Abusi edilizi: nessuna possibilità di sanatoria giurisprudenziale
di Redazione tecnica - 09/01/2023
Fatta esclusione per le istanze pendenti di condono edilizio (Legge n. 47/1985, Legge n. 724/1994 e Legge 326/2003), dovrebbe ormai essere chiaro a tutti che le possibilità di sanare un abuso edilizio sono molto limitate e prevedono una attenta verifica su alcuni aspetti relativi alla disciplina vigente al momento di realizzazione dell'intervento e a quella al momento della presentazione dell'eventuale istanza di sanatoria.
Sanatoria edilizia: nuovo intervento della Cassazione
A prevederlo è l'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) che disciplina l'istituto dell'accertamento di conformità che, piace o no, prevede la cosiddetta "doppia conformità" dell'intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
Lo ha nuovamente ricordato la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 46432 del 7 dicembre 2022 che ha confermato l'operato del giudice dell'esecuzione che aveva rigettato una richiesta di revoca dell'ordine di demolizione impartito con sentenza di condanna per abuso edilizio sul rilievo che la mancanza del requisito della c.d. doppia conformità non consentirebbe l'ottenimento di un provvedimento di sanatoria a sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001.
Nessuna possibilità di sanatoria giurisprudenziale
Gli ermellini hanno confermato che è irrilevante che il terreno su cui l'immobile era stato realizzato fosse divenuto successivamente edificabile perché inserito in zona residenziale del Piano Regolatore Generale del Comune.
La motivazione addotta dal ricorrente risultava essere in palese contrasto con il dato normativo ed il consolidato orientamento giurisprudenziale, a mente dei quali la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e a precludere l'irrogazione dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva previsto dall'art. 31, comma 9, del medesimo Testo Unico Edilizia o a determinare, se eventualmente emanata successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, la revoca di detto ordine, può essere solo quella rispondente alle condizioni espressamente indicate dall'art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, che richiede la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente, sia al momento della realizzazione del manufatto, sia al momento della presentazione della domanda di permesso in sanatoria.
È esclusa la possibilità che tali effetti possano essere attribuiti alla cd. "sanatoria giurisprudenziale" o "impropria", che consiste nel riconoscimento della legittimità di opere originariamente abusive che, solo dopo la loro realizzazione, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica.
Proprio per questo il ricorso è stato respinto e dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
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