Cambio di destinazione d'uso e abusi paesaggistici minori: ok alla sanzione pecuniaria
di Redazione tecnica - 09/02/2024
In caso di abusi paesaggistici minori per i quali sia intervenuta la sanatoria, è dovuta l’indennità risarcitoria, disciplinata dall’art.167 del d.lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), come precedentemente disposto dall’art. 15 della legge n. 1497/1939.
Sanatoria abusi paesaggistici minori: la sanzione è dovuta
Sulla base di questi presupposti il Consiglio di Stato, con la sentenza del 30 gennaio 2024, n. 945, ha respinto il ricorso presentato contro un’Amministrazione regionale che aveva richiesto il pagamento delle indennità risarcitorie di cui all’art.167 d.lgs. 42/2004 e all'art.1, comma 37, lett. B2, della legge n. 308/2004.
La questione riguarda la realizzazione di un volume tecnico su un terrazzo, costruito nel 1995, successivamente trasformato in volume abitativo. Per questa trasformazione era stata richiesta, nel dicembre 2004, il condono ai sensi del decreto legge n. 269/2003, convertito con modificazioni nella l. n. 326/2003 (c.d. "Terzo Condono Edilizio").
La Soprintendenza aveva assentito al mantenimento dell’opera sotto il profilo paesaggistico, con conseguente rilascio del provvedimento che autorizzava il cambio di destinazione d’uso.
Successivamente, il proprietario ha ricevuto da parte della Regione la richiesta di indennità risarcitoria di cui all’art.167 D.lgs.n. 42/2004, sulla quale ha opposto ricorso, che il TAR ha respinto specificando che il vincolo paesaggistico era esistente già all’epoca di realizzazione del volume tecnico e che l’indennità risarcitoria costituiva presupposto imprescindibile per la sanabilità dell’abuso paesaggistico.
Sanatoria paesaggistica: le disposizioni del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio
I giudici di Palazzo Spada hanno confermato la legittimità della richiesta di indennità, sottolineando come la norma sulla sanzione, introdotta con l’art. 15 della legge n. 1497/1939, è stata riprodotta nel d.lgs. n. 42/2004, che ha raccolto le norme esistenti in precedenti testi legislativi, cosicché possono considerarsi abrogate solo le fattispecie non contenute nel nuovo testo unico, trattandosi negli altri casi di mera modifica del nomen iuris.
Sul punto, ricordiamo che l'art. 167 ai commi 4 e 5 prevede che:
"4. L'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:
- a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
- b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
- c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
5. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1. La domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica presentata ai sensi dell'articolo 181, comma 1-quater, si intende presentata anche ai sensi e per gli effetti di cui al presente comma".
Del resto, spiega il Consiglio, le autorizzazioni rilasciate dalla Soprintendenza e dal Comune devono considerarsi autorizzazioni in sanatoria dal momento che, all’epoca in cui fu chiesta la modifica della destinazione d’uso del manufatto, era emerso che l’autorizzazione paesistica non era stata richiesta; se l’autorizzazione fosse stata a suo tempo richiesta quando furono effettuate le modifiche interne era evidente che non vi sarebbe stato il pagamento di alcuna sanzione.
In conclusione l’ottenimento di una autorizzazione paesaggistica in sanatoria comporta il pagamento della sanzione prevista dall’art. 167 d.lgs. 42/2004.
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