Abusi edilizi e ordine di demolizione: la Cassazione sulla sospensione
di Redazione tecnica - 22/06/2021
Abusi edilizi, ordine di demolizione emesso dal giudice dell’esecuzione e accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del DPR n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). Sono argomenti che si mescolano tra loro e formano un cocktail esplosivo di ricorsi, sentenze, nuovi ricorsi e nuove sentenze.
Abusi edilizi e ordine di demolizione: nuova ordinanza della Corte di Cassazione
Di questi argomenti si parla nella nuova ordinanza 18 giugno 2021, n. 23951 resa dalla Corte di Cassazione in merito ad una precedente ordinanza della Corte di Appello che aveva confermato una sentenza di condanna passata in giudicato per il reato di cui all'art. 44 del Testo Unico Edilizia per aver realizzato tre edifici ad uso residenziale in assenza del permesso di costruire con correlativo ordine di demolizione delle opere abusive.
Sentenza che aveva rigettato la richiesta di sospensione dell'ingiunzione di demolizione sino all'esito della procedura in sanatoria proposta dal ricorrente.
Ordine di demolizione e sanatoria edilizia
In riferimento alla richieste di sospensione essendo pendente una richiesta di sanatoria edilizia, la Cassazione ha rilevato che l'annullamento da parte del giudice amministrativo del diniego reso dall'ente comunale del permesso a costruire in sanatoria presentato dai ricorrenti in qualità di proprietari dell'opera oggetto dell'ordine di demolizione contenuto nella sentenza di condanna, passata in giudicato, contenente l'accertamento della responsabilità penale di costoro per abuso edilizio, non scalfisce il principio generale secondo il quale l'autorità giudiziaria, adita in sede di esecuzione, ha comunque il potere-dovere di esaminare e sindacare il provvedimento abilitativo in sanatoria, essendo chiamata, nell'esercizio di un potere sanzionatorio autonomo e distinto rispetto all'analogo potere dell'autorità amministrativa, al concreto riscontro della regolarità dell'atto amministrativo sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge, nonché a verificare, in pendenza della relativa domanda, il possibile risultato del procedimento esteso alla valutazione di cause ostative al suo accoglimento e, nel caso di insussistenza di tali cause, a valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l'esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso.
Dunque, il giudice dell’esecuzione è tenuto a sospendere o a revocare l'ordine di demolizione emesso dall'autorità giudiziaria in esecuzione di una sentenza irrevocabile solo se nuovi atti amministrativi si pongano in contrasto con lo stesso o sia ragionevolmente prospettabile che la P.A. adotterà nell'arco di brevissimo tempo un provvedimento incompatibile con l'abbattimento dell'opera.
Il caso di specie
Nel caso in esame il giudice dell’esecuzione ha errato nel ritenere che il permesso in sanatoria non potesse essere concesso in ragione dell'intervenuta acquisizione dei manufatti al patrimonio comunale per mancata ottemperanza all'ordine di demolizione. Posto che se tale ordine proveniva da organo carente di potere, veniva meno il presupposto fondante il meccanismo acquisitorio di cui all'art. 31 del testo unico edilizia.
Nell'escludere che i manufatti in esame potessero presentare il requisito della doppia conformità, quantomeno con riferimento al momento dell'edificazione, la problematica si sposta necessariamente sul cambio di destinazione da uso residenziale ad attività produttiva agricola.
Potendo invero la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 essere conseguita solo qualora ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall'art. 36 e, precisamente, la conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, dovendo escludersi la possibilità di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive che, successivamente, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica, la preclusione derivante nella specie dalla cd. doppia conformità non può ritenersi superabile, secondo quanto compiutamente argomentato dall'ordinanza impugnata, attraverso il cambio di destinazione d'uso delle opere edilizie da unità residenziali ad azienda agricola.
No al permesso di costruire condizionato
Tale mutamento comporterebbe la riconversione della volumetria esistente per la destinazione all'uso agricolo attraverso un intervento edilizio, con conseguente eventuale rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato all'esecuzione di specifici interventi che giammai consentirebbe l'estinzione del reato di abuso edilizio, in quanto detta subordinazione contrasta ontologicamente con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro integrale rispondenza alla disciplina urbanistica.
La circostanza che nel formulario la ristrutturazione sia equiparata al cambio di destinazione d'uso non elimina la necessità, su cui proprio il progettista mette l'accento, di una ristrutturazione del volume esistente, termine che indica necessariamente un intervento di natura edilizia, essendo le esigenze dell'attività agricola diverse da quelle prettamente residenziali.
Le doglianze articolate sul punto sono all'evidenza generiche non venendo affatto specificato come possa attuarsi la riconversione richiesta ai fini del cambio di destinazione senza interventi di ristrutturazione degli attuali fabbricati, tenuto conto che è il concetto di ristrutturazione edilizia in sé considerato che porta ad un organismo in tutto o in parte diverso dal preesistente, come del resto testualmente definito dall'art. 3 lett. d) d.P.R. 380/2001: il che non consente di superare la prognosi sfavorevole resa al riguardo considerata la illegittimità di un permesso in sanatoria condizionato all'esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre l'opera abusiva nell'alveo della conformità agli strumenti urbanistici.
La doppia conformità
Infondata è, pure, la contestazione in ordine alla mancanza della doppia conformità riguardata con riferimento alla destinazione agricola al momento in cui le unità edilizie sono state realizzate. In tal senso è sufficiente rilevare che è la stessa difesa ad ammettere, pur contestando che occorressero opere di ristrutturazione, la necessità della riconversione della volumetria esistente e, dunque, un quid pluris rispetto alle caratteristiche originarie dei manufatti.
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