Acquisto di un immobile: occhio allo stato legittimo
di Redazione tecnica - 05/02/2023
L’accertamento di un abuso edilizio non può essere annullato solo sul principio del legittimo affidamento e della buonafede che il nuovo proprietario di un immobile avrebbe riposto al momento dell’acquisto.
Abusi edilizi: con il cambio di proprietà, la sostanza non cambia
È proprio l’inestinguibilità dell’abuso il tema dell’interessante sentenza n. 1148/2023 del Consiglio di Stato, con la quale i giudici di Palazzo Spada hanno respinto l'appello e confermato l’annullamento del permesso di costruire in autotutela e il successivo provvedimento sanzionatorio per la realizzazione di un’unità immobiliare ad uso ufficio in sopraelevazione sul lastrico solare e in violazione delle distanze legali tra edifici.
Il ricorso è stato presentato dalla nuova proprietaria dell’immobile, sul presupposto di avere acquistato l’immobile nel suo pieno stato legittimo, quando invece il permesso di costruire è stato annullato dall’Amministrazione Comunale, in quanto la presunta autorizzazione da parte del condominio adiacente alla deroga delle distanze legali prevista dal Regolamento edilizio vigente, era risultata essere falsa.
Già in primo grado il Tar ha ritenuto che la ricorrente, anche con l’ausilio del notaio che ha rogato la compravendita, avrebbe dovuto vagliare con più accuratezza la regolarità edilizia del suo acquisto, mentre, invece, nell’indicare i titoli edilizi del suo immobile nel ricorso non ha fatto riferimento al permesso di costruire annullato; così facendo si sarebbe accorta che il permesso era stato presentato da una società che non era più proprietaria del bene e che esso autorizzava la realizzazione di un edificio ad uso ufficio tanto che la variazione catastale da ufficio ad abitazione era erronea.
Il giudice di prima istanza ha inoltre affermato che:
- il Comune aveva rilasciato il titolo edilizio sulla base di una falsa autorizzazione alla deroga delle distanze ed il provvedimento di annullamento diveniva un atto dovuto cioè vincolato e che non necessita della comunicazione di avvio del procedimento;
- la circostanza che la ricorrente non abbia posto in essere l’abuso non ha nessun rilievo perché le sanzioni edilizie di natura ripristinatoria sono legate al bene e possono essere assunte anche a notevole distanza di tempo dall’abuso;
- la giurisprudenza ha chiarito che la demolizione può essere ingiunta al proprietario non in forza di una sua responsabilità effettiva o presunta nella commissione dell’illecito edilizio ma in ragione del rapporto materiale con la res che lo rende, agli occhi del legislatore, responsabile della eliminazione dell’abuso commesso da altri.
La sentenza del Consiglio di Stato
Nel valutare il caso, il Consiglio ha prima di tutto ricordato che la concessione edilizia, così come il condono sono rilasciati sempre con salvezza dei diritti dei terzi e l'eventuale conflitto tra proprietari, interessati in senso opposto alla costruzione, va risolto in base al raffronto tra le caratteristiche dell'opera e le norme edilizie che la disciplinano, ai sensi dell'art. 871 c.c.; pertanto, il condono edilizio interessa i rapporti fra la p.a. ed il privato costruttore, che può fruirne anche se l'edificio abusivo violi le norme sulle distanze legali, restando però impregiudicati i diritti dei terzi, che possono far valere la violazione delle norme suddette e chiedere il risarcimento dei danni o la demolizione delle opere abusive.
Ne deriva che la sanatoria del 1985 non può sanare eventuali violazioni delle norme civilistiche sulle distanze, restando intatto il diritto di chi assume che tali norme siano state violate di agire davanti alle corti civili e amministrativi e per ottenere la doppia tutela che la violazione di dette norme comporta.
Ordine di demolizione ha carattere reale
Inoltre, in riferimento all’ordine di demolizione, Palazzo Spasa ha ribadito che i provvedimenti sanzionatori a contenuto ripristinatorio/demolitorio riferiti ad opere abusive hanno carattere reale, con la conseguenza che la loro adozione prescinde dalla responsabilità del proprietario o dell'occupante l'immobile, applicandosi anche a carico di chi non abbia commesso la violazione, ma si trovi al momento dell'irrogazione in un rapporto con la res tale da assicurare la restaurazione dell'ordine giuridico violato.
La proprietaria potrà far valere eventuali diritti risarcitori nei confronti di chi non ha tutelato il proprio interesse ad acquistare un bene privo di difformità urbanistiche (dante causa e ufficiale rogante), ma non può invocare l’illegittimità dei provvedimenti.
Né si può fare leva sull’affidamento, sulla buona fede e sulla necessità di contemperare l’interesse privato con l’interesse pubblico motivando sull’esistenza di quest’ultimo.
Inoltre l'onere motivazionale comunque gravante sull'Amministrazione nel caso di annullamento in autotutela del titolo edilizio in precedenza adottato può essere, in qualche misura, attenuato in ragione della rilevanza degli interessi pubblici tutelati, in particolare di quelli sottesi alla disciplina in materia edilizia e alla prevalenza che deve essere riconosciuta ai valori che essa mira a tutelare. Ricorda Palazzo Spada che l'attività di repressione degli abusi edilizi costituisce attività di natura vincolata e, pertanto, la stessa non è assistita da particolari garanzie partecipative, tanto da non ritenersi necessaria la previa comunicazione di avvio del procedimento di cui all'art. 7 e ss. della l. 241 del 1990 agli interessati.
Va quindi escluso che ai destinatari del provvedimento recante l'ordine di demolizione debbano essere riconosciute le prerogative connesse alla partecipazione procedimentale, tra cui quella di presentare osservazioni con conseguente obbligo per l'Amministrazione di prenderle in considerazione prima di assumere la decisione finale.
Per altro il Comune aveva notificato correttamente l’avviso di avvio del procedimento e il successivo provvedimento di annullamento del permesso di costruire, per cui aveva operato in maniera assolutamente legittima.
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