Svelato l'identikit del professionista: molta istruzione, poco lavoro ed ancor meno denaro

03/05/2011

Duri anni di studio e molte speranze che vanno in frantumi: ecco cosa rimane sulle spalle del giovane professionista che, oggi, deve sbarcare il lunario con meno di 15mila euro all'anno, sebbene istruzione e competenze non gli manchino di certo.
L'identikit del professionista, tracciato dalla ricerca Ires-Cgil "Professionisti, a quali condizioni", mette a nudo tutte le incertezze che contraddistinguono il nostro Paese e la sua forza lavoro. Giovani precari, con stipendi ridotti all'osso e con la voglia di andare avanti che tende ad affievolirsi.

Soffrono per il mancato riconoscimento delle proprie competenze (quasi l'80% ha una laurea breve) e l'impossibilità di ottenere qualcosa che possa far sperare per il futuro.
L'indagine si è basata su un campione di 4mila professionisti suddivisi nella maggior parte tra architetti, ingegneri, medici e commercialisti, sia in forma autonoma che come dipendenti.
Molti hanno evidenziato come abbiano avuto la necessità di strutturarsi con partita iva e, quindi, come lavoratori autonomi quando, invece, svolgono lavori assolutamente subordinati. E questo solo e soltanto per poter andare avanti, sperando in una situazione migliore.
Lavori frammentati, senza alcuna continuità, con un alternarsi costante di periodi disoccupazione che portano ad un alto grado di incertezza.
Il campione di intervistati ha manifestato, inoltre, la propria disponibilità al versamento di una quota contributiva al fine di ottenere un'indennità di disoccupazione.
Prospettive di carriera quasi inesistenti e, dove possibile, le stesse sono finalizzate esclusivamente alla gloria personale piuttosto che alla stabilità economica.
Il consiglio nazionale dei commercialisti, tramite il presidente Siciliotti, ha confermato che negli ultimi anni il mercato è molto cambiato ed i giovani si trovano in serie difficoltà di inserimento, il tutto aggravato dalla crisi che investe il nostro paese.
E non meno diversa è la situazione negli altri settori.

Ci sarebbe da dire: bisogna sempre sperare.

Ma il pessimismo di oggi aggiunge: chi di speranza vive, disperato muore.

Speriamo bene!

A cura di Gabriele Bivona


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