Cambio destinazione d'uso senza opere: interviene il Consiglio di Stato
di Redazione tecnica - 18/12/2024
Il cambio di destinazione d’uso funzionale senza opere necessita di titolo edilizio laddove si riscontri concretamente un aumento del carico urbanistico; diversamente un'ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi è illegittima.
Mutamento di destinazione d'uso senza opere: occhio al carico urbanistico
A spiegarlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 9 dicembre 2024, n. 9823, con la quale ha respinto l’appello di un’Amministrazione comunale in relazione a un’ordinanza di ripristino della destinazione d’uso da luogo di culto a laboratorio artugianale.
Secondo il Comune, i locali non ospitavano saltuariamente attività di studio e preghiera, ma erano adibiti abitualmente a luogo di preghiera comportando un aumento del carico urbanistico, quando invece la loro destinazione avrebbe dovuto essere quella di laboratorio artigianale. Per questo motivo aveva contestato un abusivo mutamento di destinazione d’uso in assenza di opere edilizie e aveva intimato il ripristino della destinazione d’uso assentita ex art. 31 d.P.R. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
La contestazione alla base del provvedimento muoveva dal rilievo che l’attività volta sarebbe stata “sintomatica dello svolgimento dell’attività tipica del centro culturale collegato alla diffusione della religione che l’art. 72 LR 12/2005 ammette solo previo rilascio dell’apposito permesso di costruire, a prescindere da fatto che non siano necessarie opere murarie”. Per altro, l’afflusso non sporadico di persone accertato dalla Polizia locale avrebbe comportato un aumento degli standards e, quindi, una diversa rilevanza urbanistica.
Il TAR aveva già dato ragione all’associazione, specificando che l’articolo 52, comma 3-bis, della L.R. Lombardia n. 12/2005, che richiede il rilascio del permesso di costruire in caso di mutamento della destinazione d’uso di un immobile finalizzato alla creazione di luoghi di culto e luoghi destinati a centri sociali, va interpretato ed applicato non nel senso di ritenere il permesso di costruire necessario in ragione della sola attività religiosa esercitata nell’immobile.
In definitiva, condizione necessaria per l’operatività della norma e del potere di governo sul territorio, è il riscontro di un effettivo e sostanziale incremento del carico urbanistico, e non già del mero mutamento c.d. funzionale della destinazione d’uso.
Permesso di costruire e cambio di destinazione d'uso: rileva il carico urbanistico
Richiamando l’unanime indirizzo giurisprudenziale, il TAR ha rilevato come il mutamento non autorizzato di destinazione d’uso, attuato senza opere, comportasse una c.d. variazione essenziale sanzionabile soltanto se ed in quanto incidente sul connesso carico urbanistico, ritenuta sussistente nel caso di afflusso (anche potenziale) generalizzato e periodico di una moltitudine di persone per ragioni di culto.
In definitiva, si è ritenuto che difettasse – nel caso di specie – “il presupposto eidetico del potere urbanistico”, risultando quindi indebita la compressione delle attività svolte.
Per il Comune, invece, la decisione del TAR non sarebbe stata condivisibile, in aperto contrasto con la lettera dell’art. 52, comma 3-bis, l. r. n. 12/2005 secondo cui:
“I mutamenti di destinazione d’uso di immobili, anche non comportanti la realizzazione di opere edilizie, finalizzati alla creazione di luoghi di culto e luoghi destinati a centri sociali, sono assoggettati a permesso di costruire”.
Tale disposizione rimetterebbe all’Amministrazione comunale il compito di verificare preventivamente l’impatto di strutture destinate ad attrare un numero (potenzialmente) rilevante di persone, con evidente impatto urbanistico.
Una tesi che non ha convinto Palazzo Spada: l’Associazione appellata ha realizzato un mutamento di destinazione d’uso solo funzionale, non accompagnato dall’esecuzione di alcuna opera dell’immobile in questione.
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