Abusi edilizi e fiscalizzazione: nuovo intervento del Consiglio di Stato
di Giorgio Vaiana - 01/08/2021
Una storia contorta e che attraversa gli anni. Ma che ci permette di approfondire il tema della fiscalizzazione degli abusi. A farsi la "guerra" legale, due vicini. Oggetto del contendere, degli ampliamenti non autorizzati e varie richieste di sanatoria con tanto di ordinanze di demolizione. Approfondiamo la sentenza del consiglio di Stato n. 5251/2021.
La verifica dei luoghi
Per avere il quadro chiaro della situazione i giudici ordinano una verifica dello stato dei luoghi e si scopre che solo 40 anni fa era possibile apprezzare il reale stato di fatto di uno degli immobili contestati. Tuttavia anche in quella rappresentazione era evidente la non conformità del fabbricato con i pregressi nulla osta che andavano indietro nel tempo. Si parla di diversa volumetria, servizi igienici in più e un distacco, dal fabbricato del ricorrente, di oltre cinque metri. Quindi il verificatore diceva ai giudici di non poter escludere che nel corso degli anni e in particolare fino alla legge Ponte del '67, si fossero apportate modifiche all'immobile trasformandolo in quello degni anni '80. In un atto di compravendita si descrivevano i servizi igienici che fino ad allora non erano presenti. "Per tale possibilità lo stato di fatto avrebbe potuto avere piena conformità con quello di diritto, in considerazione del fatto che le opere sarebbero potute essere state eseguite antecedentemente all’entrata in vigore della Legge Ponte 765/67 - dicono i giudici - Ovviamente in mancanza di prove certe, resta plausibile anche la considerazione che le opere siano state apportate successivamente all’entrata in vigore della suddetta Legge Ponte 765/67, quindi non conformi".
Il rilascio della concessione
La concessione del 1980 non avrebbe potuto concedere, per le norme del tempo, l'ampliamento dei servizi igienici. Questo perché la distanza era inferiore ai 5 metri, dicono i giudici, così come previsto allora dal PRGC del comune in cui si trova il fabbricato. La segnalazione fatta dal vicino, permetteva al comune di verificare l'effettiva illegittimità delle opere, con un maggiore ampliamento dei vani igienici e con una distanza tra i fabbricati di tre metri e quindi ordinava la demolizione. In conseguenza all'ordinanza, il proprietario presentava la richiesta di permesso di costruire in sanatoria con la fiscalizzazione dell'abuso, prevista dal DPR 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia), vista l'impossibilità di demolire le strutture abusive perché avrebbe pregiudicato il restante immobile regolare. Permesso che il Comune, dope le verifiche di rito, rilasciava.
Verifiche e...
Secondo i giudici l'amministrazione comunale ha agito bene. Spetta infatti al Comune accertare la totale o parziale difformità delle opere realizzate rispetto a quelle autorizzate, "sicché non può affermarsi che la demolizione debba essere sempre ordinata per le opere eccedenti rispetto a quanto legittimamente assentito". Nel caso analizzato, l'amministrazione ha applicato bene le norme "secondo una valutazione che non appare censurabile né in termini di travisamento di fatto né di manifesta illogicità degli esiti". Il rilascio della sanatoria fiscalizzata, spiegano i giudici, "risulta accompagnata dai relativi presupposti, a partire dalla verifica tecnica di indemolibilità". La verifica dell'immobile, tra l'altro, permette di poter affermare che si tratta di opere di modesto rilievo "con la conseguente previsione semplificatoria. In definitiva, è la stessa censura a risultare carente, sul punto, in merito alla specifica indicazione dei presupposti applicativi invocati". L’appello, pertanto è stato respinto.
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