Annullamento permesso di costruire: Palazzo Spada sul risarcimento del danno
di Redazione tecnica - 30/11/2023
Cosa accade e di chi sono le responsabilità in caso di annullamento in autotutela di un permesso di costruire rilasciato dal Comune a seguito di un'esposizione parziale e incompleta della situazione di fatto da parte del progettista incaricato?
Annullamento permesso di costruire: interviene il Consiglio di Stato
Ha risposto a questa domanda il Consiglio di Stato con la sentenza 17 novembre 2023, n. 9879 che ci consente di affrontare l'annosa problematica del rapporto tra:
- il committente dei lavori, privo di specifica competenza nel settore e in perfetta buona fede;
- il tecnico incaricato alla presentazione del permesso di costruire, che dovrebbe verificare tutti i presupposti previsti dalla normativa;
- il Comune, che deve vigilare correttamente prima del suo rilascio del titolo edilizio.
L'art. 12 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) dispone, infatti, che "Il permesso di costruire è rilasciato in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente". Il successivo art. 13 dispone d'altronde che "Il permesso di costruire è rilasciato dal dirigente o responsabile dello sportello unico nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e degli strumenti urbanistici".
Da una parte vi deve essere, dunque, una corretta rappresentazione dei fatti da parte del professionista incaricato alla presentazione dell'istanza di permesso di costruire. Dall'altra lo Sportello Unico Edilizia dovrebbe preventivamente e scrupolosamente verificare il rispetto delle leggi, dei regolamenti e degli strumenti urbanistici.
Il caso di specie
Nel caso oggetto dell'intervento del Consiglio di Stato siamo di fronte ad un permesso di costruire rilasciato per l’installazione di un manufatto in legno su un’area confinante con un tratto autostradale. Permesso di costruire successivamente annullato dal Comune, a seguito della nota di Autostrade per l’Italia s.p.a. che aveva comunicato il proprio contrario avviso in ordine all’installazione del manufatto, in quanto ubicato all’interno della fascia di rispetto autostradale.
In primo grado i ricorrenti hanno richiesto la condanna del Comune al risarcimento dei danni subiti. Richiesta che non è stata accolta dal TAR secondo il quale vi sarebbe una corresponsabilità dei ricorrenti per aver rappresentando in maniera parziale e incompleta la situazione di fatto. Secondo il primo giudice: "Se il Comune non ha provveduto ad acquisire il prescritto parere dell’Ente gestore della strada, tuttavia la redazione della domanda del titolo edilizio è risultata fuorviante, non avendo il progettista dato conto dell’esistenza del vincolo".
Secondo il TAR, benché le planimetrie allegate alla domanda rappresentassero correttamente lo stato dei luoghi, il progettista avrebbe attestato la conformità dell’intervento alla normativa edilizia, urbanistica e di sicurezza vigenti. È vero che ci sarebbe stata una negligenza degli uffici del Comune che non avrebbero considerato la rappresentazione grafica, ma è anche vero (secondo il TAR) che la disattenzione avrebbe potuto essere rimediata con la puntuale indicazione dell’esistenza del vincolo, per cui il privato ha “contribuito” al deficit istruttorio in violazione del principio di leale collaborazione.
Il ricorso
Il secondo grado i ricorrenti hanno lamentato che il Tribunale avrebbe errato a respingere la domanda risarcitoria sul presupposto di una concorrente responsabilità di costoro nel provocare l’errore che avrebbe determinato il rilascio del permesso di costruire poi ritirato.
Secondo i ricorrenti, loro sarebbero esenti da responsabilità posto che la richiesta di permesso di costruire sarebbe stata predisposta e presentata dal loro tecnico di fiducia. Costoro, quindi, privi di specifica competenza nel settore e in perfetta buona fede, avrebbero fatto affidamento sul permesso di costruire rilasciato.
Al contrario, la condotta comunale sarebbe stata colposamente negligente e non conforme al canone della buona amministrazione sotto più profili. Tra le altre cose, viene rilevato che:
- in tutti gli strumenti urbanistici succedutisi dal 1983 il tratto autostradale in discorso risulterebbe classificato quale “strada extraurbana principale di Tipo B” (come tale non soggetta ad alcuna fascia di rispetto all’interno del centro abitato);
- la classificazione di quel tratto di strada come “autostrada”, sarebbe avvenuta quantomeno a decorrere dal D. Lgs. 29/10/1999, n. 461;
- il comune, con delibera di Giunta 21/12/2010, n. 649, avrebbe stabilito di modificare gli elaborati allegati al PGTU nella parte in cui, per mero errore materiale, classificano il tratto autostradale in questione, come strada “Extraurbana principale” di tipo “B”, anziché come “Autostrada”, di tipo “A”, ma tale correzione sarebbe stata apportata solo nel nuovo PGTU del 2014;
- gli strumenti urbanistici vigenti al momento della presentazione della richiesta di permesso di costruire avrebbero consentito di posizionare il manufatto a 5 metri dal confine.
Il mancato adeguamento della cartografia allegata agli strumenti urbanistici rappresenterebbe un evidente caso di negligenza e cattiva amministrazione che fonderebbe la colpa dell’amministrazione e il suo obbligo risarcitorio.
L’oggettiva trascuratezza del Comune emergerebbe, altresì, dalla circostanza che quest’ultimo si sarebbe limitato alla verifica del progetto, senza tener conto della citata delibera di Giunta n. 649/2010 e senza considerare l’effettiva natura del tratto di strada confinante con il lotto d’intervento.
La richiesta di risarcimento e la decisione del Consiglio di Stato
Alla luce di questi rilievi, i ricorrenti hanno quantificato in € 99.959,80 i danni subiti, ovvero i costi sostenuti per la costruzione del manufatto e alle spese per la sua demolizione, rinviando, per la specificazione delle varie voci di spesa, alla relazione tecnica depositata in primo grado e alle fatture a essa allegate.
Richiesta che il Consiglio di Stato ha parzialmente accolto.
Le responsabilità dell'intervento
Preliminarmente il Consiglio di Stato ha ricordato che non può attribuirsi alcun rilievo alla circostanza che la richiesta del titolo edilizio non sia stata predisposta e presentata dai ricorrenti, ma dal loro tecnico di fiducia.
Ai sensi dell'art. 29 del d.P.R. n. 380/2001: "Il titolare del permesso di costruire, il committente e il costruttore sono responsabili, ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel presente capo, della conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano nonché, unitamente al direttore dei lavori, a quelle del permesso e alle modalità esecutive stabilite dal medesimo".
Dunque, è corretta la decisione del TAR che avrebbe dedotto una corresponsabilità delle parti nell’indurre in errore il Comune circa l’esistenza del vincolo.
Al contempo, il Comune non poteva ignorare l’esistenza del vincolo, per cui è indubbio il grave difetto di istruttoria sulla base del quale è stato rilasciato il permesso di costruire, circostanza, questa, che, tenuto conto dell’inescusabilità dell’errore commesso, ha indotto il Collegio a ritenere integrato l’elemento psicologico della colpa.
Dall’altra parte, la richiesta di permesso di costruire reca l’asseverazione del progettista incaricato in ordine alla conformità del manufatto alla normativa edilizia urbanistica in vigore, comprendente, nello specifico, anche la dichiarazione di assenza di vincoli impeditivi dell’edificazione, il che, per l’appunto, determina il rilevato concorso di responsabilità nel provocare l’errore che ha portato al rilascio del titolo edilizio.
In questo contesto trova applicazione l’art. 1227, comma 1, del Codice Civile, in base al quale: “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate”.
Alla luce di quanto esposto, e in considerazione del principio espresso dalla trascritta norma del codice civile secondo cui “Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti”, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la condotta della parte privata e quella del Comune abbiano avuto la medesima incidenza causale nel determinare il rilascio del titolo edilizio illegittimo successivamente annullato.
Conseguentemente il Comune è stato condannato a risarcire la metà del danno subito dai ricorrenti.
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