Ante ’67, cambio di destinazione d'uso, carico urbanistico ed edilizia libera: chiarimenti dal Consiglio di Stato

di Redazione tecnica - 14/05/2024

Valutare la legittimità o meno di un ordine di demolizione può dipendere anche dalla datazione di un manufatto e delle successive opere di ristrutturazione, considerato che la normativa applicabile al caso in esame può portare a diverse conclusioni. 

Non a caso quindi il Consiglio di Stato con la sentenza del 9 maggio 2024, n. 4191, ha accolto in parte l'appello contro un ordine di demolizione, soltanto dopo aver chiarito che la questione riguardava un immobile ante '67 sul quale non era stata operata alcuna variazione di destinazione d'uso, differentemente da quanto affermato dal Comune.

Cambio di destinazione d'uso e abusi su immobile ante '67: la sentenza del Consiglio di Stato

La questione è nata a seguito dell'ingiunzione a demolire di alcune opere edilizie realizzate sia all'interno di un fabbricato che sull'area esterna, e che avevano comportato:

  • la modifica di destinazione a uso abitativo anziché ad attività produttiva;
  • la realizzazione di un solaio interno tra piano terra e primo piano;
  • la diversa distribuzione degli spazi interni, la realizzazione di una scala interna di collegamento tra i due livelli dell’abitazione con la realizzazione di “5 vani finestra”;
  • la realizzazione di pavimentazione esterna;
  • la realizzazione di un muretto di cinta esterno;
  • la realizzazione di una piccola tettoia in legno;
  • la realizzazione di un piccolo prefabbricato in legno e di una copertura sorretta da montanti in ferro;
  • la diversa distribuzione interna degli ambienti in un antico fabbricato rurale adiacente alla costruzione.

Secondo il ricorrente, il provvedimento di demolizione sul cambio di destinazione d’uso sarebbe stato illegittimo in quanto sia il piano terra che il primo piano del fabbricato erano adibiti da decenni ad uso abitativo per cui, trattandosi di immobile edificato anteriormente al 1942, in zona non soggetta al momento della costruzione ad alcuna zonizzazione o regolamentazione urbanistico/edilizia, non vi sarebbe stata alcuna variazione d’uso giuridicamente rilevante.

Tutte le altre presunte difformità, non sarebbero inoltre state sanzionabili ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) trattandosi di opere di manutenzione o di ristrutturazione (disciplinata dall’art. 33 TUE), o di “diversa distribuzione degli spazi interni” in difformità alla autorizzazione in variante, soggetta al regime dell’attività edilizia libera ovvero, al più, della C.I.L.A. o della S.C.I.A. e non del permesso di costruire.

In primo grado, il TAR aveva dichiarato il ricorso in parte improcedibile e in parte infondato, considerando avvenuto il cambio di destinazione d’uso e che l’accertamento di conformità ex art. 36 del Testo Unico Edilizia è rimasto inevas, consolidandosi come provvedimento di rigetto.

Da qui l'appello, con il quale è stato ribadito che:

  • l'ìimmobile era sempre stato destinato a uso abitativo;
  • il Comune nel 1963 aveva rilasciato la concessione edilizia per la sopraelevazione di un “quartino” nonché, a seguito dei danni dal sisma del 1980, l’autorizzazione per “riparazione”, ai sensi dell’art. 14 L. n. 219/1981, e quindi per la riparazione di “immobile destinato ad uso di abitazione”; e non per una destinazione “produttiva”;
  • andava riconosciuta alla mancata definizione espressa da parte del Comune dell’istanza ex art. 36 D.P.R. 380/2001 valore (non di silenzio rigetto ma) di silenzio inadempimento.

Per dirimere la questione, il Consiglio ha quindi disposto una CTU finalizzata a stabilire:

  • la presumibile data di edificazione dell’immobile;
  • la destinazione urbanistica della zona, nella successione degli strumenti urbanistici, dalla data di presunta edificazione dell’immobile alla data di emanazione dei provvedimenti impugnati;
  • la presumibile destinazione dell’immobile anteriormente e successivamente alle autorizzazioni rilasciate dal Comune;
  • descrizione delle opere, realizzate in difformità rispetto alle precedenti autorizzazioni, attualmente non rimosse, al fine dell’inquadramento nel relativo regime giuridico, precisando l’eventuale anteriorità al 1° settembre 1967.
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