Terre e rocce da scavo: Il geologo progettista del "Piano di utilizzo"
22/11/2012
Dal 6 ottobre 2012 è operante la procedura per la
gestione dei materiali da scavo derivanti da opere edili,
indipendentemente dal loro quantitativo; tale nuova procedura è
disciplinata dalle regole dettate dal D.M. Ambiente del 10
agosto 2012 n. 161,pubblicato in G.U. del 21 settembre 2012, n.
221).
La nuova disciplina sostituisce quella prevista dall'art. 186 del D.Lgs. 152/2006, conosciuto come "Codice ambientale", in virtù della delegificazione proposta dallo stesso codice.
L'art. 186 consentiva di inserire le terre e le rocce provenienti dagli scavi, purché con caratteristiche merceologiche ed ambientali idonee, nel campo dei sottoprodotti gestibili con uno specifico "progetto di utilizzo", fuori dal più oneroso regime dei rifiuti.
Ricordiamo che il dm 161/2012 si applica in tutti i casi in cui si desidera gestire le terre e rocce derivanti da scavi e i residui derivanti dalla lavorazione di materiali lapidei come sottoprodotti.
Qualora ciò non sia possibile i materiali saranno trattati come rifiuti.
Il nuovo dm 161/2012 si applica ai materiali di scavo derivanti da lavori di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione relativi a scavi in genere, perforazioni, trivellazioni, palificazioni, consolidamento ecc., opere infrastrutturali, rimozione e livellamento opere in terra, materiali litoidi e simili provenienti da escavazioni effettuate negli alvei sia dei corpi idrici superficiali. Il decreto si applica anche ai residui derivanti dalla lavorazione di materiali lapidei anche non connessi alla realizzazione di un’opera e non contenenti sostanze pericolose.
In riferimento al nuovo decreto ed alla possibilità che le terre e rocce derivanti da scavi e i residui derivanti dalla lavorazione di materiali lapidei possono essere riutilizzati è necessario predisporre un “Piano di utilizzo” e su tale problematica Gian Vito Graziano Presidente del Consiglio nazionale dei geologi ha preparato un interessante articolo in cui viene precisato come siano del tutto evidenti i benefici ambientali che derivano dall'utilizzo come sottoprodotto del materiale da scavo non inquinato, comportando un risparmio di risorse primarie, una limitazione degli interventi, spesso invasivi, per l'estrazione dei materiali (in primo luogo di sabbie e ghiaie) e la diminuzione di rifiuti inerti da portare a discarica.
Sempre nello stesso articolo vine precisato che "Non è superfluo sottolineare che tra le diverse competenze necessarie alla definizione degli aspetti squisitamente ambientali, quella del geologo risulta determinante e per certi versi strategica, per il suo bagaglio di conoscenze geoambientali, geochimiche ed idrogeologiche." e che "Non a caso il "Piano di Utilizzo" si compone di diverse parti, tra cui quella relativa alla modellazione geologica ed idrogeologica, nelle quali il geologo si configura a tutti gli effetti come progettista".
Il nuovo decreto ministeriale stabilisce ora criteri e adempimenti burocratici per gestire le terre e le rocce da scavo, prevedendo un controllo rigido lungo la filiera che va dalla produzione (scavo) al riutilizzo e disciplinando la stessa gestione in maniera in qualche modo diversa dal precedente regime di cui all'art. 186.
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La nuova disciplina sostituisce quella prevista dall'art. 186 del D.Lgs. 152/2006, conosciuto come "Codice ambientale", in virtù della delegificazione proposta dallo stesso codice.
L'art. 186 consentiva di inserire le terre e le rocce provenienti dagli scavi, purché con caratteristiche merceologiche ed ambientali idonee, nel campo dei sottoprodotti gestibili con uno specifico "progetto di utilizzo", fuori dal più oneroso regime dei rifiuti.
Ricordiamo che il dm 161/2012 si applica in tutti i casi in cui si desidera gestire le terre e rocce derivanti da scavi e i residui derivanti dalla lavorazione di materiali lapidei come sottoprodotti.
Qualora ciò non sia possibile i materiali saranno trattati come rifiuti.
Il nuovo dm 161/2012 si applica ai materiali di scavo derivanti da lavori di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione relativi a scavi in genere, perforazioni, trivellazioni, palificazioni, consolidamento ecc., opere infrastrutturali, rimozione e livellamento opere in terra, materiali litoidi e simili provenienti da escavazioni effettuate negli alvei sia dei corpi idrici superficiali. Il decreto si applica anche ai residui derivanti dalla lavorazione di materiali lapidei anche non connessi alla realizzazione di un’opera e non contenenti sostanze pericolose.
In riferimento al nuovo decreto ed alla possibilità che le terre e rocce derivanti da scavi e i residui derivanti dalla lavorazione di materiali lapidei possono essere riutilizzati è necessario predisporre un “Piano di utilizzo” e su tale problematica Gian Vito Graziano Presidente del Consiglio nazionale dei geologi ha preparato un interessante articolo in cui viene precisato come siano del tutto evidenti i benefici ambientali che derivano dall'utilizzo come sottoprodotto del materiale da scavo non inquinato, comportando un risparmio di risorse primarie, una limitazione degli interventi, spesso invasivi, per l'estrazione dei materiali (in primo luogo di sabbie e ghiaie) e la diminuzione di rifiuti inerti da portare a discarica.
Sempre nello stesso articolo vine precisato che "Non è superfluo sottolineare che tra le diverse competenze necessarie alla definizione degli aspetti squisitamente ambientali, quella del geologo risulta determinante e per certi versi strategica, per il suo bagaglio di conoscenze geoambientali, geochimiche ed idrogeologiche." e che "Non a caso il "Piano di Utilizzo" si compone di diverse parti, tra cui quella relativa alla modellazione geologica ed idrogeologica, nelle quali il geologo si configura a tutti gli effetti come progettista".
Il nuovo decreto ministeriale stabilisce ora criteri e adempimenti burocratici per gestire le terre e le rocce da scavo, prevedendo un controllo rigido lungo la filiera che va dalla produzione (scavo) al riutilizzo e disciplinando la stessa gestione in maniera in qualche modo diversa dal precedente regime di cui all'art. 186.
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A cura di Gabriele
Bivona
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