Abusi edilizi in zona vincolata: legittimità del sequestro preventivo
di Redazione tecnica - 29/11/2022
In tema di sequestro preventivo per reati paesaggistici, il presupposto del periculum in mora non può essere desunto solo dalla esistenza delle opere ultimate, ma è necessario dimostrare che l'effettiva disponibilità materiale o giuridica del bene da parte del soggetto indagato o di terzi, possa ulteriormente deteriorare l'ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico, valutando l'incidenza degli abusi sulle diverse matrici ambientali o il loro impatto sulle zone oggetto di particolare tutela.
Reati paesaggistici e sequestro immobili abusivi: la sentenza della Cassazione
Lo conferma la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43604/2022, respingendo il ricorso presentato per l'annullamento di un'ordinanza che aveva disposto il dissequestro parziale di un complesso turistico ricettivo, limitatamente alle aree esterne, confermando invece il sequestro di un manufatto la cui destinazione era a deposito agricolo e che era stato trasformato in un'unità a scopo ricettivo, con aumento improprio del carico urbanistico.
Il tutto realizzato in un'area sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale in zona sismica di grado 3, senza permesso di costruire, né autorizzazione paesaggistica, autorizzazione sismica e nulla osta dell'ente Parco. Secondo il ricorrente, il deposito era originariamente asservito alla struttura ricettiva, per cui la successiva destinazione d'uso ad alloggi di tipo alberghiero non avrebbe comportato alcun passaggio da una categoria funzionale ad un'altra e non sarebbe stato necessario un permesso di costruire, nè si sarebbe stati in presenza di una lottizzazione abusiva.
Lottizzazione abusiva: i presupposti
Sul punto, gli ermellini hanno ricordato che, in quanto reato a consumazione anticipata, il reato di lottizzazione abusiva è integrato non solo dall'effettiva trasformazione del territorio, ma da qualsiasi attività che comporti anche il mero pericolo di un'urbanizzazione non prevista o diversa da quella programmata, purché si traduca in interventi mirati alla realizzazione di opere che, per caratteristiche o dimensioni, pregiudichino la riserva pubblica di programmazione territoriale.
Ciò significa che in caso di lottizzazione abusiva materiale, è necessario e sufficiente che la condotta tenuta, valutata con giudizio ex ante, sia idonea ed oggettivamente adeguata a determinare l'evento, potendo infatti integrare, sul piano oggettivo, gli estremi del reato anche le condotte di inizio di esecuzione di opere suscettibili di determinare una trasformazione urbanistica o edilizia del territorio in violazione di previsioni di piano o normative ovvero in assenza di autorizzazione.
In questo caso, spiegano i giudici di piazza Cavour, il Tribunale ha rilevato un'ipotesi di reato tale da giustificare l'emissione di un provvedimento di sequestro in quanto:
- le opere, valutate nel loro complesso, hanno determinato, in un zona agricola, lo stravolgimento dell'assetto territoriale dell'area di intervento, mediante la realizzazione di un manufatto abusivo - posto che le DIA non solo erano sprovviste dai necessari pareri della Soprintendenza e del Parco ma si riferiscono all'edificazione di un locale interrato da adibire a deposito - costituito da sette unità abitative indipendenti, adibite a camere per ospiti della struttura ricettiva, e quindi destinate allo svolgimento non di attività agricole, bensì turistico-ricettive;
- è stata realizzata una lottizzazione materiale;
- l'attività edificatoria si è svolta su una particella differente da quella su cui erano assentiti gli inteventi.
Ferma restando la configurabilità dell'ipotizzata lottizzazione abusiva materiale, il Tribunale cautelare ha ritenuto sussistente il cambio di destinazione d'uso penalmente rilevante, considerato che si è accertata la realizzazione di una nuova costruzione con un cambio di destinazione d'uso da agricolo a turistico ricettivo.
Legittimità del sequestro preventivo
Perché il provvedimento di sequestro preventivo sia legittimo, rileva la sola esistenza di una struttura abusiva che integra il requisito dell'attualità del pericolo, indipendentemente dal fatto che l'edificazione illecita sia stata ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio e all'equilibrio ambientale, a prescindere dall'effettivo danno al paesaggio, perdura in stretta connessione all'utilizzazione della costruzione ultimata.
Questo orientamento è stato successivamente rivisto e integrato, specificando che nel sequestro preventivo di manufatti abusivi realizzati in zona soggetta a vincolo paesaggistico-ambientale, il periculum in mora non può essere desunto solo dalla esistenza ed entità delle opere ultimate, perché è necessario dimostrare che la loro effettiva disponibilità materiale o giuridica da parte del soggetto indagato o di terzi, possa ulteriormente pregiudicare il bene protetto dal vincolo, sulla base di un accertamento da parte del giudice circa l'incidenza degli abusi sulle diverse matrici ambientali ovvero il loro impatto sulle zone oggetto di particolare tutela.
È stato quindi escluso ogni automatismo tra semplice utilizzo del manufatto abusivo in zona vincolata e compromissione degli interessi tutelati dal vincolo, pur precisando che l'accertamento del giudice deve essere finalizzato a verificare se "l'uso della cosa, realizzata in violazione dei vincoli paesaggistici, sia idoneo o meno, nell'ipotesi di condotta del tutto esaurita, ad incidere sulle conseguenze dannose prodotte dall'intervento abusivo sull'ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico, con la conseguenza che l'uso della cosa a deteriorare ulteriormente l'ecosistema protetto dal vincolo deve formare oggetto, in tale caso, di un esame particolarmente approfondito da parte del giudice di merito, il quale deve ritenere o escludere l'ulteriore lesione del bene protetto a seconda che accerti, in concreto, l'incompatibilità o la assoluta compatibilità di tale uso con gli interessi tutelati dal vincolo, avuto riguardo alla natura di quest'ultimo e della situazione preesistente alla realizzazione dell'opera" .
Nel valutare la sussistenza del presupposto del periculum in mora ai fini del sequestro preventivo di un immobile abusivo sito in zona paesaggisticamente vincolata, il giudice del merito deve quindi procedere ad una accurata disamina, verificando se possano escludersi ulteriori lesioni del bene protetto sulla base della assoluta compatibilità di tale uso con gli interessi tutelati dal vincolo, tenendo conto della natura di quest'ultimo e della situazione preesistente alla realizzazione dell'opera.
La sussistenza del periculum in mora
In questo caso, secondo la Cassazione, la decisione del Tribunale sulla sussistenza del periculum in mora, è ben motivata: l'intervento edilizio, benché ultimato, ha comportato in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale non solo una rilevante alterazione dell'ecosistema protetto dal vincolo medesimo, ma un palese aggravio del vincolo urbanistico in considerazione del fatto che le opere in questione, che hanno comportato la trasformazione di un deposito agricolo in una struttura destinata ad accoglienza turistico-ricettiva, sono suscettibili di determinare un consistente aumento del numero dei frequentatori dell'immobile e, conseguentemente, un oggettivo aggravio su opere collettive, quali viabilità, rete idrica e fognaria, condutture elettriche e del gas.
Il ricorso è stato quindi respinto: è legittimo il provvedimento di sequestro preventivo di un immobile abusivo ultimato anche nel caso di utilizzo dell'opera in conformità alle destinazioni di zona, quando il manufatto presenti una consistenza volumetrica tale da determinare comunque un'incidenza negativa concretamente individuabile sul carico urbanistico, sotto il profilo dell'aumentata esigenza di infrastrutture e di opere collettive correlate.
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