Clausole limitative di partecipazione: il bando è illegittimo
di Redazione tecnica - 24/01/2022
Se il disciplinare di gara riporta delle clausole troppo limitative alla partecipazione dei concorrenti, esso va annullato perché redatto in violazione dei principi di equa partecipazione e libera concorrenza.
Clausole di esclusione illegittime: la sentenza del Consiglio di Stato
Sulle clausole di esclusione è intervenuto il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7597/2021, che ha dato ragione al ricorso presentato da un operatore economico contro un'amministrazione comunale.
In particolare, la Stazione Appaltante aveva indetto una procedura aperta per l’affidamento quinquiennale di un servizio, specificando i seguenti requisiti di ammissione alla gara:
- fra i requisiti di capacità tecnico professionale, quello di avere in organico, a pena di esclusione, almeno quindici unità assunte a tempo pieno indeterminato;
- nell’ambito dei requisiti stabiliti nel quadro dell’organizzazione e della gestione del servizio, l’obbligo di predisporre e mantenere, entro 15 giorni dall’inizio della concessione, un’apposita sede operativa distante non più di 50 chilometri (km) dalla sede municipale.
Da qui il ricorso, accolto in ogni sua parte dai giudici di Palazzo Spada.
Un ricorso sul bando e non su esclusione è sempre ricevibile
Preliminarmente, il Consiglio ha evidenziato che la sentenza di primo grado avrebbe erroneamentemente giudicato il ricorso irricevibile per carenza di interesse: esso infatti non riguardava l'esclusione, bensì il contenuto stesso del bando: secondo il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, quando il bando rechi una clausola impeditiva della partecipazione, lo stesso può essere impugnato senza che sia necessario gravare la successiva aggiudicazione, dato che l’annullamento del bando comporta l’automatica caducazione del provvedimento di aggiudicazione secondo lo schema della invalidità ad effetto caducante.
Le clausole di partecipazione devono essere motivate e proporzionate
L’appellante ha contestato la legittimità della previsione contenuta nel disciplinare di gara, a pena di esclusione, di avere in organico 15 dipendenti, assunti a tempo indeterminato, rilevandone l’assoluta sproporzione sia in ragione dell’entità dell’appalto, che non ne consentirebbe la remunerazione, che delle piccole dimensioni del comune appaltante, con conseguente non necessità di una organizzazione aziendale come quella richiesta.
Sul puinto, il Consiglio ha specificato che la stazione appaltante dispone di ampia discrezionalità nella redazione degli atti di gara ed è legittimata ad introdurre disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti, purché tale scelta non sia eccessivamente ed irragionevolmente limitativa della concorrenza, in quanto correttamente esercitata attraverso la previsione di requisiti pertinenti e congrui rispetto allo scopo perseguito, e risponda, quindi ai parametri della ragionevolezza e della proporzionalità rispetto alla tipologia e all’oggetto dello specifico appalto.
Più specificamente, le prescrizioni di gara devono essere frutto di una adeguata istruttoria, ragionevoli e proporzionali rispetto all’interesse perseguito dalla stazione appaltante, in modo da:
- contemperare l’interesse pubblico ad ottenere il miglior servizio con il massimo risparmio di spesa,
- assicurare, nel contempo, la partecipazione alla gara di una pluralità di concorrenti che consenta all’amministrazione di aggiudicare l’appalto a quella ritenuta più vantaggiosa dopo aver vagliato una molteplicità di offerte.
In questo caso la stazione appaltante, ha invece precluso la partecipazione alla gara alle imprese di minori dimensioni, mediante l’indicazione di requisiti sproporzionati e incongrui rispetto all’oggetto dell’appalto.
Tale previsione della lex specialis di gara si presenta come del tutto ingiustificata e discriminatoria e, dunque, illegittima, ponendosi, altresì, in contrasto con il principio del favor partecipationis alle procedure di evidenza pubblica. La clausola si pone anche in contrasto con i principi eurounitari di libera concorrenza, poiché pone in essere una discriminazione in danno delle piccole imprese aventi un numero di dipendenti inferiore a quindici, a vantaggio di quelle di maggiori dimensioni.
Richesta di una sede operativa sul territorio è discriminatoria della concorrenza
Inoltre anche la richiesta del possesso di una sede operativa collocata ad una distanza massima di 50 km dalla sede comunale, sarebbe irrazionale e lesiva del principio del favor partecipationis alle procedure di evidenza pubblica, limitando in maniera del tutto arbitraria ed illegittima anche la libertà di iniziativa privata, sotto il profilo dell’organizzazione aziendale, ai sensi dell’art. 41 della Costituzione, nonché la violazione del principio di tassatività della cause di esclusione.
Le previsioni ledono anche i principi eurounitari di libera concorrenza, e sono in contrasto con le disposizioni dei trattati che valorizzano le piccole e medie imprese, nei vari settori della politica dell’Unione, vietando l’imposizione di vincoli amministrativi, finanziari e giuridici che ne ostacolino la creazione e lo sviluppo.
Il ricorso è stato quindi accolto, riconoscendo la sproporzione e l'illegittimità delle clausole limitative di partecipazione.
La
In merito alla seconda clausola ossia la mancanza di una sede operativa entro il limite stabilito dal bando medesimo, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di rilevare il carattere anticoncorrenziale di tutte quelle clausole delle lex specialis di gara che richiedono alle imprese partecipanti, quali requisiti di partecipazione alla gara o criteri tecnici per il riconoscimento di un maggior punteggio, l’ubicazione della sede operativa entro una certa distanza rispetto al servizio da espletare, venendo in rilievo, comunque, in tali casi, la violazione dei principi europei di libera concorrenza – e cioè di effettiva contendibilità degli affidamenti da parte dei soggetti potenzialmente interessati - di non discriminazione e di parità di trattamento degli operatori economici, nonchè del favor partecipationis.
Anche la Corte Costituzionale, in più occasioni, ha chiarito che discriminare le imprese sulla base di un elemento di localizzazione territoriale contrasta con il principio di eguaglianza.
Nel caso in esame è evidente che, pur non essendo previsto il requisito a pena di esclusione, l’atttribuzione di un punteggio al solo concorrente che possiede già al momento la presenza sul territorio, significa di fatto discriminare sotto il profilo territoriale quegli operatori economici.
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