Abusi edilizi e accertamento di conformità: responsabilità e sanzioni
di Redazione tecnica - 09/11/2021
Di chi è la responsabilità di un eventuale abuso edilizio commesso a causa di un errore o della malafede del professionista incaricato alla richiesta del titolo abilitativo?
Abusi edilizi e titolo abilitativo: la sentenza del Consiglio di Stato
Potrebbe sembrare una strana domanda ma leggendo la sentenza del Consiglio di Stato 8 novembre 2021, n. 7418 vi renderete conto che non lo è affatto. Immaginate di voler avviare un intervento di ristrutturazione edilizia del vostro immobile. Giustamente date incarico ad un tecnico di fiducia affinché segua le pratiche edilizie relative all'intervento. I lavori edili di ristrutturazione vengono avviati e portati a termine e, nel frattempo, il tecnico vi invia i titoli edilizi formalmente rilasciati dal Comune.
A questo punto, terminati i lavori, apprendete dalla stampa che vi è in corso un procedimento penale della Procura della Repubblica nei confronti del suddetto tecnico, accusato di aver falsificato dei titoli abilitativi.
Dopo le opportune verifiche vi rendete conto che anche i titoli abilitativi relativi al vostro intervento sono stati falsificati dal tecnico (che si era indebitamente appropriato anche delle somme corrisposte per gli oneri di legge). Quindi, la ristrutturazione ed edificazione era stata avviata e portata a termine senza alcun titolo legittimante.
Vi sembrerà strano, ma accade anche questo. La domanda a questo punto è semplice: come sanare il problema? E' possibile una sorta di sanatoria particolare senza pagamento di eventuali sanzioni? Scopriamolo con la sentenza del Consiglio di Stato.
Abusi edilizi e accertamento di conformità
Prima di farlo appare utile ricordare cosa prevede l'art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 (Testo Unico Edilizia) a mente del quale è possibile ottenere il permesso di costruire in sanatoria a seguito di accertamento di conformità. La disposizione prevede che nel caso di presenza della cosiddetta doppia conformità sia possibile sanare una abuso formale. L'intervento realizzato senza titolo deve essere conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (la doppia conformità).
A questo punto, se l'intervento possiede la doppia conformità, la norma prevede il rilascio del permesso in sanatoria subordinandolo al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia.
Il caso oggetto della sentenza
Nel caso di specie, il proprietario, per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, ha chiesto al Comune l'esenzione del pagamento delle sanzioni dovute ai fini del rilascio del permesso a costruire in sanatoria. Richiesta che è stata respinta dal Comune e poi accolta in primo grado dal TAR.
Da qui il ricorso in secondo grado che, dando ragione al Comune ricorrente, ha ribaltato la decisione di primo grado basata sul presupposto che il ricorrente è “incorso in un errore incolpevole e inevitabile, siccome determinato dalla fraudolenta condotta di un terzo, idoneo a indurlo in errore ed estraneo alla sua condotta e non ovviabile con ordinaria diligenza o prudenza”.
Secondo il TAR "il ricorrente è stato vittima di una truffa orchestrata dal tecnico da lui incaricato” e ha aderito alla prospettazione teorica in base alla quale “solo la sanzione della demolizione e quelle ad essa sostitutive hanno carattere ripristinatorio, mentre tutte le volte in cui la sanzione pecuniaria sia l’unica forma di reazione prevista dall’ordinamento all’illecito edilizio alla stessa deve riconoscersi carattere afflittivo con conseguente applicazione dei principi generali inerenti l’imputabilità per dolo o colpa”.
Titolo edilizio e responsabilità
I giudici di secondo grado hanno di contro ricordato i contenuti del richiamato art. 36 del TUE che richiedendo il pagamento del contributo di costruzione in misura doppia, non prevede alcun margine di valutazione da parte dell’amministrazione.
Né la norma prevede una sorta di doppio binario a seconda che il richiedente la sanatoria sia responsabile dell’abuso o meno. La norma intesta indistintamente al responsabile dell’abuso ed al proprietario la titolarità del potere di attivare il procedimento di sanatoria, individuando in modo esplicito anche l’attuale proprietario, anche se non responsabile dell’abuso. Ciò a differenza del previgente art. 13 della legge n. 47/1985 (primo condono edilizio), che individuava come unico legittimato il responsabile dell’abuso.
L’ampliamento della legittimazione al proprietario non responsabile si giustifica dalla necessità di eleminare, sul piano oggettivo, gli effetti dell’illecito urbanistico-edilizio e prevenire le conseguenze che ne deriverebbero, anche per il proprietario, a prescindere da ogni sua responsabilità, ovvero per scongiurare l’eventuale demolizione dell’opera.
Il permesso di costruire in sanatoria
In coerenza con tale considerazione, deve osservarsi che:
- quello di sanatoria è un procedimento ad istanza di parte, che, come detto, lo stesso proprietario non responsabile può attivare;
- l’oblazione ivi prevista è considerata dal legislatore una condizione per l’ottenimento del titolo in sanatoria, grazie al quale l’istante scongiura il rischio di dover procedere alla demolizione dell’opera;
- in tal senso, l’oblazione è una somma che viene corrisposta “volontariamente” (la sanatoria è infatti richiesta dall’interessato) al fine di regolarizzare una situazione obiettivamente antigiuridica, di cui lo stesso proprietario, anche se non responsabile, sarebbe chiamato a rispondere, dal momento che, a norma dell’art 31 del d.P.R. n. 380/2001, il proprietario, anche se non responsabile in via diretta, può essere soggetto passivo del provvedimento di demolizione, in quanto soggetto che ha il potere di rimuovere concretamente l’abuso.
In tale ottica, la parte dell’obbligazione superiore al contributo di costruzione, che pure assume un connotato sanzionatorio, non pare assimilabile ad una sanzione punitiva imposta dall’amministrazione nell’esercizio di un potere sanzionatorio vero e proprio, nel quale possono venire in considerazioni anche aspetti legati all’elemento soggettivo del soggetto agente.
La stessa, invece, si inserisce in un procedimento, attivato dal privato, avente la funzione di “sanare” l’abuso (ovvero riparatoria di un interesse che è stato comunque leso). Ciò consente, al ricorrere delle ulteriori condizioni di legge (e cioè al requisito della doppia conformità), di ovviare alla misura della demolizione.
La responsabilità dell'abuso
Il fatto che la situazione di oggettiva illegittimità dell’opera si sia determinata a causa della condotta fraudolenta di un terzo, non risulta idoneo ad incrinare la conclusione che precede, non potendosi ripercuotere nella relazione tra questi e l’amministrazione, la quale resta estranea alle vicende che hanno caratterizzato il rapporto tra il ricorrente ed il tecnico dallo stesso incaricato di seguire la pratica edilizia.
Conclusioni
Per tali ragioni, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Comune ricordando che il pregiudizio subito dall’appellato, al ricorrere delle relative condizioni, potrà trovare ristoro in altre sedi, non potendo incidere sui presupposti necessari per il rilascio del titolo in sanatoria così come individuati dalla legge.
In definitiva occhio sempre al professionista a cui affidate le vostre pratiche. Un professionista non si occupa di "formalità amministrative per l’acquisizione del titolo abilitativo" come recita l'art. 8 dell'ultima versione del Disegno di Legge di Bilancio 2022. Un professionista ha responsabilità e funzioni ben più vaste, che necessitano di preparazione e che hanno un costo. Incaricare a un professionista una pratica edilizia non vuol dire "pagare" una firma ma affidare un progetto molto più vasto che implica conoscenza, solidità e responsabilità non indifferenti.
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