Abusi edilizi in area con vincolo paesaggistico: quando è possibile la sanatoria?
di Redazione tecnica - 14/12/2022
Quando un abuso edilizio è commesso in area sottoposta a vincolo paesaggistico, diventa molto difficile potere ottenere la sanatoria, il cui ambito di applicazione riguarda l’autorizzazione paesaggistica e il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.
Sanatoria paesaggistica: il no del Consiglio di Stato
A ribadirlo è il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 10866/2022, con la quale ha confermato l’insanabilità e la conseguente legittimità dell’ordine di demolizione di una piscina e della relativa pavimentazione, realizzate in zona vincolata e senza autorizzazione paesaggistica che, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 146, comma 4, e 167, comma 4, lett. a), d.lgs. 42/2004, “non può essere rilasciata successivamente alla realizzazione anche parziale degli interventi”.
Secondo la ricorrente, già in primo grado Il Tar avrebbe omesso di considerare che la piscina e la pavimentazione accessoria, opere non visibili all’esterno senza alcun incremento di volumi e superfici utili, non avrebbero modificato l’assetto morfologico del territorio e quindi sarebbero state suscettibili, ai sensi dell’art. 167, comma 4, lett. a), d.lgs. 42/2004, di sanatoria paesaggistica.
Le opere infatti sarebbero rientrate nel disposto dell'articolo 149 del d.lgs. n. 42/2004 in forza del quale non è richiesta alcuna autorizzazione per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici.
Autorizzazione paesaggistica e sanatoria: cosa prevede il Codice dei Beni Culturali
Sulla questione, Palazzo Spada ha precisato che il profilo urbanistico-edilizio e l’eventuale accertamento di conformità ex post delle opere alla relativa disciplina di pianificazione del territorio vanno tenuti distinti dalla compatibilità di detti interventi con la tutela del vincolo paesaggistico. L’art. 146, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004 precisa, infatti, che “l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio”.
L’autorizzazione paesaggistica comprende qualsiasi opera edilizia calpestabile che può essere sfruttata per qualunque uso. Ciò implica che ai sensi dell’art. 149, comma 1, lett. a), d.lgs. 42/2004 – laddove recita “non è comunque richiesta l'autorizzazione prescritta dall'articolo 146, dall'articolo 147 e dall'articolo 159: a) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici” – la realizzazione di opere edilizie, aventi visibilità esterna in grado di alterare il paesaggio, è subordinata al previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
In riferimento all’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, l’art. 167, comma 4, lett. a), d.lgs. 42/2004, stabilisce che non è possibile il rilascio del titolo successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, qualora essi, abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati.
Nel caso in esame, la piscina e la connessa pavimentazione circostante, eseguite abusivamente, hanno dato luogo ad incremento volumetrico e di superficie utile, alterando lo stato dei luoghi, sì da violare il vincolo paesaggistico gravante sull’area in cui gli interventi ricadono: l’autorizzazione paesaggistica non è quindi rilasciabile nemmeno in sanatoria, motivo per cui la loro demolizione è legittima.
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