Bonus edilizi e cessione del credito: la bolla è scoppiata
di Gianluca Oreto - 10/11/2022
Che la bolla fosse già scoppiata lo avevamo intuito già con le recenti 5 sentenze della Corte di Cassazione emesse nei confronti di 5 distinti cessionari (Banco Desio e della Brianza, Illimity Bank, Poste Italiane, Groupama e Cassa Depositi e Prestiti) relative al superbonus 110%. Era, però, evidente che questi fossero solo i primi interventi della Suprema Corte nei confronti di un meccanismo (la cessione del credito) che utilizzato per una detrazione fiscale importante (come il superbonus 110% o l'ecosismabonus) avrebbe generato parecchie problematiche.
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Bonus edilizi: la nuova sentenza della Corte di Cassazione
È stata, infatti, depositata l'8 novembre 2022 la sentenza n. 42012 della Corte di Cassazione che interviene sul binomio ecosismabonus 85%-cessione del credito.
Una prima considerazione. La sentenza NON riguarda il superbonus 110% sul quale per la cessione del credito sono sempre stati previsti oltre che rigidi controlli anche la possibilità di utilizzare le opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito) solo a stati di avanzamento lavori minimi del 30%. Con la conseguenza che per cedere le quote parte del credito complessivo era sempre stato evidente che fosse necessario aver eseguito i relativi interventi.
Possibilità prevista dall'art. 121, comma 1-bis del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio) che dispone:
L'opzione di cui al comma 1 può essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori. Ai fini del presente comma, per gli interventi di cui all'articolo 119 gli stati di avanzamento dei lavori non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad almeno il 30 per cento del medesimo intervento.
Tale disposizione, però, non vale nei confronti di tutti gli altri bonus edilizi che utilizzano le opzioni alternative, sui quali solo dal 12 novembre 2021 (con il Decreto Legge n. 157/2021, c.d. Decreto antifrode) sono previsti gli stessi controlli del superbonus 110% (visto di conformità e asseverazione di congruità delle spese). Ciò significa che per tutti questi interventi, prima del Decreto antifrode, era possibile utilizzare le opzioni alternative immediatamente e senza alcun controllo del commercialista e del tecnico.
I fatti
Il caso oggetto del nuovo intervento della Cassazione riguarda proprio uno di questi bonus e più precisamente quello di cui all'art. 14, commi 2-quater e 2-quater.1 del Decreto Legge n. 63/2013. Stiamo parlando dell'ecosismabonus che utilizzato su parti comuni di edifici condominiali ricadenti nelle zone sismiche 1, 2 e 3, consente una detrazione:
- dell'80%, ove gli interventi determinino il passaggio ad una classe di rischio inferiore;
- dell'85% ove gli interventi determinino il passaggio a due classi di rischio inferiori.
Detrazione da ripartire in dieci quote annuali di pari importo e da applicare su un ammontare delle spese non superiore a euro 136.000 moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio.
Secondo la difesa, considerato che la norma consente l'utilizzo delle opzioni alternative anche in assenza di stato avanzamento, al momento dell'emissione della fattura non era necessario aver intrapreso, avviato o seguito i lavori. La norma richiederebbe "solamente" che i lavori siano eseguiti e che la decadenza dell'agevolazione, maggiorata delle sanzioni previste, si potesse pretendere solo nel caso di controlli ex post che determinino la mancata esecuzione degli stessi.
Scadenza dei lavori, reato tributario e sequestro preventivo
Altro aspetto, secondo la difesa la norma prevede che i lavori siano eseguiti in conformità del titolo abilitativo ma senza prevedere una scadenza. Tra le altre cose, la difesa ha ricorda che la normativa edilizia prevede che il termine per eseguire i lavori sia di 3 anni dalla data di inizio che nel caso di permesso di costruire deve avvenire entro 1 anno dal rilascio del titolo e nel caso di CILA entro 30 giorni dalla presentazione del titolo. Termini prorogabili su richiesta e privi di natura perentoria.
Altri aspetti contestati, conseguenti al primo sono quelli relativi al reato tributario e al sequestro preventivo (di cui si è già parlato nelle precedenti 5 sentenze della Cassazione).
I rilievi della Cassazione
Gli ermellini hanno rigettato la prima delle motivazioni addotte dalla difesa relativa alla mancata esecuzione degli interventi perché la norma non prevedrebbe una scadenza del fine lavori.
Secondo la Cassazione ci sarebbe stato un utilizzo fraudolento del meccanismo di cessione, abusando del regime di detrazioni fiscali introdotto al fine di favorire la ripresa economica nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, traendo un profitto illecito dalla creazione e successiva cessione a terzi di crediti d'imposta ritenuti inesistenti.
Secondo i giudici, le operazioni effettuate sulla Piattaforma cessione crediti dell'Agenzia delle Entrate sono risultate strumentali alla creazione di crediti d'imposta inesistenti con un duplice obiettivo:
- l'indebito conseguimento di ingenti liquidità monetarie di lecita provenienza ottenute attraverso la cessione dei crediti a istituti di credito o intermediari finanziari, mediante previa cessione intermedia a società o persone fisiche compiacenti;
- l'elusione fiscale attuata mediante indebita compensazione dei crediti di imposta (parte del credito era stato utilizzato in detrazione dalle società stesse).
Imprese fantasma
Nel caso di specie, era stato rilevato che delle due società indagate:
- la prima era stata costituita nel 2019, con fatture ricevute datate 2020 e 2021, dell'importo complessivo di 607 milioni di euro;
- la seconda società era l'unico fornitore della prima dalla quale aveva ricevuto fatture solo nel 2021 per il valore di 568 milioni di euro (614 milioni di euro con tutti i suoi fornitori).
Tali fatture, secondo la Cassazione, costituiscono la fonte dei considerevoli crediti d imposta di cui le stesse società risultano beneficiarie, crediti che hanno formato oggetto sia di reciproche compravendite, sia di ulteriori cessioni ad altri soggetti, tra cui altre due società indagate.
I giudici di Cassazione definiscono "allarmante" il quadro che emerge circa la capziosità del meccanismo fraudolento posto in essere dalle due società indagate e a quelle a loro riconducibili, che non solo hanno due locali in comune ma le cui compagini risultano esattamente sovrapponibili essendo il 50% del capitale pari a 100.000 euro per entrambe le società, di proprietà dei due indagati al 50% delle quote ciascuno, risultando formalmente amministrate da un unico soggetto.
Tra le altre cose, sarebbe stato provato che le operazioni ritenute agevolabili sarebbero state ricondotte a presunti lavori effettuati proprio sugli immobili detenuti quali conduttrici fittizie.
Altro aspetto sul quale si è concentrata l'attenzione dei giudici riguarda la forza lavoro delle due società, certamente non compatibile con il valore milionario dei lavori reciprocamente fatturati, peraltro, solo a titolo di acconto.
L'effettiva realizzazione dei lavori
I giudici hanno, inoltre, riscontrato l'assenza dei titoli edilizi abilitativi dei lavori. In alcuni casi tali titolo sono stati inoltrati solo successivamente al provvedimento di sequestro emesso. Gli accertamenti hanno riscontrato che vi sarebbero 244 pratiche edilizie curate da soli 12 professionisti e, soprattutto, in relazione a 182 interventi oggetto delle predette relazioni tecniche, non risulterebbe ancora dichiarato né avviato alcun cantiere mentre per quanto riguarda i 58 cantieri già dichiarati avviati, dai sopralluoghi eseguiti, sarebbe emersa l'inesistenza di 3 cantieri.
Il fine lavori
Secondo gli ermellini significativa sarebbe la circostanza, per escludere la tesi difensiva della non necessità dell'esecuzione dei lavori entro una data limite, in cui si sottolinea come, con riferimento alle relazioni tecniche redatte dai professionisti incaricati circa lo stato dei luoghi, prodotte dagli indagati in sede di riesame, il P.M. ha rappresentato l'emersione di alcune anomalie che conducono a dubitare sulla loro veridicità.
Prive di rilievo sarebbero, dunque, le deduzioni difensive circa la mancata effettuazione dei lavori, atteso che il sistema ideato aggira del tutto le fasi dell'esecuzione dei lavori (attestati, computi, certificati del direttore dei lavori,...).
La Cassazione ha chiarito che la fruizione dei bonus fiscali per gli interventi edilizi è "indissolubilmente" vincolata all'esecuzione completa degli interventi stessi, secondo quando indicato nei relativi atti abilitativi e nei tempi previsti dagli stessi. Le agevolazioni sono connesse all'esecuzione degli interventi edilizi. Gli interventi devono essere, dunque, completati.
In applicazione del principio di cassa, è consentivo di portare in detrazione le spese sostenute per lavori non completati. Questo, seppure si tratti di una detrazione "sub iudice", legata all'effettivo concretizzarsi dell'intervento nel suo complesso (tutte le opere completate entro i tempi dettati dalle pratiche edilizie), quindi con il rischio che a eventuali controlli si riscontri la mancata fine dei lavori, caso in cui i benefici già fruiti verrebbero revocati.
Gli ermellini arrivano, dunque, all'importante conclusione per cui è possibile in linea generale, quando si deve semplicemente portare una spesa in detrazione in dichiarazione dei redditi, anticipare i pagamenti anche per lavori da eseguirsi, fermo restando che i benefici verrebbero revocati qualora i lavori non terminassero per intero come nei titoli edilizi.
Cosa cambia in caso di cessione del credito
La Cassazione spiega poi il concetto relativo alla monetizzazione del credito mediante opzione alternativa per cui, come detto, è previsto il limite del SAL nel caso di superbonus 110%.
Ma attenzione, qui arriva una tesi molto interessante da parte dei giudici di Cassazione per i quali dal D.L. n. 157/2021 sarebbero stati estesi a tutti i bonus edilizi non solo i meccanismi di controllo in caso di cessione del credito ma anche la necessità che gli stessi siano riferite ad un SAL ovvero a lavorazioni eseguite fino a quel momento (senza necessità del 30% come per il superbonus).
Secondo i giudici non può essere rilasciato alcun visto di conformità relativamente a cessione crediti in presenza di lavorazioni o somministrazioni non ancora eseguite.
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