Abusi, Sanatoria edilizia e paesaggistica: nuovi chiarimenti dalla Cassazione

di Redazione tecnica - 31/01/2023

La sanatoria di eventuali difformità o abusi edilizi è una pratica che nel nostro Paese, eliminate le possibilità offerte dalle 3 leggi speciali sul condono edilizio, risulta essere molto problematica per tanti motivi. Intanto, perché l'unico strumento dal punto di vista edilizio è offerto dall'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) e poi perché praticamente tutto il territorio risulta essere soggetto ad uno qualsiasi dei vincoli regolati dai vari Codici (ambientale, stradale, della navigazione,...), Leggi regionali, piani regolatori e regolamenti edilizi.

Sanatoria edilizia e paesaggistica: nuova sentenza della Corte di Cassazione

Per comprendere la complessità di questo argomento, è sufficiente dare un'occhiata alla giurisprudenza prodotta negli ultimi anni, tra cui la Sentenza della Corte di Cassazione 11 gennaio 2023, n. 544 che riguarda proprio il caso di un abuso edilizio per il quale era stata presentata istanza di accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del Testo Unico Edilizia.

Nel caso di specie l'istanza non erra stata accolta per l'assenza della cosiddetta doppia conformità edilizia.

La doppia conformità edilizia: cos'è

L'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 dispone la possibilità di ottenere il permesso di costruire in sanatoria nel caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative.

Le condizioni per il rilascio della sanatoria edilizia sono:

  • l’intervento deve essere conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (doppia conformità edilizia);
  • il pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16 del d.P.R. n. 350/2001 (nel caso parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso).

Attenzione: sull'istanza di accertamento di conformità la P.A. si deve esprimere entro 60 giorni, decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.

Il caso di specie

Nel caso di specie il ricorrente lamenta che il Comune avrebbe sancito la conformità dei manufatti al Piano Regolatore Generale, approvato il 15 marzo 2017, fatti salvi i pareri della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Archeologici e del Genio Civile.

I manufatti sarebbero stati realizzati successivamente al 15 marzo 2017, quindi dopo all'approvazione del P.R.G. (la data di accertamento del reato è il 30 giugno 2017). Secondo i ricorrenti, però, sarebbe pienamente conforme alla legge la richiesta avanzata al Comune il 23 novembre 2017 di regolarizzare le opere, facendo presente che la realizzazione dell'intervento sarebbe avvenuta ai sensi dell'art. 36, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della presentazione della richiesta.

L'accertamento di conformità edilizia, i reati paesaggistici e della normativa antisismica

I giudici di Cassazione, però, hanno ricordato che la concessione rilasciata a seguito di accertamento di conformità estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti ma non:

  • i reati paesaggistici previsti dal D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), che sono soggetti ad una disciplina difforme e differenziata, legittimamente e costituzionalmente distinta, avente oggettività giuridica diversa, rispetto a quella che riguarda l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio;
  • e neanche i reati disciplinati dalla normativa antisismica e sulle opere in conglomerato cementizio.

In tema di reati edilizi, il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, comporta l'estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di quelli disciplinati dalla normativa antisismica e sulle opere in conglomerato cementizio.

In tal senso, è esclusa la possibilità che il deposito «in sanatoria» degli elaborati progettuali estingua la contravvenzione in materia di costruzioni in cemento armato, che punisce l'omesso deposito preventivo degli stessi.

La contestazione

Nel caso di specie, a seguito della richiesta di permesso di costruire in sanatoria presentata dai ricorrenti, il comune ha rappresentato che le opere avrebbero potuto essere mantenute a condizione di una parziale demolizione. Il riferimento alla parziale demolizione delle opere è contenuto anche nell'attestazione rilasciata dal comune a cui fanno riferimento i ricorrenti.

Fermo restando che non risulta effettivamente rilasciato il permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, che è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16, risulta dagli atti che la conformità al P.R.G. non era totale, perché il Comune ha richiesto la demolizione di una parte del fabbricato abusivamente realizzato.

Sanatoria condizionata?

La Corte di appello ha, pertanto, correttamente ritenuto inapplicabile l'art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001 perché è illegittimo, e non determina l'estinzione del reato edilizio di cui all'art. 44, lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato all'esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell'alveo di conformità agli strumenti urbanistici, in quanto detta subordinazione contrasta ontologicamente con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro integrale rispondenza alla disciplina urbanistica.

La Cassazione ha, infine, ricordato un orientamento pacifico per cui il rilascio postumo dell'autorizzazione paesaggistica al di fuori dei limiti in cui essa è consentita (art. 167, commi 4 e 5, D.Lgs. n. 42/2004), non consente la sanatoria urbanistica ex art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e non produce alcun effetto estintivo dei reati edilizi né preclude l'emissione dell'ordine di rimessione in pristino dell'immobile abusivo edificato in zona vincolata.

Poiché l'autorizzazione paesaggistica, secondo l'art. 146, comma 4, del d.lgs. 42 del 2004, costituisce un atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio, lo stesso permesso di costruire resta subordinato al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica la quale, però, sempre secondo la norma richiamata, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, tranne nei casi dei cd. abusi minori, tassativamente individuati dall'art. 167, commi 4 e 5, del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Tale preclusione, considerato che l'autorizzazione paesaggistica è presupposto per il rilascio del permesso di costruire, impedisce di conseguenza anche la sanatoria urbanistica ai sensi dell'art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001.

In definitiva il ricorso è stato dichiarato inammissibile.



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