo che è decorso il termine di 30 giorni previsto per il consolidamento di una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA).

Lo ha confermato la Terza Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia con la sentenza 7 gennaio 2019, n. 9 con la quale, in applicazione delle previsioni contenute nell'art. 23 comma 6 del DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia), ha accolto il ricorso presentato da un privato per l'annullamento del provvedimento di sospensione dell’efficacia amministrativa di una SCIA emesso dal Comune dopo che erano già decorsi i 30 giorni canonici previsti per il consolidamento del titolo, senza che sia stato fatto ricorso agli strumenti di autotutela.

In particolare, come confermano i giudici di prime cure, una volta perfezionatasi e divenuta efficace la SCIA, l’attività del Comune deve necessariamente essere condotta nell'ambito di un procedimento di secondo grado avente ad oggetto il riesame di un'autorizzazione implicita che, pertanto, ha già determinato la piena espansione del cd. ius aedificandi.

Nel caso di specie, la SCIA è stata acquisita dal Comune che ha poi notificato il provvedimento di sospensione oltre (sia pure di poco) i 30 giorni prescritti per legge (art. 19 comma 6 bis della Legge n. 241/90 e art. 23 comma 6 del DPR n. 380/2001). Pertanto, al momento dell'adozione del provvedimento impugnato, stante la natura perentoria del termine di verifica e di inibitoria, si era consolidata la legittimazione del privato ad eseguire l'intervento edilizio per effetto dell’inerzia dell'Amministrazione. Il che postula, che il Comune resistente non poteva limitarsi a sospendere l’efficacia della SCIA, ma avrebbe dovuto previamente provvedere, in via di autotutela, alla rimozione del provvedimento implicito, in applicazione del comma 4 dell’art. 19 della Legge n. 241/90 secondo cui “Decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3, primo periodo, ovvero di cui al comma 6-bis, l'amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall'articolo 21-nonies”.

Tale potere residuale per la P.A procedente deve, peraltro, essere esercitato secondo i principi regolatori legislativamente sanciti, in materia di autotutela, con particolare riferimento alla necessità dell'avvio di un apposito procedimento in contraddittorio, al rispetto del limite del termine ragionevole, e soprattutto, alla necessità di una valutazione comparativa, di natura discrezionale, degli interessi in rilievo, idonea a giustificare la frustrazione dell'affidamento incolpevole maturato in capo al denunciante a seguito del decorso del tempo e della conseguente consumazione del potere inibitorio.

In definitiva, essendo stati superati i termini previsti, il TAR ha dato ragione al privato annullando il provvedimento di sospensione.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it



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