Bonus edilizi: cosa succede se si sbaglia il bonifico parlante?
di Redazione tecnica - 07/10/2024
Cosa succede se nel bonifico effettuato per il pagamento di lavori di ristrutturazione edilizia si indica erroneamente, invece della dicitura relativa alle detrazioni di cui all’art. 16-bis del Tuir (c.d. "Bonus Casa"), la causale riservata agli interventi finalizzati al risparmio energetico ("Ecobonus" di cui alla legge n. 296/2006)?
Causale errata nel bonifico parlante: le conseguenze
A temere una possibile perdita del diritto alle agevolazioni è una contribuente che ha posto il quesito a Fisco Oggi, ricevendo una risposta rassicurante dall’Agenzia delle Entrate: la causale errata del bonifico parlante non fa decadere la possibilità di usufruire della detrazione prevista per i lavori di recupero del patrimonio edilizio (articolo 16-bis del Tuir), sempre che siano state rispettate tutte le altre condizioni.
L’importanza della causale del bonifico parlante dipende dal fatto che, per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, al pari di quelli di riqualificazione energetica degli edifici, le banche o Poste Italiane SPA devono operare sui pagamenti effettuati una ritenuta d’acconto, attualmente pari all’11% a carico di chi beneficia del pagamento.
Per questo motivo sono stati predisposti bonifici cd. "parlanti" dai quali devono risultare:
- la causale del versamento;
- il codice fiscale del beneficiario della detrazione;
- il numero di partita Iva o il codice fiscale del soggetto a favore del quale viene effettuato il bonifico.
Nessun problema però sul diritto a usufruire delle detrazioni: come più volte affermato dal Fisco in diversi documenti di prassi – ad esempio la Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 26 giugno 2023, n. 17/E, quando nell’apposito bonifico dedicato è stato riportato, per errore materiale, il riferimento normativo della detrazione per la riqualificazione energetica, anziché quello previsto per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, l’agevolazione può comunque essere riconosciuta, senza necessità di ulteriori adempimenti da parte del contribuente.
Non si tratta difatti di un errore che pregiudica l’obbligo della banca (o di Poste italiane S.p.A.) di applicare nei confronti del beneficiario del pagamento la ritenuta d’acconto dell’11% prevista dall’articolo 25 del decreto legge n. 78/2010.
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