Clausole lex specialis non univoche: criteri di interpretazione
di Redazione tecnica - 16/06/2023
In presenza di clausole di non univoca interpretazione, non si può rinnovare la concessione di un servizio in favore di un operatore, se le alternative sono tra l’indizione di una nuova procedura di gara e la sua preclusione.
Proroga concessione o nuova procedura di gara? La sentenza del TAR
Si va sempre incontro al favor partecipationis e alla tutela della libera concorreneza e del mercato, nella lettura dei principi relativi ai contratti pubblici, anche quando ci si riferisce a un “vecchio” Codice. Ne è conferma il caso affrontato dal Tar Lombardia con la sentenza n. 1435/2023, inerente una procedura del 2014 e la cui lex specialis si fondava sul d.Lgs. n. 163/2006.
La questione riguarda la ripetizione di servizi analoghi per ulteriori 3 anni, in relazione all’affidamento di un servizio in concessione della durata di 6 anni. Secondo ANAC tale ripetizione era stata accordata in violazione dell’art. 63, comma 5, d.lgs. 50/2016, già art. 57, comma 5, lettera b, d.lgs. 163/2006, motivo per cui la SA ha dovuto annullare la determinazione di riaffidamento della concessione.
Sebbene per le concessioni di norma non si applicano le disposizioni del Codice Appalti, nel proprio parere ANAC ha sottolineato come la Stazione appaltante si sia autovincolata al rispetto di tutte le prescrizioni normative contenute nel D. Lgs. n. 163 del 2006 e, in particolare, di quella riguardante la ripetizione di servizi analoghi ai sensi dell’art. 57, comma 5, lett. b: “pur trattandosi di contratto escluso dall’ambito di applicazione del codice, il vincolo, autoimposto dalla stazione appaltante alla ripetizione dei servizi analoghi nel rispetto dell’art. 57, comma 5, lett. b) d.lgs. 163/2006, avrebbe dovuto indurre la stessa a conformarsi in toto a detta disciplina, tenendo conto del termine triennale entro il quale è possibile fare ricorso alla procedura in questione”.
Il concetto di autovincolo
Si deve quindi applicare il principio secondo il quale nel momento in cui “l’Amministrazione, nell’esercizio del proprio potere discrezionale decide di autovincolarsi, stabilendo le regole poste a presidio del futuro espletamento di una determinata potestà, la stessa è tenuta all’osservanza di quelle prescrizioni, con la duplice conseguenza che: a) è impedita la successiva disapplicazione; b) la violazione dell’autovincolo determina l’illegittimità delle successive determinazioni.
L’autovincolo, com’è noto, costituisce un limite al successivo esercizio della discrezionalità, che l’amministrazione pone a se medesima in forza di una determinazione frutto dello stesso potere che si appresta ad esercitare, e che si traduce nell’individuazione anticipata di criteri e modalità, in guisa da evitare che la complessità e rilevanza degli interessi possa, in fase decisionale, complice l’ampia e impregiudicata discrezionalità, favorire in executivis l’utilizzo di criteri decisionali non imparziali. La garanzia dell’autovincolo, nelle procedure concorsuali, è fondamentalmente finalizzata alla par condicio.
Si tratta di una conclusione avallata anche dalla giurisprudenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, secondo la qualeil bando:
- è un atto amministrativo generale, d’indole imperativa, recante il compendio delle regole (ed in particolare quelle afferenti alle cause di esclusione), cui devono attenersi sia i concorrenti che l’Amministrazione;
- è costitutivo di effetti eventualmente anche derogatori rispetto alla disciplina introdotta dalle fonti di rango primario o regolamentare e come tale non disapplicabile da parte dell’Amministrazione e del giudice amministrativo, potendo essere oggetto solo di specifica impugnativa;
- III) deve essere interpretato secondo il criterio formale (testuale ed oggettivo), con esclusione di letture ermeneutiche in chiave soggettiva ed integrativa, e con l’applicazione automatica e vincolata dell’esclusione laddove previsto dalla normativa di gara”.
Ne discende che l’autolimite che si è dato la Stazione Appaltante non avrebbe potuto essere derogato in sede applicativa.
Quindi la regola contenuta nell’art. 57, comma 5, lett. b, del D. Lgs. n. 163 del 2006, che pone dei rigorosi limiti alla possibilità di procedere a ripetizione, rinnovo o proroga, senza l’effettuazione di alcun confronto concorrenziale, di un affidamento in favore dello stesso operatore, risulta espressione del principio generale che richiede, in tutti i settori in cui l’Amministrazione si pone alla ricerca di un contraente, lo svolgimento di un confronto competitivo.
Interpretazione delle clausole della lex specialis
Secondo il TAR quindi, nessuna incompatibilità ontologica sussiste, dunque, tra i principi generali applicabili alle concessioni di servizi e il divieto di prolungare l’affidamento oltre un certo lasso temporale: quest’ultima limitazione risponde anzi a una esigenza comune al settore dei contratti pubblici, direttamente legata alla tutela della concorrenza e della par condicio tra gli operatori del mercato.
Inoltre, secondo la ricorrente sarebbe stata sufficiente a legittimare la riassegnazione del servizio in capo a essa l’espressa previsione di tale “rinnovo” nella lex specialis, accompagnata dall’indicazione dell’importo complessivo del contratto, comprensivo anche del costo riguardante la fase relativa alla successiva procedura negoziata, garantendo così il pieno rispetto sia dei principi di trasparenza che di adeguata pubblicità.
Spiega il TAR che la lex specialis deve essere applicata nella sua interezza, non potendosene ammettere interpretazioni parzialmente abroganti, che si porrebbero in contrasto con le scelte effettuate dall’Amministrazione in sede di predisposizione della regolamentazione di gara, lasciando così all’interprete, o al soggetto di volta in volta interessato, l’individuazione della parte della disciplina da tenere in vita rispetto invece a quella da disapplicare, con violazione dei principi di par condicio e di stretta interpretazione delle clausole della lex specialis.
Peraltro, a fronte di una prescrizione che trova il proprio riferimento in una disposizione di rango legislativo, ossia l’art. 57, comma 5, lett. b, del D. Lgs. n. 163 del 2006, la SA non poteva procedere a interpretazioni adeguatrici o di buon senso, in quanto verrebbero violati i principi di certezza del diritto, di par condicio competitorum e di concorrenza, che presidiano inderogabilmente la materia degli appalti pubblici.
Questo perché deve essere garantito anche il rispetto del principio del favor partecipationis che connota le procedure concorsuali e impedisce limitazioni artificiose alla concorrenza, considerato che, laddove non ci si trovi al cospetto di clausole di portata chiara e inequivoca, si deve sempre procedere a una interpretazione che favorisca la massima partecipazione alle gare pubbliche a tutela del principio di concorrenza.
Clausole non univoche: come interpretarle?
Più nello specifico, non può essere disposto il “rinnovo” di un servizio in favore di un operatore in base a una disposizione di non univoca interpretazione, visto che, a fronte di più possibili interpretazioni di una clausola della lex specialis, di cui una avente quale effetto di precludere l’effettuazione di un confronto competitivo e l’altra invece di realizzarlo, non si può scegliere l'opzione che non contempla l'indizione di una procedura di gara.
Non è nemmeno rilevante il fatto che non ci si trovi più in fase di gara, ma in quella di esecuzione contrattuale. L’Amministrazione è tenuta all’osservanza delle prescrizioni cui si è autovincolata: anche nella fase di esecuzione del contratto, devono essere rispettate le regole stabilite in sede di lex specialis, le quali sono di generale applicazione e hanno effetti erga omnes.
Concessione di servizi: nessun motivo per cui i termini debbano essere piùù ampi
Infine, non è condivisibile l’ipotesi secondo cui, essendosi al cospetto di una concessione, i termini di durata dovrebbero essere molto più ampi di quelli di un ordinario affidamento, considerati i maggiori oneri connessi a questa tipologia di appalto, i cui rischi economici sono a carico del concessionario che, quindi, si trova nella necessità di rientrare dell’investimento secondo la stima del piano economico.
Anche sotto tale aspetto le pur legittime aspettative del contraente privato si scontrano con le prescrizioni contenute nella lex specialis, che non possono essere oggetto di deroga da parte della Stazione appaltante, pena la violazione dell’autolimite assunto: cosa che è avvenuta e che ha portato a respingere il ricorso, ritenendo legittimo l'annullamento della proroga della concessione.
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