Abusi edilizi: il tempo non sana l'illecito
di Redazione tecnica - 28/03/2023
Il tempo sana le ferite, ma non gli abusi edilizi, se non ci sono i presupposti per il condono o per la sanatoria. Del resto, nel Testo Unico Edilizia vengono specificati chiaramente i casi nei quali è possibile ottenere la regolarizzazione delle difformità edilizie, oltre i quali sono previste solo la demolizione e le sanzioni pecuniarie.
Sanatoria edilizia, accertamento di conformità e abusi edilizi: le previsioni del Testo Unico Edilizia
Secondo il d.P.R. n. 380/2001, l'ottenimento della sanatoria è subordinato alla verifica della doppia conformità, ossia l’intervento deve risultare conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento stesso, sia al momento della presentazione della domanda. Così dispongono l’art. 36 (accertamento di conformità) e e l’art. 37 (Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità) del Testo Unico Edilizia.
Fuori da questo perimetro, rimane solo come opzione la demolizione, eccetto quando il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile. In questo caso, è possibile procedere con l’irrogazione di sanzione alternativa alla demolizione che però non sana l’abuso, ma semplicemente lo tollera. Non si tratta quindi di una sanatoria e non comporta l’acquisizione dello stato legittimo.
Si parla così di fiscalizzazione dell'abuso, disciplnato dagli artt. 33 e 34 del Testo Unico Edilizia.
Unica circostanza in cui l’irrogazione della sanzione corrisponde a un permesso di costruire in sanatoria è quella prevista dall’art. 38 dello stesso T.U. Edilizia, che disciplina interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato.
Abuso edilizio: il tempo non lo estingue
Si chiarisce così quindi perché un abuso non si estingue: in assenza di doppia conformità, l’inerzia dell’amministrazione non può comunque ingenerare un legittmo affidamento nel privato sulla sanatoria.
Lo ricorda il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3091/2023, con la quale ha respinto il ricorso contro l'ordine di demolizione e il diniego di condono su alcune opere eseguite quasi quarant’anni prima. Secondo gli appellanti, era decorso un eccessivo periodo di tempo dalla domanda di condono all’ordine di demolizione, per cui si era formato un legittimo affidamento sull'ottenimento della sanatoria.
Un’affermazione che, spiega Palazzo Spada, si scontra con il consolidato orientamento del Consiglio, secondo il quale nel caso di tardiva adozione del provvedimento di demolizione, la mera inerzia da parte dell'amministrazione nell'esercizio di un potere/dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che è sin dall'origine illegittimo, ovvero l'edificazione sine titulo.
Secondo i giudici, questa inerzia non può certamente radicare un affidamento di carattere legittimo in capo al proprietario dell'abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole, idoneo a ingenerare un'aspettativa giuridicamente qualificata. In definitiva, "non si può applicare a un fatto illecito (l'abuso edilizio) il complesso di acquisizioni che, in tema di valutazione dell'interesse pubblico, è stato enucleato per la diversa ipotesi dell'autotutela decisoria".
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