Servizi di progettazione: il CNAPPC sulle istruzioni dell'AVCP per la determinazione dei corrispettivi
17/05/2012
Il Consiglio Nazionale degli Architetti pianificatori, paesaggisti
e conservatori è intervenuto sulla recente deliberazione n. 49
del 3 maggio dell'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture con un comunicato stampa
del vicepresidente con delega ai lavori pubblici Rino La
Mendola, il quale ha affermato di aver apprezzato "il
prezioso lavoro svolto dall'Autorità di Vigilanza sui Contratti
Pubblici nella consapevolezza che la deliberazione n. 49, coprendo
un vuoto legislativo, individua un metodo per calcolare gli importi
da porre a base d'asta e per scegliere le procedure da adottare per
gli affidamenti di servizi di architettura e ingegneria".
Come già palesato nel recente passato, la nostra analisi valuta la deliberazione dell'Autorità inopportuna sia nella forma che nella sostanza.
Ne spieghiamo i motivi.
La deliberazione è inopportuna nella forma perché, considerato che l'Autorità aveva attivato un tavolo tecnico per lo studio delle tematiche relative all'affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria, sarebbe stato più opportuno rendere partecipe il tavolo tecnico della stesura di una deliberazione di tale importanza onde evitare che allo stesso venga riconosciuto solo un ruolo notarile, che ne avrebbe vanificato l'utilità.
Ma la deliberazione è inopportuna anche nella sostanza perché per la determinazione dei compensi da porre a base d'asta afferma che le amministrazioni devono riferirsi ai compensi corrisposti ai progettisti negli ultimi anni (quanti?), rapportati all'importo dei lavori progettati, eseguiti e collaudati per fornire la percentuale di incidenza del costo della fase progettuale sul totale dell'importo dei lavori. La determinazione ha, inoltre, precisato che gli importi corrisposti in passato devono essere considerati al netto dei ribassi offerti in gara e, pertanto, l'importo da porre a base di gara, come prima determinato, deve essere incrementato della media dei ribassi ottenuti nel passato.
E' semplice osservare come tale soluzione abbastanza macchinosa e con riferimenti vaghi (che significa negli ultimi anni? E' forse possibile che il RUP scelga gli anni che ritiene più opportuni?) porterebbe ad un meccanismo certamente non idoneo a definire in maniera univoca le soglie previste dall'articolo 91 del Codice dei contratti (40.000, 100.000 e 200.000 euro). In pratica potrebbe verificarsi che due servizi di architettura e di ingegneria relativi alla stessa tipologia e con eguale importo di lavori potranno essere collocati all'interno o al di fuori di una soglia a seconda dell'Ente appaltante in cui sarà richiesto il servizio stesso.
E non crediamo che tale situazione sia auspicabile anche in considerazione che alle soglie è affidato l'importante compito di definire la tipologia di affidamento (diretto, procedura negoziata, procedura aperta).
Una soluzione ponte che l'Autorità avrebbe potuto individuare, nelle more di un chiaro intervento del Governo, poteva essere quella di far ritornare in vita le tariffe con atti delle singole amministrazioni che avrebbero potuto disporre la determinazione di propri parametri sulla base del D.M. 4/1/2001 (pur non richiamandolo) in modo che, in definitiva, ogni singola amministrazione avrebbe potuto avere dei parametri di riferimento chiari ed univoci evitando al Responsabile del procedimento, per ogni affidamento, di fare scelte non soltanto arbitrarie ma, anche, non coerenti tra di loro.
In verità nel comunicato del CNAPPC il Vicepresidente La Mendola all'apprezzamento iniziale fa seguire una puntualizzazione con cui ritiene che "a regime, possano essere più razionalmente utilizzate le tabelle parametriche di cui al Decreto che sarà presto emanato dal Ministro della Giustizia, in adempimento all'art.9 comma 2 del Decreto sulle liberalizzazioni (DL n. 1/2012, convertito con legge n. 27/2012). Queste tabelle parametriche proprio perché concepite quale strumento a servizio del giudice nei contenziosi, possono costituire un valido punto di riferimento anche per le Amministrazioni Pubbliche, scongiurando il rischio di alimentare una eccessiva discrezionalità delle stazioni appaltanti che non si coniugherebbe con il principio della trasparenza a cui si ispirano le direttive europee ed il codice dei contratti".
A tal proposito ci chiediamo qual è il senso di un'operazione che prima cancella le tariffe professionali che ricordiamo non erano minimi inderogabili e che erano idonee, soltanto, alla determinazione dei compensi da porre a base di gara per i servizi di architettura e di ingegneria e, poi, fa nascere nuove "tabelle parametriche" per la determinazione dei compensi stessi? "scongiurando il rischio - come viene precisato nel comunicato del CNAPPC - di alimentare una eccessiva discrezionalità delle stazioni appaltanti che non si coniugherebbe con il principio della trasparenza a cui si ispirano le direttive europee ed il codice dei contratti".
Non comprendendone la ragione se non quella di copertura per una soluzione errata sulla quale si tornerebbe indietro non in maniera cristallina, riteniamo questa un "escamotage" degna di una novella di Pirandello.
Sarebbe stato meglio che i nostri rappresentanti più che fare "politica" cercando di dare "un colpo alla botte ed uno al timpagno" (pazienza utilizzata per costruire le antiche botti di legno), capiscano che oggi il tempo della pazienza è finito e che occorre dire le cose per quelle che sono.
Tutta questa l'operazione sull'abrogazione delle tariffe professionali (che ricordo, ancora una volta, non erano minimi inderogabili) è un'operazione nata sull'onda delle "liberalizzazioni" volute dal Governo Monti sulla quale prima di essere partecipi di soluzioni rabberciate, occorrerebbe puntare sulla abrogazione dei commi 1, 2, 3 e 5 dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio n. 1 convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 evidenziando, anche attraverso gli organi di stampa, in maniera chiara ed univoca l'attuale ingestibilità del sistema degli affidamenti dei servizi di architettura e di ingegneria.
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Come già palesato nel recente passato, la nostra analisi valuta la deliberazione dell'Autorità inopportuna sia nella forma che nella sostanza.
Ne spieghiamo i motivi.
La deliberazione è inopportuna nella forma perché, considerato che l'Autorità aveva attivato un tavolo tecnico per lo studio delle tematiche relative all'affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria, sarebbe stato più opportuno rendere partecipe il tavolo tecnico della stesura di una deliberazione di tale importanza onde evitare che allo stesso venga riconosciuto solo un ruolo notarile, che ne avrebbe vanificato l'utilità.
Ma la deliberazione è inopportuna anche nella sostanza perché per la determinazione dei compensi da porre a base d'asta afferma che le amministrazioni devono riferirsi ai compensi corrisposti ai progettisti negli ultimi anni (quanti?), rapportati all'importo dei lavori progettati, eseguiti e collaudati per fornire la percentuale di incidenza del costo della fase progettuale sul totale dell'importo dei lavori. La determinazione ha, inoltre, precisato che gli importi corrisposti in passato devono essere considerati al netto dei ribassi offerti in gara e, pertanto, l'importo da porre a base di gara, come prima determinato, deve essere incrementato della media dei ribassi ottenuti nel passato.
E' semplice osservare come tale soluzione abbastanza macchinosa e con riferimenti vaghi (che significa negli ultimi anni? E' forse possibile che il RUP scelga gli anni che ritiene più opportuni?) porterebbe ad un meccanismo certamente non idoneo a definire in maniera univoca le soglie previste dall'articolo 91 del Codice dei contratti (40.000, 100.000 e 200.000 euro). In pratica potrebbe verificarsi che due servizi di architettura e di ingegneria relativi alla stessa tipologia e con eguale importo di lavori potranno essere collocati all'interno o al di fuori di una soglia a seconda dell'Ente appaltante in cui sarà richiesto il servizio stesso.
E non crediamo che tale situazione sia auspicabile anche in considerazione che alle soglie è affidato l'importante compito di definire la tipologia di affidamento (diretto, procedura negoziata, procedura aperta).
Una soluzione ponte che l'Autorità avrebbe potuto individuare, nelle more di un chiaro intervento del Governo, poteva essere quella di far ritornare in vita le tariffe con atti delle singole amministrazioni che avrebbero potuto disporre la determinazione di propri parametri sulla base del D.M. 4/1/2001 (pur non richiamandolo) in modo che, in definitiva, ogni singola amministrazione avrebbe potuto avere dei parametri di riferimento chiari ed univoci evitando al Responsabile del procedimento, per ogni affidamento, di fare scelte non soltanto arbitrarie ma, anche, non coerenti tra di loro.
In verità nel comunicato del CNAPPC il Vicepresidente La Mendola all'apprezzamento iniziale fa seguire una puntualizzazione con cui ritiene che "a regime, possano essere più razionalmente utilizzate le tabelle parametriche di cui al Decreto che sarà presto emanato dal Ministro della Giustizia, in adempimento all'art.9 comma 2 del Decreto sulle liberalizzazioni (DL n. 1/2012, convertito con legge n. 27/2012). Queste tabelle parametriche proprio perché concepite quale strumento a servizio del giudice nei contenziosi, possono costituire un valido punto di riferimento anche per le Amministrazioni Pubbliche, scongiurando il rischio di alimentare una eccessiva discrezionalità delle stazioni appaltanti che non si coniugherebbe con il principio della trasparenza a cui si ispirano le direttive europee ed il codice dei contratti".
A tal proposito ci chiediamo qual è il senso di un'operazione che prima cancella le tariffe professionali che ricordiamo non erano minimi inderogabili e che erano idonee, soltanto, alla determinazione dei compensi da porre a base di gara per i servizi di architettura e di ingegneria e, poi, fa nascere nuove "tabelle parametriche" per la determinazione dei compensi stessi? "scongiurando il rischio - come viene precisato nel comunicato del CNAPPC - di alimentare una eccessiva discrezionalità delle stazioni appaltanti che non si coniugherebbe con il principio della trasparenza a cui si ispirano le direttive europee ed il codice dei contratti".
Non comprendendone la ragione se non quella di copertura per una soluzione errata sulla quale si tornerebbe indietro non in maniera cristallina, riteniamo questa un "escamotage" degna di una novella di Pirandello.
Sarebbe stato meglio che i nostri rappresentanti più che fare "politica" cercando di dare "un colpo alla botte ed uno al timpagno" (pazienza utilizzata per costruire le antiche botti di legno), capiscano che oggi il tempo della pazienza è finito e che occorre dire le cose per quelle che sono.
Tutta questa l'operazione sull'abrogazione delle tariffe professionali (che ricordo, ancora una volta, non erano minimi inderogabili) è un'operazione nata sull'onda delle "liberalizzazioni" volute dal Governo Monti sulla quale prima di essere partecipi di soluzioni rabberciate, occorrerebbe puntare sulla abrogazione dei commi 1, 2, 3 e 5 dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio n. 1 convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 evidenziando, anche attraverso gli organi di stampa, in maniera chiara ed univoca l'attuale ingestibilità del sistema degli affidamenti dei servizi di architettura e di ingegneria.
A cura di Paolo
Oreto
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