Utilizzo del lavoratore irregolare con sanzione al favor rei
17/08/2009
Con la risoluzione n. 211/E dell'11 agosto l'agenzia delle Entrate
è tornata a occuparsi delle sanzioni per l'utilizzo di lavoratori
irregolari e, in particolare, dell'applicabilità alle stesse
sanzioni del principio del favor rei di cui all'articolo 3, comma
3, del Dlgs n. 472 del 1997.
Tale norma - analogamente a quanto disposto in materia penale (articolo 2, comma 4, del codice penale) - dispone che "Se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo".
Il problema relativo all'applicabilità del suddetto principio alle sanzioni per lavoro irregolare è sorto a seguito dei mutamenti normativi che si sono susseguiti in materia e che hanno, fra l'altro, portato a una nuova commisurazione delle sanzioni in parola.
L'articolo 3, comma 3, del decreto legge n. 12/2002 (convertito con modificazioni dalla legge n. 73/2002) prevedeva, infatti, - nel testo vigente fino all'11 agosto 2006 - una sanzione "dal 200 al 400 per cento dell'importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data di constatazione della violazione". Il testo vigente dispone, invece, che le sanzioni per l'utilizzo di lavoratori irregolari sono determinate in una misura che varia "da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo".
Invero, con la circolare n. 56/E del 24 settembre 2008 ("Sanzioni amministrative per l'utilizzo di lavoratori irregolari - Modifiche normative e giurisprudenza della Corte costituzionale"), l'agenzia delle Entrate ha riconosciuto l'operatività del suddetto principio in materia di sanzioni per il lavoro irregolare, precisando che "Il rinvio ai principi generali recati dal Dlgs n. 472 del 1997, con l'unica esclusione della preventiva notifica dell'atto di contestazione previsto dal comma 2 dell'articolo 16 di tale decreto, comporta che nella determinazione della sanzione in parola debba trovare applicazione anche il principio del favor rei di cui all'articolo 3, comma 3, dello stesso Dlgs n. 472 del 1997" (cfr. punto n. 4 della circolare n. 56/E del 2008).
Con l'odierno documento di prassi l'Agenzia ha inteso fornire ulteriori chiarimenti in ordine alla concreta applicazione del principio del favor rei, con lo scopo di facilitare gli uffici nell'individuazione della sanzione di volta in volta applicabile.
A tal fine, viene evidenziato, in via preliminare, che per poter stabilire quale sia la norma effettivamente più favorevole al trasgressore, occorre far riferimento agli stessi criteri utilizzati nel diritto penale, tenendo, peraltro, presente la specificità della materia tributaria.
Sulla base del principio enucleato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 1994 del 25 gennaio 2005, l'Agenzia ha, inoltre, precisato che "per l'applicazione del principio del favor rei, occorre confrontare, complessivamente e in concreto, la sanzione applicabile in base alle disposizioni normative attualmente in vigore con quella vigente all'epoca della violazione, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti per il trattamento sanzionatorio; tra le due sanzioni deve essere irrogata quella che risulta più favorevole al trasgressore ...".
Con la risoluzione n. 211/E si è, altresì, proceduto a individuare le modalità da osservare in sede di determinazione della sanzione, distinguendo i criteri da adottare per la commisurazione effettuata ai sensi del testo previgente dell'articolo 3, comma 3, del decreto legge n. 12/2002 rispetto a quelli previsti dalla nuova disciplina.
Infine, è stato chiarito che, ai fini dell'operatività del favor rei, "ciò che assume rilevanza è la continuità normativa costituita dal permanere della medesima fattispecie di violazione, mentre le modifiche relative al regime sanzionatorio possono interessare l'entità della sanzione, ma anche estendersi alla struttura della sanzione stessa. Ciò che va sempre osservato, in tali ipotesi è il divieto di pervenire all'arbitraria creazione di un tertium genus di sanzione non previsto dalla legge". La Suprema corte ha, infatti, chiarito che non è possibile "combinare un mixtum compositum di disposizioni più favorevoli delle due leggi, perché ciò porterebbe all'inammissibile creazione di una terza legge" (cfr. Cassazione, n. 1994 del 2005).
Fonte: Fisco Oggi
© Riproduzione riservata
Tale norma - analogamente a quanto disposto in materia penale (articolo 2, comma 4, del codice penale) - dispone che "Se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo".
Il problema relativo all'applicabilità del suddetto principio alle sanzioni per lavoro irregolare è sorto a seguito dei mutamenti normativi che si sono susseguiti in materia e che hanno, fra l'altro, portato a una nuova commisurazione delle sanzioni in parola.
L'articolo 3, comma 3, del decreto legge n. 12/2002 (convertito con modificazioni dalla legge n. 73/2002) prevedeva, infatti, - nel testo vigente fino all'11 agosto 2006 - una sanzione "dal 200 al 400 per cento dell'importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data di constatazione della violazione". Il testo vigente dispone, invece, che le sanzioni per l'utilizzo di lavoratori irregolari sono determinate in una misura che varia "da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo".
Invero, con la circolare n. 56/E del 24 settembre 2008 ("Sanzioni amministrative per l'utilizzo di lavoratori irregolari - Modifiche normative e giurisprudenza della Corte costituzionale"), l'agenzia delle Entrate ha riconosciuto l'operatività del suddetto principio in materia di sanzioni per il lavoro irregolare, precisando che "Il rinvio ai principi generali recati dal Dlgs n. 472 del 1997, con l'unica esclusione della preventiva notifica dell'atto di contestazione previsto dal comma 2 dell'articolo 16 di tale decreto, comporta che nella determinazione della sanzione in parola debba trovare applicazione anche il principio del favor rei di cui all'articolo 3, comma 3, dello stesso Dlgs n. 472 del 1997" (cfr. punto n. 4 della circolare n. 56/E del 2008).
Con l'odierno documento di prassi l'Agenzia ha inteso fornire ulteriori chiarimenti in ordine alla concreta applicazione del principio del favor rei, con lo scopo di facilitare gli uffici nell'individuazione della sanzione di volta in volta applicabile.
A tal fine, viene evidenziato, in via preliminare, che per poter stabilire quale sia la norma effettivamente più favorevole al trasgressore, occorre far riferimento agli stessi criteri utilizzati nel diritto penale, tenendo, peraltro, presente la specificità della materia tributaria.
Sulla base del principio enucleato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 1994 del 25 gennaio 2005, l'Agenzia ha, inoltre, precisato che "per l'applicazione del principio del favor rei, occorre confrontare, complessivamente e in concreto, la sanzione applicabile in base alle disposizioni normative attualmente in vigore con quella vigente all'epoca della violazione, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti per il trattamento sanzionatorio; tra le due sanzioni deve essere irrogata quella che risulta più favorevole al trasgressore ...".
Con la risoluzione n. 211/E si è, altresì, proceduto a individuare le modalità da osservare in sede di determinazione della sanzione, distinguendo i criteri da adottare per la commisurazione effettuata ai sensi del testo previgente dell'articolo 3, comma 3, del decreto legge n. 12/2002 rispetto a quelli previsti dalla nuova disciplina.
Infine, è stato chiarito che, ai fini dell'operatività del favor rei, "ciò che assume rilevanza è la continuità normativa costituita dal permanere della medesima fattispecie di violazione, mentre le modifiche relative al regime sanzionatorio possono interessare l'entità della sanzione, ma anche estendersi alla struttura della sanzione stessa. Ciò che va sempre osservato, in tali ipotesi è il divieto di pervenire all'arbitraria creazione di un tertium genus di sanzione non previsto dalla legge". La Suprema corte ha, infatti, chiarito che non è possibile "combinare un mixtum compositum di disposizioni più favorevoli delle due leggi, perché ciò porterebbe all'inammissibile creazione di una terza legge" (cfr. Cassazione, n. 1994 del 2005).
Fonte: Fisco Oggi
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