Accertamento di conformità: presupposti e requisiti per la sanatoria edilizia
di Redazione tecnica - 13/03/2024
L’accertamento di conformità costituisce lo strumento tipicamente utilizzato per sanare gli abusi edilizi che presentano violazioni di entità solo formale e non sostanziale, e quindi che, nonostante siano stati realizzati senza autorizzazioni o permessi, rispettano comunque i requisiti di doppia conformità.
Accertamento di conformità: come ottenere la sanatoria edilizia?
Le opere abusive possono quindi essere sanate solo se i lavori risultano conformi ai regolamenti urbanistici vigenti sia al momento della loro realizzazione, sia al momento della richiesta di accertamento. Tuttavia, è interamente in capo al titolare l’onere di dimostrare il rispetto delle previsioni dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 e, se non dovessero esserci sufficienti prove utili, non è possibile procedere con l’accoglimento della sanatoria.
A spiegarlo è il TAR Lazio con la sentenza n. 2263 del 6 febbraio 2024, con la quale è stato respinto il ricorso contro il diniego di un’istanza di sanatoria presentata in relazione a un manufatto abusivo, che l'Amministrazione ha ritenuto essere una nuova costruzione e non solo un intervento di ristrutturazione edilizia.
Le previsioni del Testo Unico Edilizia sull'accertamento di conformità
Ricorda il TAR che, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), “In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio di attività nelle ipotesi di cui all’art. 22, comma 3, o in difformità di essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, e comunque sino all’irrogazione delle amministrative nelle ipotesi di cui agli articoli 31, comma 3, il responsabile dell’abuso , o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’immobile risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”.
Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza in materia, l’accertamento di conformità:
- costituisce lo strumento tipico per ordinariamente ricondurre alla legalità gli abusi edilizi di natura formale, ossia dovuti alla mera carenza del titolo abilitativo, atteso che la caratteristica fondamentale di tale sanatoria consiste nel fatto che essa può essere chiesta soltanto qualora sussista il requisito della doppia conformità dell’opera sia alla normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della realizzazione, sia a quella in vigore al momento di presentazione dell’istanza ai dell’art. 36 in argomento;
- presuppone che non sia stata commessa alcuna violazione di carattere sostanziale, ai fini della sanabilità dell’intervento;
- disciplina, dunque, una sorta di sanatoria assolutamente “vincolata”, ossia priva di apprezzamenti discrezionali, con l’ulteriore precisazione che, se l’edificio non è tutto o in parte esistente al momento dell’intervento richiesto (per effetto, ad esempio di crollo), non vi è ragione di classificarlo come nuova costruzione, atteso che un edificio può dirsi esistente non solo quando esista un organismo edilizio, seppure non necessariamente abitato o abitabile, connotato nei suoi caratteri essenziali, dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura in stato di conservazione, tale da consentire la sua (fedele) ricostruzione ma anche quando la sua più recente consistenza sia apprezzabile compiutamente sulla base di aerofotogrammetrie e/o immagini satellitari di sicura veridicità, con ciò dovendosi intendere che non può comunque prescindersi dalla conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda;
- sempre in ragione della natura strettamente vincolata dell’accertamento in esame, il provvedimento in ultimo adottato non necessita di altra motivazione oltre a quella relativa alla corrispondenza (o meno) dell’opera abusiva alle prescrizioni urbanistico-edilizie sia all’epoca di realizzazione dell’abuso, sia a quella di presentazione dell’istanza ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001.
Onere della prova spetta a chi chiede la sanatoria
Ciò determina che in sede di accertamento è interamente a carico della parte l’onere di dimostrare la c.d. doppia conformità necessaria per l’ottenimento della sanatoria edilizia ordinaria a sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380/2001 (già art. 13 l. n. 47 del 1985), attesa la finalità dell’istituto, secondo il quale il rilascio del permesso in sanatoria presuppone indefettibilmente la doppia conformità, vale a dire la non contrarietà del manufatto abusivo alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione sia al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria.
Nel caso in esame non è stato possibile confermare le tesi sostenute dai ricorrenti, secondo cui i lavori contestati erano stati conseguiti su un manufatto preesistente ancora prima dell’entrata in vigore della Legge n. 1150/1942 (Legge Urbanistica), e non dovevano quindi essere qualificati come interventi di “nuova costruzione”, ma di “ristrutturazione edilizia”.
In proposito, spiega il TAR che la ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 presuppone, tuttavia, che ci sia un’apprezzabile continuità tra il fabbricato preesistente e quello risultante in seguito all’intervento stesso. In questo caso non è stato possibile dimostrare che il manufatto fosse già esistente, in quanto dagli atti è stato appurata unicamente l’esistenza di un “vecchio rudere” realizzato nel 1934, senza alcun riferimento atto a dimostrarne la consistenza, la volumetria o l’altezza. Non si può pertanto eseguire un raffronto tra l’opera preesistente e l’opera oggetto dell’istanza di accertamento di conformità, e allo stesso modo non è possibile definire la natura dell’intervento contestato.
Ciò posto, mancano del tutto i presupposti per poter dimostrare che l’abuso rispetti i requisiti di doppia conformità necessari al rilascio della sanatoria edilizia, pertanto il ricorso è stato respinto, anche in considerazione del carattere vincolato del provvedimento, che comporta in ogni caso l’impossibilità di richiederne l’annullamento ai sensi della Legge n. 241/1990, art. 21-octies (“Annullabilità del provvedimento”).
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