Cambio di destinazione d’uso: quando ci vuole il permesso di costruire?

di Redazione tecnica - 09/08/2024

Con il DL Salva Casa, la disciplina sui cambi di destinazione d'uso prevista all'art. 23-ter del Testo Unico Edilizia è stata interessata da importanti novità.

Regole però che, secondo il prinicipio "tempus regit actum" non valgono per i contenziosi in essere, come ad esempio nel caso affrontato dal TAR Lazio con la sentenza dell'8 luglio 2024, n. 13813, che ha rigettato il ricorso per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione disposta in relazione ad opere conseguite senza permesso e che secondo il proprietario potevano essere assimilate al regime dell’edilizia libera di cui all’art. 6 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Cambio di destinazione d’uso: può rilevare anche senza ampliamenti

Tra gli interventi contestati, in particolare, rileva l’avvenuta trasformazione di un locale magazzino in un vano abitabile, ovvero un cambio di destinazione d’uso che non è possibile ritenere irrilevante, in quanto comporta inevitabilmente un incremento del carico urbanistico, anche senza la realizzazione di vere e proprie opere edilizie.

Si spiega, infatti, che “nell’ambito di una unità immobiliare ad uso residenziale, devono distinguersi i locali abitabili in senso stretto dagli spazi “accessori” che, secondo lo strumento urbanistico vigente, non hanno valore di superficie edificabile e non sono presi in considerazione come superficie residenziale all’atto del rilascio del permesso di costruire: autorimesse, cantine e locali di servizio rientrano, di norma, in questa categoria.

In tale ottica, la trasformazione di uno spazio “accessorio” non residenziale in un locale abitabile comporta, in ogni caso, un ampliamento della superficie residenziale, ed è quindi soggetto alla richiesta del permesso di costruire.

Cambio di destinazione d’uso con aumento del carico urbanistico: senza permesso ok alla demolizione

Nel caso in questione, in particolare, un locale magazzino è stato trasformato in cucina-soggiorno (e quindi in un locale abitabile) mediante opere di abbattimento e adeguamento degli impianti.

Tale cambio d’uso rilevante comporta un effettivo incremento delle superfici “utili” ai fini residenziali, con connesso aggravio del carico urbanistico. Il che significa che non solo necessita del Permesso di Costruire ma che - se realizzato in assenza o in difformità dal titolo - dev’essere applicata la sanzione demolitoria ai sensi del TUE, art. 31 (“Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali”).

Anche gli ulteriori interventi conseguiti dal ricorrente, peraltro, risultano aver determinato un’alterazione della sagoma e del prospetto dell’edificio principale, dunque non possono essere ricondotti al regime dell’edilizia libera.

L’ordine di demolizione è atto vincolato e dovuto

Si fa presente inoltre che, una volta appurata l’esecuzione di opere rilevanti eseguite senza Permesso, l’Amministrazione non è tenuta a verificare l’eventuale sussistenza dei presupposti per ottenere la sanatoria dell’abuso, essendo per legge rimessa ogni iniziativa in merito all’impulso del privato interessato.

Il TAR ha quindi rigettato quindi il ricorso, ribadendo infine che il provvedimento di demolizione:

  • è un atto doveroso e vincolato che non richiede la partecipazione del soggetto interessato, pertanto il Comune non è tenuto a dare comunicazione dell’avvio del procedimento;
  • non richiede ulteriori motivazioni oltre alla necessità di ripristino della legalità violata;
  • non tiene conto di eventuali ragioni di interesse pubblico, in quanto prevale sempre la finalità di ripristino dei luoghi.


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