Autorizzazione paesaggistica e parere tardivo della Soprintendenza: è silenzio assenso?
di Redazione tecnica - 09/11/2022
L’autorizzazione paesaggistica per interventi di ristrutturazione richiede il parere da parte della Soprintendenza,a seguito del quale, un Comune può decidere di concedere o meno il titolo abilitativo. Ma cosa succede se la Soprintendenza non rende esplicitamente il proprio parere? Si forma il silenzio assenso oppure no? Si tratta di una questione abbastanza controversa, su cui è intervenuto il TAR Salerno, con la sentenza n. 2896/2022.
Autorizzazione paesaggistica: quando il parere della Soprintendenza non è vincolante
La questione riguarda il ricorso presentato per l’annullamento del diniego da parte di un’Amministrazione comunale di autorizzazione paesaggistica finalizzata alla realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione ed ampliamento volumetrico.
Secondo il ricorrente, il parere della Soprintendenza relativo all’autorizzazione paesaggistica è stato emesso ben dopo il decorso dei 45 giorni previsti dall’art. 146, comma 8, del D.lgs. n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), motivo per cui si sarebbe formato il silenzio assenso.
Spiega il TAR che sull’applicazione dell’art. 146 del D.lgs. n. 42/2004 sussiste un articolato contrasto nella giurisprudenza amministrativa, laddove sono riscontrabili due, se non addirittura tre orientamenti.
Gli orientamenti in giurisprudenza amministrativa
Il punto di comune di partenza delle opinioni è che l’art. 17-bis della legge n. 291/1990, relativo al silenzio assenso, riguarda soltanto i procedimenti c.d. “orizzontali”, ossia con fase decisoria pluristrutturata. La disposizione richiede, cioè, che le due amministrazioni condividano la funzione decisoria, cioè che entrambe siano titolari di un potere decisorio sostanziale. Quando invece un’amministrazione ha un ruolo meramente formale, nel senso che raccoglie e trasmette l’istanza all’altra amministrazione, unica decidente, la decisione risulta mono-strutturata ed il beneficiario del provvedimento va individuato nel solo soggetto privato.
Ciò premesso, due orientamenti negano la formazione del silenzio assenso:
- uno muove dal fatto che l'autorizzazione costituisce un provvedimento mono-strutturato, essendo il relativo procedimento attivato ad istanza della parte privata interessata e non della P.A. procedente. Il rapporto tra Regione/Ente locale e Soprintendenza è dunque meramente interno, ossia finalizzato a co-gestire non la fase decisoria, ma quella istruttoria. Pertanto, il parere reso tardivamente non è inefficace, ma non vincola la P.A. procedente, alla quale tocca tenerne conto, valutando motivatamente ed in concreto anche gli aspetti paesaggistici. Questo in applicazione del comma 9 dell’art. 146 del Codice dei Beni Culturali, in base al quale, “decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del Soprintendente, senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione”: si tratta di una norma non espressamente abrogata dall’art. 17-bis della legge n. 241/1990, la quale istituisce una forma di silenzio devolutivo, per definizione incompatibile con il silenzio assenso;
- un secondo orientamento, sempre di segno contrario, e con ricadute pratiche simili all’art. 17-bis, prevede invece che l’ostacolo alla formazione del silenzio assenso sia costituito non dall’assenza di un potere codecisorio tra le Amministrazioni, ma dalla peculiare scansione procedimentale dettata dal comma 9 dell’art. 146, secondo cui “l’amministrazione competente” - cioè Regione/Ente locale delegato - “provvede comunque”. Anche in questo caso il provvedimento finale dovrà rispecchiare la proposta originaria trasmessa alla Soprintendenza: diversamente, il provvedimento adottato sarebbe illegittimo in quanto emesso su una proposta non precedentemente sottoposta al parere della Soprintendenza.
- infine, un terzo orientamento è invece di segno positivo e “senza condizioni” all’applicabilità dell’istituto del silenzio assenso al parere della Soprintendenza, che muove dalla considerazione per cui tutti i pareri vincolanti partecipano alla formazione di un provvedimento finale pluri-strutturato, in quanto la decisione dell’amministrazione procedente richiede per legge l’assenso vincolante di un’altra amministrazione. Secondo questo orientamento si può applicare quindi l’art. 17-bis della legge n. 241/1990 diversamente dai pareri consultivi (non vincolanti), che restano assoggettati alla disciplina di cui agli artt. 16 e 17.
Parere della Soprintendenza e silenzio assenso: la decisione del TAR
Rispetto a questa ricognizione sugli orientamenti della giurisprudenza sul silenzio assenso relativo alla richiesta di parere effettuata dall’Amministrazione alla Soprintendenza, il Collegio ha dichiarato di aderire al primo, oramai consolidato, contrario all’applicabilità dell’art. 17-bis al parere paesaggistico.
Di conseguenza, secondo il giudice, il parere della Soprintendenza non è soggetto al silenzio assenso, ma solo reso tardivamente. In quanto tale, non è inefficace, ma semplicemente non vincolante per la P.A. procedente, alla quale spetta tenerne conto, valutando motivatamente ed in concreto anche gli aspetti paesaggistici.
Da ciò ne deriva che nel caso in esame:
- il parere della Soprintendentza non può essere impugnato perché è tardivo, per cui si tratta di un atto non vincolato e meramente endoprocedimentale;
- il diniego di autorizzazione paesaggistica invece può essere impugnato: in mancanza di un presupposto parere vincolante, era doverosa da parte del Comune un’autonoma valutazione sugli aspetti paesaggistici, che invece manca nel provvedimento.
Sulla base di questi presupposti, il ricorso è stato accolto: il diniego di autorizzazione paesaggistica è illegittimo perché non adeguatamente motivato in presenza di un parere non vincolante della Soprintendenza.
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