Abusi edilizi, la Cassazione sulle possibilità alternative alla demolizione
di Redazione tecnica - 22/06/2021
“Sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile”.
Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali
È la definizione di “Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali” contenuta nell’art. 31 del DPR n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) che per questa categoria di abusi prevede un percorso specifico:
- il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto;
- se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di 90 giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune;
- l'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine previsto, previa notifica all'interessato, costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente;
- constatata l’inottemperanza alla demolizione, l’autorità competenze irroga una sanzione amministrativa pecuniaria, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti.
A questo punto l’amministrazione, acquisita l’opera, può disporre:
- la demolizione con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso;
- l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, con una deliberazione consiliare.
Abuso edilizio: demolizione o interessi pubblici
Come si evince dalla lettura dell’art. 31, comma 5 del Testo Unico Edilizia, l’amministrazione può disporre dell’opera acquisita e destinarla ad un fine diverso alla demolizione. Ma quando e come può farlo? Risponde a questa domanda la Corte di Cassazione con la sentenza 15 giugno 2021, n. 23360 che ci consente di approfondire l’argomento.
Nel caso di specie a proporre il ricorso in cassazione è il sindaco di un Comune contro la decisione del giudice dell’esecuzione che ha ritenuto illegittima la delibera comunale con la quale era stata dichiarata la prevalenza dell'interesse pubblico alla conservazione del manufatto, costituito dalla sua destinazione dell'immobile ad edilizia residenziale e sociale.
Secondo il giudice, infatti, la delibera difetterebbe di ogni valutazione in ordine alle esigenze giustificative della scelta dell'immobile, che avrebbe dovuto essere parametrata alle sue specifiche e concrete caratteristiche e tenere conto delle problematiche connesse alla sua abitabilità, tali da precludere in astratto la possibilità di recupero del bene.
Il ricorso
Secondo il sindaco ricorrente, però, non sarebbe così. Si contesta il fatto che la delibera comunale servisse a giustificare l'esercizio della discrezionalità nella scelta dell'immobile che, una volta entrato a far parte del suo patrimonio, consentiva all'ente locale di destinarlo alle finalità ritenute con suo insindacabile apprezzamento più opportune, nella specie costituite dalla edilizia residenziale e sociale.
Si sostiene, inoltre, la conformità della delibera consiliare all'art. 31 d.P.R. 380/2001 essendo stato verificato che:
- la zona in cui è ubicato l'immobile è dotata di opere di urbanizzazione;
- la costruzione non contrasta con gli interessi urbanistici, ambientali e di rispetto dell'assetto idrogeologico;
- l'intero territorio comunale non è assoggettato a vincoli paesaggistici o ambientali;
- l'irrilevanza della violazione della normativa antisismica nella sua edificazione esulando tale aspetto dagli interessi urbanistici, ambientali e di rispetto dell'assetto idrogeologico ai quali soltanto deve parametrarsi la dichiarazione del prevalente interesse pubblico.
La decisione della Corte di Cassazione
Ma per gli ermellini la situazione è diversa. Il ricorrente, infatti, non si sarebbe confrontato con i puntuali rilevi spesi dalla pronuncia impugnata che, avendo posto a fondamento del diniego la sostanziale genericità del provvedimento comunale di destinazione dell'immobile al soddisfacimento delle finalità dell'edilizia sociale, avrebbe richiesto una specifica confutazione dell'esclusione di specifiche e concrete esigenze di natura pubblica tali da giustificare la permanenza dell'opera rispetto al ripristino dello status quo ante.
L’ordine di demolizione
La Corte di Cassazione ha ricordato l’orientamento per cui l'ordine di demolizione impartito dal giudice costituisce espressione di un potere sanzionatorio autonomo e distinto rispetto all'analogo potere dell'autorità amministrativa, con la conseguenza che esso deve essere eseguito in ogni caso, con la sola eccezione dell'adozione di una deliberazione consiliare, per l'esistenza di prevalenti interessi pubblici, e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali.
La natura eccezionale di tali ipotesi rispetto a quella che dovrebbe essere la ordinaria conseguenza, ovvero la demolizione, della illiceità di condotte poste in essere in violazione della disciplina urbanistica, impone una interpretazione restrittiva dei presupposti cui tali ipotesi sono condizionate e legittima, allo stesso tempo, il giudice dell'esecuzione a sindacare la sussistenza dei medesimi, disapplicando l'atto amministrativo.
Analogamente a quanto avviene con riferimento alla concessione in sanatoria, anch'essa evidentemente di carattere eccezionale rispetto all'ordinaria disciplina sanzionatoria in materia urbanistica, e al condono si è affermato che il giudice dell'esecuzione ha il dovere di controllare la legittimità del provvedimento amministrativo, disapplicandolo ove lo stesso sia stato emesso in assenza delle condizioni formali e sostanziali di legge previste per la sua esistenza.
Il prevalente interesse pubblico
Essendo eccezionale la delibera consiliare con la quale viene dichiarata la prevalenza dell'interesse pubblico alla conservazione dell'immobile, devono sussistere le seguenti condizioni:
- assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici e, nell'ipotesi di costruzione in zona vincolata, assenza di contrasto con interessi ambientali: in quest'ultimo caso l'assenza di contrasto deve essere accertata dall'amministrazione preposta alla tutela del vincolo;
- adozione di una formale deliberazione del consiglio con cui si dichiari formalmente la sussistenza di entrambi i presupposti;
- la dichiarazione di contrasto della demolizione con prevalenti interessi pubblici, quali ad esempio la destinazione del manufatto abusivo ad edificio pubblico, ecc.
Rientra nei poteri del giudice verificare che l'incompatibilità dell'esecuzione dell'ordinanza di demolizione con la delibera consiliare sia attuale e non meramente eventuale, non essendo evidentemente consentito fermare l'esecuzione penale per tempi imprevedibili senza la concreta esistenza di una delibera consiliare avente i requisiti previsti, giacché l'ordinamento non può attendere sine die l'adozione di una possibile quanto eventuale deliberazione.
Solo a partire dall'adozione di una delibera di tal fatta è dunque preclusa al giudice la potestà di disporre la demolizione del manufatto e solo a partire da tale momento l'inottemperanza dell'ingiunto all'ordine di demolizione impartito dall'autorità giudiziaria potrebbe ritenersi giustificata.
Il caso di specie
Eventualità non avvenute nel caso di specie dato che la delibera consiliare era priva dei presupposti previsti dalla normativa mancando delle valutazioni cui dovrebbe conseguire la non eseguibilità della demolizione (ovvero, appunto, il prevalente interesse pubblico e l'assenza di contrasto del manufatto con rilevanti interessi urbanistici).
Valutazioni che erano state dichiarate formalmente sussistenti ma demandate ad una fase successiva, essendosi previsto nella stessa delibera che l'immobile "verrà destinato ad alloggio oggetto di alienazione per edilizia residenziale sociale", senza neppure dar conto delle specifiche esigenze che giustificavano la scelta effettuata.
La violazione delle norme urbanistiche e sismiche
Secondo la Cassazione non basta individuare una finalità pubblica tout court, natura che inequivocabilmente riveste, in quanto volta a soddisfare le esigenze abitative dei soggetti meno abbienti, l'edilizia residenziale sociale, ma occorre invece l'indicazione delle ragioni per le quali proprio quell'immobile costruito in violazione delle norme urbanistiche e sismiche possa soddisfare le suddette finalità, ad integrare le quali non è sufficiente affermare, così assume il ricorrente senza neppure produrre in violazione del principio di autosufficienza del ricorso la delibera consiliare, che l'area di sedime sia ubicata in zona già dotata delle opere di urbanizzazione (senza neppure specificare se si tratti di quelle primarie o secondarie), né ripetere la stessa formula di cui all'art. 31 d.P.R. 380/2001 relativa all'assenza di contrasto della suddetta destinazione con gli interessi urbanistici, ambientali e di rispetto dell'assetto idrogeologico, che non viene riempita di alcun contenuto concreto.
Lacune queste cui si aggiunge, come perspicacemente osservato dal giudice dell’esecuzione, la mancanza di concretezza e attualità dell'interesse pubblico perseguito, in assenza di qualsivoglia verifica dei requisiti di abitabilità dell'immobile soltanto demandata, anch'essa in futuro, all'iniziativa dell'eventuale assegnatario, a fronte dell'accertata violazione della normativa antisismica, certamente rientrante tra i rilevanti interessi urbanistici che presidiano la realizzazione degli interventi edilizi.
Ne consegue che bene ha fatto il tribunale e il ricorso è stato respinto.
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